La giornata si preannuncia molto calda e tersa. Siamo io, Claudio, Max P. e il suo amico Marco.
Parcheggiamo l'auto al rifugio Alpenrose dove imbocchiamo la strada lastricata che sale a Froschera.
Percorso poco meno di un chilometro prendiamo il sentiero Vela-Prada e risaliamo per il bosco.
Ben presto sbuchiamo sul margine del vasto terrazzo di pascoli e giungiamo a Prada (1541 m). Alle nostre spalle, la val Lomasona giace sommersa in un mare di nubi.
Prendiamo il sentiero 345 verso nord-est e ci ritroviamo all'imbocco della Val Dorè, qui avvistiamo il primo di una lunga serie camosci.
La valle è ampia e verde, mentre sulle creste che precedono cima Ghez c'è la neve.
Fa molto caldo e la salita è ripida.
Raggiungiamo una vasta depressione e ci perdiamo ad ammirare branchi di camosci, prima ne avvistiamo 25 e poi più in alto altri e altri ancora.
Alla testata della valle troneggiano i Rossati e il Soràn; sui ripidi pendii che dobbiamo affrontare c'è della neve.
Poco prima di attaccare la rampa finale noto con la coda dell'occhio un movimento fulmineo, mi fermo e lo vedo: un ermellino corre su alcune laste, attraversa un rivolo e poi sparisce fra le rocce.
Risaliamo prestando molta attenzione a non scivolare di sotto, l'erba con la neve è infida.
Giungiamo alla selletta che separa i Rossati dal Soràn e la vista si apre sul lago di Molveno, la val Ceda e la Paganella.
Io e Claudio ci fermiamo qui, Max e Marco vanno a conquistare i Rossati e poi si riuniscono a noi.
Fa un caldo assurdo, sbinocoliamo da una parte e l'altra della valle e poi cominciamo a calare prestando molta attenzione a non scivolare.
Giungiamo alla buca dei camosci e ridiscendiamo la val Dorè; a circa 2000 metri Max e Marco prendono un sentiero alternativo che porta al Monte Prada, mentre io e Claudio scendiamo a Froschera e per strada all'Alpenrose, dove ci troviamo tutti assieme davanti a una meritata birrozza.
Valle selvaggia e solitaria che val sicuramente la pena di esplorare!
Per quelli che non possono fare a meno della montagna... per quelli che aspettano la neve... per quelli che seguono l'ombra dell'orso...
mercoledì 31 ottobre 2012
venerdì 26 ottobre 2012
06-07/10/2012 Due giorni di sassi & "caini veneti" in quel di Cima Cece (Lagorai)
Eccoci pronti per la seconda ignuz-bivaccata autunnale, siamo gli stessi dello scorso anno - io, Claudio, Linda, Xavi, Flavio, Elisa e Max – meta prescelta il rinnovato bivacco “Paolo e Nicola” in Lagorai.
"Bene".
Il venerdì sera, nel bel mezzo dei preparativi pro-zaino, per curiosità Claudio prova a cercare su internet se c'è qualcun altro che ha avuto la nostra stessa idea e tac... troviamo che una sezione CAI lomb.. ehm veneta ha in programma di fare un'escursione serale in Valmaggiore e di pernottare nel “nostro” bivacco.
Scatta il panico, mille telefonate, mille sotterfugi, "facci l'accento svedese".. alla fine decidiamo di partire presto per poter occupare per primi il bivacco, cosa che peraltro, dopo l'esperienza dello scorso anno, avevamo già in mente di fare.
L'indomani ci troviamo in quel di quasi Lavis e partiamo alla volta della val di Fiemme; a Predazzo ci fermiamo per un caffè e per la spesa e poi via su per la Valmaggiore.
Giungiamo così nella piana della Malga Valmaggiore (1608 m) che è invasa da cavalli e asini, parcheggiamo l'auto e controlliamo le targhe delle auto presenti: nessuna targa veneta, ma non si sa mai, magari hanno mandato qualcun altro in avanscoperta. Poco dopo riceviamo un incoraggiante sms dell'amico Bru che sta salendo a cima Cece e che ci avvisa che il bivacco è ancora libero.
