mercoledì 28 settembre 2011

17/09/2011 Nelle nebbie a Malga Ben (Brenta)

Eccoci ritornati - io Cla e Max - a calcare i sentieri del Brenta, questa volta siamo in val d'Ambiez.
Parcheggiamo l'auto nei pressi dell’Albergo Dolomiti (850 m circa) e poi c'incamminiamo verso l'acquedotto per prendere "l'inesistente" sentiero che sale verso i masi Dengolo.
Arranchiamo su del ghiaino e poi, grazie a una scaletta d'acciaio, superiamo uno sbalzo. La temperatura è opprimente, caldo e umidità la fanno da padroni.
Il sentiero lambisce una teleferica e finalmente giungiamo ai masi Dengolo (1271 m) dove facciamo una pausa ristoratrice. Le alte cime sono coperte da nubi e nebbie.
Riprendiamo il cammino lungo il sentiero 342 che prosegue inizialmente in leggera salita e poi zizzagando sale ripidamente sotto le pareti de La Crona. Poco dopo aver attraversato una cengia, un grosso tetraonide, probabilmente una femmina di gallo cedrone vista la stazza, s'alza in volo dai mughi.
Pochi passi ci separano dalla restaurata Malga Senaso di Sotto (1578 m), la oltrepassiamo e prendiamo la stradina che sale al rifugio Cacciatore dove pranziamo e dove incontriamo le prime persone da quando siamo partiti.
Finito di pranzare risaliamo fino a Malga Prato di sopra (1885 m) e al bivio 351 prendiamo il sentiero per Malga Ben. Questo percorre un'ampia cengia e prosegue a mezza costa. Gli arditi torrioni di dolomia giocano a nascondino con le nebbie. Proseguendo ci ritroviamo nell'altopiano che si trova allo sbocco della val Dalun.
Una femmina di gallo forcello che si alza in volo dai mughi ci fa prendere un infarto.
Proseguiamo ammaliati dalla bellezza selvaggia di ciò che ci circonda, sotto di noi s'apre il profondo solco vallivo che ha scavato il torrente Ambiez; superiamo il bivio che porta nel fondovalle e doppiamo il costone che scende da cima Ghez.
Attraversiamo una passerella in legno ed eccoci all'idilliaca Malga Ben (1735 m)
Che pace! Scandaglio i pascoli con il binocolo, ma non c'è anima viva. Caccia e caldo hanno probabilmente spinto gli animali in alta quota.
Ripreso il cammino, ritorniamo al bivio e scendiamo verso il Pont de Paride (1557 m). Lungo il sentiero 351b troviamo una vecchia fatta d'orso. Giungiamo infine nell'angusto fondovalle dove ci attende la lunga discesa sulla strada semi-cementata della Val d'Ambiez.
Con i piedi che gridano pietà giungiamo infine all'auto!


Le nebbie lambiscono il rifugio Cacciatore
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I ghiaioni della val Dalun
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Il ponte prima di malga Ben
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Malga Ben
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Segnaletica SAT
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martedì 27 settembre 2011

11/09/2011 Alla conquista del tetto dei monti di Fundres: Wilde Kreuzspitze (Monte di Fundres)

E finalmente anche questo sassolino è stato tolto dalla scarpa.

