mercoledì 17 settembre 2014

Amarcord. 10-11/07/2010 Trekking al femminile: traversata dal Rif. Corvo al Dorigoni passando per Cima Collecchio (Val di Rabbi)

E' da due estati che a me, Elisa e Linda ronzava in testa l'idea di fare un week end al femminile in rifugio e finalmente, dopo mille peripezie e ricerca di date papabili, riusciamo a metterci d'accordo per il 10 e 11 luglio.
Meta prescelta: Cima Collecchio concatenando la traversata dal rifugio Corvo al rifugio Dorigoni.

Nella caldazza più immonda partiamo alla volta della val di Rabbi; facciamo una tappa caffè a Cles, dove il giorno prima scorrazzava una coppia di cammelli, e poi su fino alla frazione di Cavallar (1550 m) dove parcheggiamo l'auto.
Zaino in spalla c'incamminiamo lungo la forestale che risale la val Lago Corvo; poco più avanti cominciamo a tagliare per un sentiero che attraversa bei boschi di larice. Tra una chiacchiera e l'altra giungiamo a malga Caldesa Bassa (1835 m), la superiamo e arriviamo a quella Alta dove, in compagnia di numerose mucche, facciamo una pausa ristoratrice prima della rampa.
Oltrepassato l'alpeggio, anziché prendere la direttissima che segue i tralicci della teleferica del rifugio, prendiamo il sentiero più lungo, ma non meno faticoso, che vi sale a zig zag..
Cominciamo a inerpicarci.. ahimè il bosco è agli sgoccioli e in poco tempo nulla ci protegge dagli implacabili raggi solari.
Dopo un “falsopiano” – che di piano non ha alcunché – vediamo in lontananza il rifugio, ma decidiamo di mangiare qui, sui verdi pascoli delle Maddalene.
Sono ammagliata dalla bellezza delle cime che stanno sul versante opposto al nostro - cima Mezzana e Valletta - c'è qualcosa che mi attira verso questi monti.
Nel frattempo proprio su quei agoniati monti sta iniziando a piovere a dirotto e anche la situazione verso il Brenta sta peggiorando.
Ormai sazie ci dirigiamo verso il rifugio Corvo Stella Alpina (2425 m) e ci fiondiamo in camera a sistemarci.
Vorremmo andare a fare un giretto ai laghi, ma il tempo si sta guastando repentinamente.. tuoni, fulmini, cielo color pece, nubi mammatus, crollo termico e chi più ne ha più ne metta. Inizia a piovere.
Ci corichiamo sulle brande e schiacciamo un breve pisolino, ma l'umidità ci fa risvegliare ben presto e decidiamo di scendere al bar per bere un the caldo.
Scendiamo in sala e, evitando la compagnia di locals dai modi alquanto “principeschi”, ci gustiamo una tazza di the accompagnata da un'ottima fetta di strudel (“Strudele.. ciava pomi!” cit.).
Grandina. Sono quasi due ore che piove, alla faccia della scarsa possibilità di rovesci e temporali.
Ritorniamo in camera e aspettiamo l'ora di cena.
Alle 19:30 rieccoci in sala pronte per una mangiata pantagruelica, menù: orzetto con tanto di speck, patate e carote e il mitico piatto sudtirolese uovo-patate-speck.. eh si, dopo intensi sforzi fisici bisogni evitare cibi ricchi di grassi.. LOL..e burp (Adb!).
Finalmente smette di piovere ma, anche se le nubi in cielo non promettono niente di buono, ce ne freghiamo e intabarrate nelle giacche anti-vento ci dirigiamo verso i laghi Corvo.
Essi sono ubicati nel circo glaciale delimitato dal Sas Fiorà e dal Collecchio, sono numerosi laghetti e zone umide i cui emissari confluiscono nel rio Corvo.
Anche se il cielo è minaccioso e cupo il posto non perde il suo fascino, anzi.. superiamo qualche pozza e torbiera ed eccoci sopra il lago Corvo.. placide acque con sullo sfondo il settore centrale del Brenta... che spettacolo!
Il gorgoglio dell'acqua e il belato delle pecore sono gli unici suoni che sentiamo.
Ci disperdiamo un po' e facciamo nostre queste emozioni, poi ci ritroviamo e scendiamo verso altri specchi lacustri, l'orizzonte verso nord est è occupato da una grossa incudine illuminata dal sole.
Si sta facendo buio e siamo senza pile frontali, così evitando di sprofondare nelle torbiere – le Paludi Morte – ritorniamo al rifugio.
“Venite piccoli hobbit.. vi porterò per sentieri sicuri! Gli orchetti non l'adoperano, gli orchetti non la conoscono. Seguitemi!”
“Vabbè.. notte!”