Ci carichiamo i pesanti zaini sulle spalle e imbocchiamo il sentiero 335 che porta alla Forcella Valmaggiore. Per comoda mulattiera entriamo nel bosco e cominciamo a risalire la valle, attraversiamo un rio e giungiamo al limite della vegetazione.
Nei pressi del piccolo Laghetto di Valmaggiore facciamo una pausa prima della rampa finale. I larici e le praterie si stanno tingendo di arancione, l'autunno sta arrivando. Durante questa pausa qualche bontempone ripone un sasso nello zaino di Elisa.
Siamo pronti ad attaccare il vallone: la mulattiera si trasforma in sentiero, lo zaino si fa sempre più pesante...specie quello di qualcuno.
Il primo a giungere alla forcella (2180 m) è Claudio che ci comunica la bella notizia: bivacco libero! Arriviamo alla spicciolata, occupiamo le cuccette, ci cambiamo e ci rilassiamo al sole. Stiamo per pranzare ed ecco giungere dall'alto Bru; doveva essere dei nostri per il week end, ma causa impegni domenicali è potuto salire solo quest'oggi.
E' prestissimo, trascorriamo così il pomeriggio a girovagare qua e là.
La val Fossernica, della quale già mi ero innamorata lo scorso anno, si dispiega incantevolmente verso il rifugio Refavaie e sullo sfondo si staglia Cima d'Asta, ma il tempo sta girando, i monti cominciano a coprirsi di nubi e le nebbie risalgono dalla val di Fiemme.
Bru ci saluta e accendiamo il fuoco. Nel tardo pomeriggio un simpatico bergamasco giunge da cima Cece, lo accogliamo nel bivacco, gli offriamo del the caldo e scambiamo quattro (e più) chiacchiere.
Intanto dalle nebbie giungono quattro ragazzi carichi come muli, "Saranno i veneti?", entrano in bivacco: sono quattro alto atesini - Ralph, Karl, Christian e Alex - e anche loro passeranno la notte qui.
Nell'attesa che giunga l'ora di cena ci spostiamo verso la val Fossernica, le nubi hanno invaso anche questa e un grigio tramonto sta illuminando cima d'Asta.
Nell'aria s'ode il rugolio dei galli forcelli e i lontani campanacci di qualche vacca, Max sente anche un bramito.
E' ora di mangiare. Il clima è dei più festosi, i nuovi arrivati sono molto simpatici e organizzatissimi, così sul fuoco s'alternano gulasch, patate, pane, speck e brodaglia varia al glutammato, il tutto annaffiato con vino e birra.
Si parla e si scherza, alla fine si vengono a scoprire "amici" in comune, mezzi parenti e così via.. com'è piccolo il mondo!
In bivacco fa un caldo boia... 25° gradi... la stufa e la nuova struttura in legno danno i loro frutti.
Giunge l'ora di andare a letto, pian piano ci ritiriamo nelle cuccette.
Buonanotte! Gute nacht.
Io e Max ci svegliamo presto per poter ammirare l'alba... usciamo all'aperto dove veniamo accolti dalle nebbie e da qualche goccia d'acqua. Mmm... nonostante le premesse ci spostiamo verso la val Fossernica, stiamo impalati come due ebeti ad aspettare che sorga il sole, ma niente. Assistiamo all'alba più triste e grigia della storia dell'uomo. Persino il Latemar è grigio e cupo tra i suoi pinnacoli. Con le pive nel sacco ritorniamo a letto.
Ci alziamo poco dopo, facciamo colazione e riassettiamo il bivacco.
Tutti stanno all'erta... sia mai che dei sassi non finiscano casualmente nel proprio zaino.
Salutiamo i nostri nuovi amici che se ne vanno verso il Lago Moregna, noi invece c'immettiamo sul sentiero 349 che porta alla Cece, la cima più alta dei Lagorai (escludendo Cima d'Asta ovviamente).
Risaliamo un costone erboso ed entriamo nell'aspro e severo vallone di Cece. Il sentiero diviene mulattiera di guerra, qua e là sono ancora visibili resti di postazioni, trincee e baraccamenti. Da questa angolazione Cima Cece appare come un accumulo di pietre celato dalle nubi, mentre più ardite si ergono le guglie del Campanile e del Dente di Cece.
