“Il vero viaggio della scoperta non consiste nel cercar nuovi paesaggi, ma nell’avere nuovi occhi”. M.Proust
E’ con questa frase che voglio iniziare il resoconto del
fantastico trekking di 3 giorni, fatto con Flavio e Claudio: Alta Via
Granito! Splendida traversata ad anello, nell’isola granitica (mi son innamorata di questa roccia!) del gruppo Cima d’Asta-Rava, nella catena dei miei stra-adorati Lagorai . Tre giorni di cammino su antichi sentieri di pastori, ex mulattiere
di guerra, per pascoli, alpeggi, pietraie e torbiere, fino al
coronamento dell’impresa: la salita alla regina dei Lagorai, la Cima
d’Asta (2847 mt), all’alba, da dove lo sguardo si perde fino alla laguna
di Venezia! Ma andiam con ordine.
Dopo il mio rientro dal Grande Piemonte, meeting dell’A-team, per decidere in quali tre giorni fare questo
trekking, viste e studiate le previsioni si è deciso di partir giovedì.
Così, una volta stipate le cose nello zaino – pesantissimo
– io e Claudio passiamo a Calceranica a prender Flavio e da qui via,
direzione Tesino. A Pieve Tesino imbocchiamo la strada della val Malene e
dopo dieci chilometri eccoci al grande e affollato parcheggio di malga
Sorgazza (1450 mt), punto di partenza e arrivo dell’ “Alta Via Granito”.
Inizia così il primo giorno di cammino, immersi nelle nubi e con
dei rovesci che incombono dal vicino Veneto. Poco sotto alla malga, a
quota 1407 metri, prendiamo il sentiero 327 e poi il 328; salendo per
questo ripido sentiero vediamo pure un bel porcino che a malincuore
Claudio lascia al suo posto.
Immersi sempre più nelle nubi arriviamo al lago di Costa Brunella
(2021 mt), con la sua obsoleta e poco rassicurante diga. Breve pausa e
poi via verso Forcella Quarazza (2309 mt) dove troviamo due ragazzi
dispersi. Valichiamo la forcella e ci troviamo in un ambiente abbastanza
ostile: nebbia, acqua che cola dappertutto, sentiero franato, pioggerella,
trincee, grotte, filo spinato, sembra (e lo si è), di esser in un campo
di battaglia e i segni di questa guerra, la Grande Guerra, combattuta
qui, fra questi valichi, sono tangibili.
Camminiamo cupamente sotto qualche goccia, io canto mentalmente “ho lasciato la mamma mia, l’ho lasciata per fare il soldà…ta-pum ta-pum”. Dopo un lento incedere, con l’orecchio teso per sentir eventuali
frane o tuoni, arriviamo al Forzelon de Rava (2397 mt): da qui saliamo a
Cimon Rava (2436 mt) e, per la seconda volta in un anno arrivo su
questa bella cima e non vedo una mazza.
Ritornati alla forcella si decide di pranzare, ma pioviggina e
Flavio, per fortuna, si ricorda dall’anno prima di aver visto una grotta
nei paraggi del sentiero, la cerca e la trova; così pranziamo in questa
grotta militare.. ta-pum.. fuori piove..sopra di noi si sente il
rumore di un aereo, sembra un bombardiere.. ta-pum.. per un attimo mi
giro e m’immagino Flavio con l’elmetto e Claudio con una baionetta,
fuori il rombo delle slavine, i feriti, la nebbia, i morti, i colpi
d’obice, vedo vicini di casa che fino al giorno prima scherzavano
assieme spararsi contro.. ja wohl!! Che amarezza.
Dopo il suggestivo e nebbioso pranzo ci incamminiamo verso
forcella Ravetta (2219 mt). Lungo la strada comincia a grandinare e così
troviamo riparo in un altro antro; dopo una decina di minuti
ripartiamo.. in marcia .. e arriviamo alla succitata Forcella.
Da qui per ripido sentiero di sfasciumi (segnavia 332), dove c’ho
lasciato mezzo polso, arriviamo alla piana di Caldenave; evitando la
bella torbiera, la palude e i copiosi “ricordini” dei cavalli, verso le
16 eccoci alla malga Caldenave (1792 mt), dove alloggeremo la notte.
Appena entrati al coperto fuori si scatena un acquazzone da paura,
ma poi la sera ci regala una splendida serenata: di fronte alla malga i
porfirici Lagorai di Fiemme e dietro le guglie granitiche del gruppo
Rava. Si mangia in abbondanza, segue grappino, studio della cartina e partita a "Scopefrau", poi alle 22 tutti a nanna, il giorno dopo ci attende una lunga attraversata.