Ore 5:30 suona la sveglia pro-alba e mi sveglio dopo una notte semi insonne a causa del troppo caldo e della mancanza d'aria. Mi sporgo dal letto castello e apro le imposte della finestra.. tac.. Brenta con il mare di nubi che striscia lungo la val di Sole e Rabbi.. ahimè non è rosa come m'aspettavo, ma è pur sempre un bel vedere. Qualche foto e poi ritorno a letto.
Alle 6:30 siamo già in piedi, il rifugio è in movimento, ci prepariamo lo zaino e scendiamo per colazionare.
Il sole inonda la conca dei laghi e inizia a picchiare duro, salutiamo i cortesi gestori del rifugio e c'incamminiamo verso Cima Collecchio.
Ripassiamo lungo le rive del lago Corvo e saliamo sempre più in alto, il sentiero alterna ripidi strappi e riposanti piani, ci sono laghetti, torrentelli e nevai ovunque. Quello che stiamo attraversando è un ambiente di rara bellezza.
Saliamo sempre più di quota e a circa 2900 metri incontriamo un consistente nevaio. Un lungo traverso ci porta su di una crestina nevosa e qui.. rimaniamo di sasso.. la vista s'apre sulla val Saent, sul Vioz, sul Palon della Mare, sul Cevedale, sullo Sternai e su altre cento cime.
In 5 minuti siamo sulla cima del Collecchio – Gleck (2957 m).
Ci scambiamo un abbraccio fraterno.. sono quasi commossa!
Dopo un piccolo snack cominciamo la traversata verso il rifugio Dorigoni dove ci aspetta Claudio – sant'uomo – che si è offerto di venirci incontro per poterci permettere di compiere la traversata completa.
Scendiamo per la cresta del Collecchio fino al Giogo Nero da dove, per un un'altra valle ricca di laghi, si può scendere in val d'Ultimo; noi però caliamo dal lato opposto.
Il sentiero dapprima scende ripidamente poi prosegue con sali e scendi, in più punti è franato quindi bisogna prestare un po' d'attenzione, ma la fatica è ripagata dalla magnifica vista.
Siamo solo noi tre, mentre sotto di noi una processione di gente sta salendo al Dorigoni.
Superiamo la base di cima Sternai e finalmente avvistiamo il rifugio. Un'ultima ripida discesa ed eccoci nella bucolica piana che lo precede.. torbiere con eriofori e cascate fragorose!
In lontananza un viso famigliare, ecco Claudio, siamo finalmente al rifugio Dorigoni (2436 m), buttiamo gli zaini a terra e pranziamo; dopo un po' di relax optiamo anche per un buon yogurt con frutti di bosco.
Ad un certo punto Claudio si alza e va a farsi un giro per ritornare quasi subito “Meglio muoversi”. Sopra il Collecchio il cielo è nero e i cumuli sono in rapido sviluppo.
Cominciamo a scendere velocemente, è un peccato non godere della bellezza della val Saent, ma il brontolio in cielo ci fa soprassedere su questi pensieri.
Prima d'intraprendere il sentiero delle cascate Basse del Saent facciamo una pausa rinfrescante ovvero ci facciamo la “doccia” nella fontana.
Non arriviamo nemmeno a riposare un po' che udiamo altri tuoni, sempre più vicini, ci rimettiamo nuovamente in marcia. Numerosi incoscienti genitori, nonostante il temporale imminente, stanno risalendo il sentiero delle cascate con prole a seguito.. pazzi!
Siamo ormai nel fondovalle, sulle cime dirimpettaie sta grandinando, io e Linda vediamo un fulmine scendere dal cielo e cadere in una delle vallette laterali alla nostra, ma ormai siamo in prossimità del Rifugio Fontanin e al parcheggio.
Saliamo in auto e ritorniamo a Cavallar dove il caso vuole farci incontrare con Mirco & co., nostri compagni di una ferrata primaverile, anche loro reduci dal Collecchio.. le coincidenze!
Ci cambiamo e ci mettiamo le ciabatte, siamo cotte soprattutto dalla corsa, ma siamo soddisfatte di questa intensa due giorni passata all'insegna dell'amicizia.