La mulattiera ridiventa sentiero e per pietraie e massi instabili guadagniamo la testata del vallone; dopo un camino terroso e friabile giungiamo infine su un pianoro a circa 2600 metri.
Max ha dei dolori quindi decide di fermarsi qui, gli lasciamo così gli zaini in custodia e partiamo alla volta di Cima Cece. Per tracciato militare ci avviciniamo alla meta e dopo un ultimo tratto di sfasciumi tocchiamo la vetta (2754 m). Linda e Xavi seguono invece la via di cresta, è uno spettacolo vederli arrivare con alle spalle la nebbia che si contende il crinale.
Il panorama è a 360°, dalle nubi emergono il Latemar, la Marmolada, le Pale, Cima d'Asta e via via verso il Brenta.
Facciamo qualche foto e poi ritorniamo da Max. Fortunatamente è uscito il sole quindi pranziamo riscaldati dal tepore dei suoi raggi.
Oziamo per un po' poi riprendiamo la marcia lungo il sentiero 349. Con un paio di sali e scendi, avvistando anche un bel camoscio, guadagniamo una forcella dalla quale fanno capolino il lago di Paneveggio e le severe cime del Lagorai che digradano verso il passo Rolle. Da questa scendiamo, prestando la massima attenzione, lungo un canalino terroso.
Attraversiamo lungamente in costa fino a giungere, sotto la cresta est di Cima Cece, alla forcella di Cece (2393 m). Lungo il sentiero la vista si apre sul vallone sottostante dove fa la sua apparizione il piccolo lago Caserina, mentre dall'altro lato della forcella s'apre l'alpe Miesnotta e la Valzanca.
Alla forcella prendiamo il sentiero 336 e c'imbattiamo ben presto in un nevaio sopravvissuto all'inverno. Giungiamo così al Laghetto di Caserina (2087 m).
Oltre il lago, ignorato il bivio per il sentiero Don Battistin, continuiamo a scendere lungo una bella valletta. Calando di quota riprende anche la vegetazione, siamo circondati da larici che si stanno tingendo di arancio e da cirmoli color verde cupo. Guadiamo il rio e arriviamo al piccolo, ma molto confortevole Baito di Caserina (2046 m).
Superatolo, la traccia si perde un po', ma la ritroviamo nel bosco, dove, circondati da miriadi di funghi, giungiamo al lago di Cece (1879 m) dove sorge un altro baito.
Ci fermiamo un po', poi prendiamo il sentiero che parte dietro la baita e intercettiamo una vecchia mulattiera; oltrepassiamo la radura del Campigol Grande e rientriamo nel bosco fino a giungere su una strada sterrata dove stanno facendo lavori di esbosco.
Seguiamo la comoda strada fino giungere nei pressi del ponte che porta alla Malga Valmaggiore, qui gli autisti vanno a recuperare l'auto, noi aspettiamo... e ci becchiamo pure un acquazzone.
Si conclude così, sotto l'acqua, la seconda edizione degli ignuz bivacchi autunnali.
“Le grandi cattedrali della terra con i loro portali di roccia, i mosaici di nubi, i cori dei torrenti, gli altari di neve, le volte di porpora scintillanti di stelle. Questo è il mio mondo, la montagna.
Un mare orizzontale, eterno, immutabile, in cui nulla sembra cambiare ma che riserva sempre sorprese” John Ruskin
"Bene".
Il venerdì sera, nel bel mezzo dei preparativi pro-zaino, per curiosità Claudio prova a cercare su internet se c'è qualcun altro che ha avuto la nostra stessa idea e tac... troviamo che una sezione CAI lomb.. ehm veneta ha in programma di fare un'escursione serale in Valmaggiore e di pernottare nel “nostro” bivacco.
Scatta il panico, mille telefonate, mille sotterfugi, "facci l'accento svedese".. alla fine decidiamo di partire presto per poter occupare per primi il bivacco, cosa che peraltro, dopo l'esperienza dello scorso anno, avevamo già in mente di fare.