Il nuovo giorno inizia con una bella mia capocciata sul letto a castello seguita da un minuto di “ostreghe e madone”. Dopo una sostanziosa colazione eccoci in marcia sul sentiero 360, che
passa per l’amena valle dell’Inferno, la giornata è stupenda e a quota
2010 metri ci fermiamo al baito Lastei (2010 mt) per fare uno spuntino.
Proseguiamo poi su placconate di granito verso forcella delle Buse
Todesche (2309 mt) dove la vista si apre sul suggestivo gruppo di Rava.
Da questa forcella, per mulattiera militare (sentiero 373),
tagliamo i pendii della Tombola Nera (2413 mt), del Monte Fumo (2378 mt)
e del Cengello (2439 mt) e poco dopo eccola là, bella come il sole, la
Cima d’Asta, la regina del Lagorai, un imponente massiccio di granito..
ed è stato amore a prima vista!
Sotto il suo regale sguardo calchiamo le pendici di cima Lasteati
(2354 mt) dove c’è il Ricovero Cengello e nei pressi del lago di
Forcella Magna (2165mt) cosa possiam fare se non “magnà”?
Nel frattempo il cielo si è velato. Dopo esserci rimpinzati per
benino a suon di “luganeghe” e grana scendiamo a Forcella Magna (2117
mt); qui decidiamo di prender il sentiero 326, il Sentiero Italia, e
tagliare così a destra la Cresta di Socede. Sciagurata idea in quanto
questo sentiero prima sale letteralmente in piedi fino a circa 2200
metri e poi precipita a 2000 metri, fatto dopo quasi 6 ore di marcia e
con gli zaini stracarichi è stato un incubo.
Ritornati a quota 2000 ci aspetta l’ascesa al rifugio Ottone
Brentari-Cima d’Asta (2476 mt), a quota 2131 prendiamo il sentiero 327-B
e dopo un’oretta eccoci al rifugio, situato sotto l’imponente parete
sud di cima d’Asta. Rifugio, dove passeremo la notte, affacciato sul
gruppo Rava, Lagorai e in lontananza ecco il Brenta, con al sua regina
Tosa, i ghiacciai dell’Adamello-Presanella, dell’Ortles-Cevedale.. e
così via.
Dopo aver preso il posto letto ed esserci tolti, finalmente, gli
scarponi, trascorriamo un’oretta in riva al lago di cima d’Asta, nelle
cui acque si rispecchia la verticale Regina. E’ così rilassante
sdraiarsi su questi massi dopo una giornata di intenso cammino, in
questi momenti alieni la mente, non pensi a nulla, poi apri gli occhi,
vedi la cima e sogni già di esser lassù.
Dopo il meritato relax giunge l’ora di cena, finiamo a tavola con
un gruppo di simpatici “sattini-over-50”, si crea subito del feeling, si
parla in dialetto; un signore, dopo aver saputo che l’indomani
punteremo la sveglia alle 4.45 per poter salire la cima all’alba,
minaccia di accoltellarmi e, non ho ben capito il perché, ma mi son
sentita dare della rompic. .. strano, non me lo dicono mai ... !
Dopo un’abbondante cena, usciamo e vediamo il tramonto. Alle 21.30 tutti a letto con i compagni di camerata.
Ore 4.45 il cellulare comincia a vibrare. Io e Claudio occhi
spalancati, siamo già vestiti per la salita, Flavio borbotta come al
solito. Scendiamo dai letti a castello e prendiamo il pile, frontale,
guanti e macchina fotografica – il tutto preparato la sera prima;
sgusciamo dalla stanza. Tutto tace.
Indossiamo gli scarponi e usciamo dal rifugio alle 5, è buio, le
nostre tre frontali illuminano il sentiero (il 364). Saliamo con passo
leggero alla forcella “La Forzeleta” (2680 mt), qui la mia frontale
illumina un cartello SAT con scritto “Attenzione sentiero alpinistico”,
mi dico “ohibò!”, ma vedo verso est le cime incendiarsi poco a poco e il
mio cuore è già rapito.
Perdiamo circa 50 metri di quota su un sentiero munito di cordini,
poi ricominciamo a salire.. sono le 6.13 e decidiamo di fermarci poco
sotto la cima per non perderci lo spettacolo.