Non c'è deserto peggiore che una vita senza amici: l'amicizia moltiplica i beni e ripartisce i mali” Baltasar Graciàn






























Amarcord. 08/2007 Alta Via Granito: Cima d'Asta über alles!

“Il vero viaggio della scoperta non consiste nel cercar nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi”. M.Proust

E’ con questa frase che voglio iniziare il resoconto del fantastico trekking di 3 giorni, fatto con Flavio e Claudio: Alta Via Granito! Splendida traversata ad anello, nell’isola granitica (mi son innamorata di questa roccia!) del gruppo Cima d’Asta-Rava, nella catena dei miei stra-adorati Lagorai . Tre giorni di cammino su antichi sentieri di pastori, ex mulattiere di guerra, per pascoli, alpeggi, pietraie e torbiere, fino al coronamento dell’impresa: la salita alla regina dei Lagorai, la Cima d’Asta (2847 mt), all’alba, da dove lo sguardo si perde fino alla laguna di Venezia! Ma andiam con ordine.

Dopo il mio rientro dal Grande Piemonte, meeting dell’A-team, per decidere in quali tre giorni fare questo trekking, viste e studiate le previsioni si è deciso di partir giovedì.
Così, una volta stipate le cose nello zaino – pesantissimo – io e Claudio passiamo a Calceranica a prender Flavio e da qui via, direzione Tesino. A Pieve Tesino imbocchiamo la strada della val Malene e dopo dieci chilometri eccoci al grande e affollato parcheggio di malga Sorgazza (1450 mt), punto di partenza e arrivo dell’ “Alta Via Granito”.
Inizia così il primo giorno di cammino, immersi nelle nubi e con dei rovesci che incombono dal vicino Veneto. Poco sotto alla malga, a quota 1407 metri, prendiamo il sentiero 327 e poi il 328; salendo per questo ripido sentiero vediamo pure un bel porcino che a malincuore Claudio lascia al suo posto.
Immersi sempre più nelle nubi arriviamo al lago di Costa Brunella (2021 mt), con la sua obsoleta e poco rassicurante diga. Breve pausa e poi via verso Forcella Quarazza (2309 mt) dove troviamo due ragazzi dispersi. Valichiamo la forcella e ci troviamo in un ambiente abbastanza ostile: nebbia, acqua che cola dappertutto, sentiero franato, pioggerella, trincee, grotte, filo spinato, sembra (e lo si è), di esser in un campo di battaglia e i segni di questa guerra, la Grande Guerra, combattuta qui, fra questi valichi, sono tangibili.
Camminiamo cupamente sotto qualche goccia, io canto mentalmente “ho lasciato la mamma mia, l’ho lasciata per fare il soldà…ta-pum ta-pum”. Dopo un lento incedere, con l’orecchio teso per sentir eventuali frane o tuoni, arriviamo al Forzelon de Rava (2397 mt): da qui saliamo a Cimon Rava (2436 mt) e, per la seconda volta in un anno arrivo su questa bella cima e non vedo una mazza.
Ritornati alla forcella si decide di pranzare, ma pioviggina e Flavio, per fortuna, si ricorda dall’anno prima di aver visto una grotta nei paraggi del sentiero, la cerca e la trova; così pranziamo in questa grotta militare.. ta-pum.. fuori piove..sopra di noi si sente il rumore di un aereo, sembra un bombardiere.. ta-pum.. per un attimo mi giro e m’immagino Flavio con l’elmetto e Claudio con una baionetta, fuori il rombo delle slavine, i feriti, la nebbia, i morti, i colpi d’obice, vedo vicini di casa che fino al giorno prima scherzavano assieme spararsi contro.. ja wohl!! Che amarezza.
Dopo il suggestivo e nebbioso pranzo ci incamminiamo verso forcella Ravetta (2219 mt). Lungo la strada comincia a grandinare e così troviamo riparo in un altro antro; dopo una decina di minuti ripartiamo.. in marcia .. e arriviamo alla succitata Forcella.
Da qui per ripido sentiero di sfasciumi (segnavia 332), dove c’ho lasciato mezzo polso, arriviamo alla piana di Caldenave; evitando la bella torbiera, la palude e i copiosi “ricordini” dei cavalli, verso le 16 eccoci alla malga Caldenave (1792 mt), dove alloggeremo la notte.
Appena entrati al coperto fuori si scatena un acquazzone da paura, ma poi la sera ci regala una splendida serenata: di fronte alla malga i porfirici Lagorai di Fiemme e dietro le guglie granitiche del gruppo Rava. Si mangia in abbondanza, segue grappino, studio della cartina e partita a "Scopefrau", poi alle 22 tutti a nanna, il giorno dopo ci attende una lunga attraversata.