L'indomani ci troviamo in quel di quasi Lavis e partiamo alla volta della val di Fiemme; a Predazzo ci fermiamo per un caffè e per la spesa e poi via su per la Valmaggiore.
Giungiamo così nella piana della Malga Valmaggiore (1608 m) che è invasa da cavalli e asini, parcheggiamo l'auto e controlliamo le targhe delle auto presenti: nessuna targa veneta, ma non si sa mai, magari hanno mandato qualcun altro in avanscoperta. Poco dopo riceviamo un incoraggiante sms dell'amico Bru che sta salendo a cima Cece e che ci avvisa che il bivacco è ancora libero.
Ci carichiamo i pesanti zaini sulle spalle e imbocchiamo il sentiero 335 che porta alla Forcella Valmaggiore. Per comoda mulattiera entriamo nel bosco e cominciamo a risalire la valle, attraversiamo un rio e giungiamo al limite della vegetazione.
Nei pressi del piccolo Laghetto di Valmaggiore facciamo una pausa prima della rampa finale. I larici e le praterie si stanno tingendo di arancione, l'autunno sta arrivando. Durante questa pausa qualche bontempone ripone un sasso nello zaino di Elisa.
Siamo pronti ad attaccare il vallone: la mulattiera si trasforma in sentiero, lo zaino si fa sempre più pesante...specie quello di qualcuno.
Il primo a giungere alla forcella (2180 m) è Claudio che ci comunica la bella notizia: bivacco libero! Arriviamo alla spicciolata, occupiamo le cuccette, ci cambiamo e ci rilassiamo al sole. Stiamo per pranzare ed ecco giungere dall'alto Bru; doveva essere dei nostri per il week end, ma causa impegni domenicali è potuto salire solo quest'oggi.
E' prestissimo, trascorriamo così il pomeriggio a girovagare qua e là.
La val Fossernica, della quale già mi ero innamorata lo scorso anno, si dispiega incantevolmente verso il rifugio Refavaie e sullo sfondo si staglia Cima d'Asta, ma il tempo sta girando, i monti cominciano a coprirsi di nubi e le nebbie risalgono dalla val di Fiemme.
Bru ci saluta e accendiamo il fuoco. Nel tardo pomeriggio un simpatico bergamasco giunge da cima Cece, lo accogliamo nel bivacco, gli offriamo del the caldo e scambiamo quattro (e più) chiacchiere.
Intanto dalle nebbie giungono quattro ragazzi carichi come muli, "Saranno i veneti?", entrano in bivacco: sono quattro alto atesini - Ralph, Karl, Christian e Alex - e anche loro passeranno la notte qui.
Nell'attesa che giunga l'ora di cena ci spostiamo verso la val Fossernica, le nubi hanno invaso anche questa e un grigio tramonto sta illuminando cima d'Asta.
Nell'aria s'ode il rugolio dei galli forcelli e i lontani campanacci di qualche vacca, Max sente anche un bramito.
E' ora di mangiare. Il clima è dei più festosi, i nuovi arrivati sono molto simpatici e organizzatissimi, così sul fuoco s'alternano gulasch, patate, pane, speck e brodaglia varia al glutammato, il tutto annaffiato con vino e birra.
Si parla e si scherza, alla fine si vengono a scoprire "amici" in comune, mezzi parenti e così via.. com'è piccolo il mondo!
In bivacco fa un caldo boia... 25° gradi... la stufa e la nuova struttura in legno danno i loro frutti.
Giunge l'ora di andare a letto, pian piano ci ritiriamo nelle cuccette.
Buonanotte! Gute nacht.
Io e Max ci svegliamo presto per poter ammirare l'alba... usciamo all'aperto dove veniamo accolti dalle nebbie e da qualche goccia d'acqua. Mmm... nonostante le premesse ci spostiamo verso la val Fossernica, stiamo impalati come due ebeti ad aspettare che sorga il sole, ma niente. Assistiamo all'alba più triste e grigia della storia dell'uomo. Persino il Latemar è grigio e cupo tra i suoi pinnacoli. Con le pive nel sacco ritorniamo a letto.