Le cime s’incendiano, le Pale di S.Martino e le Dolomiti bellunesi
arrossiscono, le nubi pure, in lontananza anche la laguna di Venezia
s’incendia (da lassù in giornate terse si vede il mare!) e poco a poco
lo si sente, perché sì, lo si sente eccome, il soffio della vita che
riprende, l’attimo che precede la salita del sole, l’aria trema, ti
senti pervaso da una strana sensazione, ti senti riscaldare l’anima, ti
senti ricaricare, senti un brivido lungo la schiena e ti vien la pelle
d’oca, ti senti viva.. ti senti piccola sì, ma ti senti anche parte del
grande disegno, ti fondi con la roccia, con il cielo, con il mondo. Tutto questo dura qualche secondo, non di più, ma in quegli attimi
capisci tante cose, capisci che non sei solo materia, capisci che sei
anche e soprattutto anima e che c’è un energia che lega tutta la materia
vivente. È difficile da spiegare e ringrazio Mario Rigoni Stern per
avermi in qualche modo spinta, attraverso i suoi splendidi scritti, a
cercar questo brivido.
Dopo un quarto d’ora di adorazione, riprendiamo il cammino ed
eccoci alle 6.40 in vetta a Cima d’Asta (2847 mt), bacio la croce e mi
guardo attorno. Dal bivacco Cabinato escono due persone e ci salutano,
noi ricambiamo e salutiamo il nuovo giorno che illumina i monti che ci
circondano a 360°, questi fanno a gara per mostrarsi più belli di quanto
già sono: le Dolomiti di Fassa, quelle Bellunesi, le prealpi venete, i
monti di Trento, i Lagorai, il Brenta-Adamello, l’Ortles-Cevedale e i
monti confinali.. tutto è alla portata del nostro occhio.
Da questo giorno il mio già grande amore per il Lagorai ha subito
una notevole impennata e questa cima, la Cima d’Asta, avrà per sempre un
posto particolare nel mio cuore; lì vicino alla Punta Rossa della
Grivola, due cime “conquistate” nel giro di due settimane che in qualche
modo, lo so, cambieranno la mia concezione di vita.
Grazie a Roby, Flavio e Claudio che han condiviso con me queste forti e intense emozioni, grazie mille, vi voglio bene!
Alle 7, dopo un autoscatto storto in cima, c’incamminiamo
velocemente verso il rifugio; entro le 8.30 dobbiamo liberare la stanza e
far colazione. Così sarà.
Ci fermiamo fino alle 9.30 nei pressi del rifugio, poi, con la
malinconia nel cuore, c’incamminiamo verso casa. Decidiamo di far una
strada più lunga – e chi ha voglia di ritornar alla realtà di tutti i
giorni? – così saliamo il sentiero 375 fino al passo Socede (2560 mt)
dove la vista si apre sui Lagorai di Fiemme. Da qui scendiamo
ripidamente con il sentiero 380bis fino a circa 2000 metri, poi
risaliamo con il 380 verso Forcella Magna (2117mt), attraversata il dì
prima.
Nei pressi del valico ci fermiamo a dormicchiare e a mangiare, e
come al solito, facciamo anche da spazzini.. scatole di tonno, vasetti
dello jogurth, cellofan, quattro bottiglie di fanta.. solite teste di c .
Dalla forcella scendiamo, sempre per sentiero 380, che diventa poi
una comoda mulattiera; la giornata è stupenda e Cima d’Asta e le sue
cime la fan da padrone.
A quota 1647 metri, nei pressi della teleferica per il rifugio,
imbocchiamo la strada forestale (segnavia 327) e scendiamo lentamente;
io presa da raptus affettivo mi metto a baciar larici e massi di granito
tessendo le lodi della Regina, Claudio e Flavio son silenziosi e malinconici.
Arriviamo a malga Sorgazza (1450 mt). Entriamo nella malga e beviamo/mangiamo qualcosina.
Il viaggio è concluso, ma il pensiero che ce ne saranno altri ci
consola, sulla strada della val Malene il mio sguardo – come sempre – si
perde alle mie spalle, ripercorro mentalmente i luoghi e i sentieri
calcati nei giorni precedenti, rivedo l’alba e risento il fremito, sento
i brontolii di Flavio e le esaltazioni di Claudio, e un pezzo di cuore è
rimasto lassù, sui 2847 metri della superba e meritevole d’infinite
lodi: Cima d’Asta!
A Scurelle poi ci troviamo con Bru per una birretta in compagnia.
Perg heil!
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