Il nuovo giorno inizia con una bella mia capocciata sul letto a castello seguita da un minuto di “ostreghe e madone”. Dopo una sostanziosa colazione eccoci in marcia sul sentiero 360, che passa per l’amena valle dell’Inferno, la giornata è stupenda e a quota 2010 metri ci fermiamo al baito Lastei (2010 mt) per fare uno spuntino. Proseguiamo poi su placconate di granito verso forcella delle Buse Todesche (2309 mt) dove la vista si apre sul suggestivo gruppo di Rava.
Da questa forcella, per mulattiera militare (sentiero 373), tagliamo i pendii della Tombola Nera (2413 mt), del Monte Fumo (2378 mt) e del Cengello (2439 mt) e poco dopo eccola là, bella come il sole, la Cima d’Asta, la regina del Lagorai, un imponente massiccio di granito.. ed è stato amore a prima vista!
Sotto il suo regale sguardo calchiamo le pendici di cima Lasteati (2354 mt) dove c’è il Ricovero Cengello e nei pressi del lago di Forcella Magna (2165mt) cosa possiam fare se non “magnà”?
Nel frattempo il cielo si è velato. Dopo esserci rimpinzati per benino a suon di “luganeghe” e grana scendiamo a Forcella Magna (2117 mt); qui decidiamo di prender il sentiero 326, il Sentiero Italia, e tagliare così a destra la Cresta di Socede. Sciagurata idea in quanto questo sentiero prima sale letteralmente in piedi fino a circa 2200 metri e poi precipita a 2000 metri, fatto dopo quasi 6 ore di marcia e con gli zaini stracarichi è stato un incubo.
Ritornati a quota 2000 ci aspetta l’ascesa al rifugio Ottone Brentari-Cima d’Asta (2476 mt), a quota 2131 prendiamo il sentiero 327-B e dopo un’oretta eccoci al rifugio, situato sotto l’imponente parete sud di cima d’Asta. Rifugio, dove passeremo la notte, affacciato sul gruppo Rava, Lagorai e in lontananza ecco il Brenta, con al sua regina Tosa, i ghiacciai dell’Adamello-Presanella, dell’Ortles-Cevedale.. e così via.
Dopo aver preso il posto letto ed esserci tolti, finalmente, gli scarponi, trascorriamo un’oretta in riva al lago di cima d’Asta, nelle cui acque si rispecchia la verticale Regina. E’ così rilassante sdraiarsi su questi massi dopo una giornata di intenso cammino, in questi momenti alieni la mente, non pensi a nulla, poi apri gli occhi, vedi la cima e sogni già di esser lassù.
Dopo il meritato relax giunge l’ora di cena, finiamo a tavola con un gruppo di simpatici “sattini-over-50”, si crea subito del feeling, si parla in dialetto; un signore, dopo aver saputo che l’indomani punteremo la sveglia alle 4.45 per poter salire la cima all’alba, minaccia di accoltellarmi e, non ho ben capito il perché, ma mi son sentita dare della rompic. .. strano, non me lo dicono mai ... !
Dopo un’abbondante cena, usciamo e vediamo il tramonto. Alle 21.30 tutti a letto con i compagni di camerata.