Ci alziamo poco dopo, facciamo colazione e riassettiamo il bivacco.
Tutti stanno all'erta... sia mai che dei sassi non finiscano casualmente nel proprio zaino.
Salutiamo i nostri nuovi amici che se ne vanno verso il Lago Moregna, noi invece c'immettiamo sul sentiero 349 che porta alla Cece, la cima più alta dei Lagorai (escludendo Cima d'Asta ovviamente).
Risaliamo un costone erboso ed entriamo nell'aspro e severo vallone di Cece. Il sentiero diviene mulattiera di guerra, qua e là sono ancora visibili resti di postazioni, trincee e baraccamenti. Da questa angolazione Cima Cece appare come un accumulo di pietre celato dalle nubi, mentre più ardite si ergono le guglie del Campanile e del Dente di Cece.
La mulattiera ridiventa sentiero e per pietraie e massi instabili guadagniamo la testata del vallone; dopo un camino terroso e friabile giungiamo infine su un pianoro a circa 2600 metri.
Max ha dei dolori quindi decide di fermarsi qui, gli lasciamo così gli zaini in custodia e partiamo alla volta di Cima Cece. Per tracciato militare ci avviciniamo alla meta e dopo un ultimo tratto di sfasciumi tocchiamo la vetta (2754 m). Linda e Xavi seguono invece la via di cresta, è uno spettacolo vederli arrivare con alle spalle la nebbia che si contende il crinale.
Il panorama è a 360°, dalle nubi emergono il Latemar, la Marmolada, le Pale, Cima d'Asta e via via verso il Brenta.
Facciamo qualche foto e poi ritorniamo da Max. Fortunatamente è uscito il sole quindi pranziamo riscaldati dal tepore dei suoi raggi.
Oziamo per un po' poi riprendiamo la marcia lungo il sentiero 349. Con un paio di sali e scendi, avvistando anche un bel camoscio, guadagniamo una forcella dalla quale fanno capolino il lago di Paneveggio e le severe cime del Lagorai che digradano verso il passo Rolle. Da questa scendiamo, prestando la massima attenzione, lungo un canalino terroso.
Attraversiamo lungamente in costa fino a giungere, sotto la cresta est di Cima Cece, alla forcella di Cece (2393 m). Lungo il sentiero la vista si apre sul vallone sottostante dove fa la sua apparizione il piccolo lago Caserina, mentre dall'altro lato della forcella s'apre l'alpe Miesnotta e la Valzanca.
Alla forcella prendiamo il sentiero 336 e c'imbattiamo ben presto in un nevaio sopravvissuto all'inverno. Giungiamo così al Laghetto di Caserina (2087 m).
Oltre il lago, ignorato il bivio per il sentiero Don Battistin, continuiamo a scendere lungo una bella valletta. Calando di quota riprende anche la vegetazione, siamo circondati da larici che si stanno tingendo di arancio e da cirmoli color verde cupo. Guadiamo il rio e arriviamo al piccolo, ma molto confortevole Baito di Caserina (2046 m).
Superatolo, la traccia si perde un po', ma la ritroviamo nel bosco, dove, circondati da miriadi di funghi, giungiamo al lago di Cece (1879 m) dove sorge un altro baito.
Ci fermiamo un po', poi prendiamo il sentiero che parte dietro la baita e intercettiamo una vecchia mulattiera; oltrepassiamo la radura del Campigol Grande e rientriamo nel bosco fino a giungere su una strada sterrata dove stanno facendo lavori di esbosco.
Seguiamo la comoda strada fino giungere nei pressi del ponte che porta alla Malga Valmaggiore, qui gli autisti vanno a recuperare l'auto, noi aspettiamo... e ci becchiamo pure un acquazzone.
Si conclude così, sotto l'acqua, la seconda edizione degli ignuz bivacchi autunnali.
“Le grandi cattedrali della terra con i loro portali di roccia, i mosaici di nubi, i cori dei torrenti, gli altari di neve, le volte di porpora scintillanti di stelle. Questo è il mio mondo, la montagna.
Un mare orizzontale, eterno, immutabile, in cui nulla sembra cambiare ma che riserva sempre sorprese” John Ruskin
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