Ore 4.45 il cellulare comincia a vibrare. Io e Claudio occhi spalancati, siamo già vestiti per la salita, Flavio borbotta come al solito. Scendiamo dai letti a castello e prendiamo il pile, frontale, guanti e macchina fotografica – il tutto preparato la sera prima; sgusciamo dalla stanza. Tutto tace.
Indossiamo gli scarponi e usciamo dal rifugio alle 5, è buio, le nostre tre frontali illuminano il sentiero (il 364). Saliamo con passo leggero alla forcella “La Forzeleta” (2680 mt), qui la mia frontale illumina un cartello SAT con scritto “Attenzione sentiero alpinistico”, mi dico “ohibò!”, ma vedo verso est le cime incendiarsi poco a poco e il mio cuore è già rapito.
Perdiamo circa 50 metri di quota su un sentiero munito di cordini, poi ricominciamo a salire.. sono le 6.13 e decidiamo di fermarci poco sotto la cima per non perderci lo spettacolo.
Le cime s’incendiano, le Pale di S.Martino e le Dolomiti bellunesi arrossiscono, le nubi pure, in lontananza anche la laguna di Venezia s’incendia (da lassù in giornate terse si vede il mare!) e poco a poco lo si sente, perché sì, lo si sente eccome, il soffio della vita che riprende, l’attimo che precede la salita del sole, l’aria trema, ti senti pervaso da una strana sensazione, ti senti riscaldare l’anima, ti senti ricaricare, senti un brivido lungo la schiena e ti vien la pelle d’oca, ti senti viva.. ti senti piccola sì, ma ti senti anche parte del grande disegno, ti fondi con la roccia, con il cielo, con il mondo. Tutto questo dura qualche secondo, non di più, ma in quegli attimi capisci tante cose, capisci che non sei solo materia, capisci che sei anche e soprattutto anima e che c’è un energia che lega tutta la materia vivente. È difficile da spiegare e ringrazio Mario Rigoni Stern per avermi in qualche modo spinta, attraverso i suoi splendidi scritti, a cercar questo brivido.
Dopo un quarto d’ora di adorazione, riprendiamo il cammino ed eccoci alle 6.40 in vetta a Cima d’Asta (2847 mt), bacio la croce e mi guardo attorno. Dal bivacco Cabinato escono due persone e ci salutano, noi ricambiamo e salutiamo il nuovo giorno che illumina i monti che ci circondano a 360°, questi fanno a gara per mostrarsi più belli di quanto già sono: le Dolomiti di Fassa, quelle Bellunesi, le prealpi venete, i monti di Trento, i Lagorai, il Brenta-Adamello, l’Ortles-Cevedale e i monti confinali.. tutto è alla portata del nostro occhio.
Da questo giorno il mio già grande amore per il Lagorai ha subito una notevole impennata e questa cima, la Cima d’Asta, avrà per sempre un posto particolare nel mio cuore; lì vicino alla Punta Rossa della Grivola, due cime “conquistate” nel giro di due settimane che in qualche modo, lo so, cambieranno la mia concezione di vita.
Grazie a Roby, Flavio e Claudio che han condiviso con me queste forti e intense emozioni, grazie mille, vi voglio bene!

Alle 7, dopo un autoscatto storto in cima, c’incamminiamo velocemente verso il rifugio; entro le 8.30 dobbiamo liberare la stanza e far colazione. Così sarà.
Ci fermiamo fino alle 9.30 nei pressi del rifugio, poi, con la malinconia nel cuore, c’incamminiamo verso casa. Decidiamo di far una strada più lunga – e chi ha voglia di ritornar alla realtà di tutti i giorni? – così saliamo il sentiero 375 fino al passo Socede (2560 mt) dove la vista si apre sui Lagorai di Fiemme. Da qui scendiamo ripidamente con il sentiero 380bis fino a circa 2000 metri, poi risaliamo con il 380 verso Forcella Magna (2117mt), attraversata il dì prima.
Nei pressi del valico ci fermiamo a dormicchiare e a mangiare, e come al solito, facciamo anche da spazzini.. scatole di tonno, vasetti dello jogurth, cellofan, quattro bottiglie di fanta.. solite teste di c .
Dalla forcella scendiamo, sempre per sentiero 380, che diventa poi una comoda mulattiera; la giornata è stupenda e Cima d’Asta e le sue cime la fan da padrone.
A quota 1647 metri, nei pressi della teleferica per il rifugio, imbocchiamo la strada forestale (segnavia 327) e scendiamo lentamente; io presa da raptus affettivo mi metto a baciar larici e massi di granito tessendo le lodi della Regina, Claudio e Flavio son silenziosi e malinconici.
Arriviamo a malga Sorgazza (1450 mt). Entriamo nella malga e beviamo/mangiamo qualcosina.
Il viaggio è concluso, ma il pensiero che ce ne saranno altri ci consola, sulla strada della val Malene il mio sguardo – come sempre – si perde alle mie spalle, ripercorro mentalmente i luoghi e i sentieri calcati nei giorni precedenti, rivedo l’alba e risento il fremito, sento i brontolii di Flavio e le esaltazioni di Claudio, e un pezzo di cuore è rimasto lassù, sui 2847 metri della superba e meritevole d’infinite lodi: Cima d’Asta! 
A Scurelle poi ci troviamo con Bru per una birretta in compagnia.

Perg heil!