Con Claudio e Flavio partiamo alla volta di Rio di Pusteria, abbandoniamo la strada provinciale e rimontiamo verso la verde valle di Valles. Superato il paese c'inerpichiamo lungo la stretta strada che supera il Salto del Bove ed eccoci infine al parcheggio (1715 m). Obbiettivo: conquistare il Picco della Croce/Wilde Kreuzspitze, la più alta cima dei monti di Fundres/Pfunderer Berge, vetta che abbiamo tentato di salire nell'agosto del 2009.
Lasciamo l'auto nell'affollato parcheggio e in poco tempo raggiungiamo la Malga Fana/Fanealm (1741 m), da questa proseguiamo lungo la strada che rimonta la stretta e angusta gola scavata dal rio Valserbach. In uno dei canaloni che scendono dalla Rotwand ci sono ancora i resti di una vecchia slavina, ma la situazione è ben diversa dall'ultima volta che siamo stati qui, allora c'erano molti più nevai, ora ne rimane soltanto uno.
Procediamo e, ignorando il bivio per la malga Labes, puntiamo alla testata della valle.
Mentre una grossa marmotta c'osserva da un masso, dai prati dinnanzi a noi fa capolino il rifugio Bressanone/Brixen Hütte (2282 m). Lo oltrepassiamo e poi c'inoltriamo verso la testata della val di Valles. Non c'è nessun'altro.
I pascoli si stanno tingendo dei caldi colori autunnali. Guadiamo un ruscello e poi voltiamo a sinistra dove, per balze erbose, raggiungiamo il margine di un pianoro solcato dalle acque di fusione dell'ormai defunta vedretta che occupa la testata della val della Nebbia/Rauhtal; di fronte a noi si staglia la nostra meta, la Wilde Kreuzspitze, sui lati della radura invece si alzano come denti cime sconosciute e dalle più variegate colorazioni.
Ci fermiamo un po' ad assaporare la pace del luogo, poi attacchiamo la rampa che porta al passo. Avanziamo su sfasciumi instabili, man mano che ci alziamo il panorama s'apre sui ghiacciai del Gran Pilastro/Hochfeiler. Gli ultimi 50 metri dovrebbero essere occupati da un grosso nevaio, c'è perfino il cartello "Attenzione crepacci", ma quello che ci si para dinnanzi è un paesaggio pietoso.. fanghiglia e solo un grosso accumulo di neve coperto da detriti.
Superiamo l'ostacolo e in breve siamo sella del Rauhtaljoch (2808 m) che divide il Picco della Croce e la Cima d'Asta/Blicken spitze.
Il cielo si è coperto di nubi e il Gran Pilastro è scomparso alla vista, si è alzato anche il vento e la temperatura è crollata.
Claudio non sta benissimo e decide di aspettarci al passo, io e Flavio partiamo per la cima, il cartello indica 1 ora, ma in mezz'ora stiamo già abbracciando la croce.
Tempo di scattare qualche foto verso la val di Vizze/Pfitsch e poi ritorniamo al passo e, recuperato Claudio, scendiamo in riva al bellissimo lago Selvaggio/Wildersee (2532 m) per pranzare.
I colori che ci circondano sono meravigliosi: dominano il verde-blu del lago, l'arancio dei pascoli che annuncia l'imminente l'autunno e il blu intenso del cielo.
Finito di pranzare proseguiamo per sentiero 20. Superiamo con facilità l’unico tratto esposto sul valloncello scavato dal Seebach (ci sarebbe anche una fune ma non è affidabile) e per facile sentiero giungiamo nell'ampio alpeggio che occupa la testata della valle, siamo circondati da dolci declivi.

Respiro a pieni polmoni e mi salgono alla mente alcune citazione dalle mie ultime letture, tra cui questa che si sposa con le emozioni che sto vivendo in questo momento.
"Il piccolo e anticonformista Gabbiano Jonathan riesce ad intravedere una nuova via da poter seguire, una via che allontana dalla banalità e dal vuoto del suo precedente stile di vita, e comprende che oltre che del cibo un gabbiano vive della luce e del calore del sole, vive del soffio del vento, delle onde spumeggianti del mare e della freschezza dell'aria." (da "Il gabbiano Jonathan Livingston" di R.Bach)

Lentamente scendiamo fino alla Capanna Pian di Làbes/Labesebenhütte (2145 m) e da qui in breve all'auto.


Val di Valles
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Rifugio Bressanone
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Dettaglio
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Val di Fumo
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Ecco che sbuca il Gran Pilastro
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Veduta dalla cima verso di Vizze
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Veduta dalla cima verso il Lago Selvaggio
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Claudio e il lago Selvaggio
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I due ignuz
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Ampie vallate
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Lago Selvaggio
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Io e Flavio sul Lago Selvaggio
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La val della Nebbia
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sabato 17 settembre 2011

03/09/2011 Nella patria di Ötzi: Rifugio Similaun (Ötztaler Alpen/Alpi Venoste)

Visto il tempo stabile e le temperature insolitamente alte di questo inizio settembre, quest'oggi decidiamo di andare in quota. Meta prescelta il rifugio Similaun in val Senales, in pieno Parco Naturale del Gruppo di Tessa.
Questo è il più grande dei sette parchi naturali altoatesini ed è caratterizzato da un'elevata varietà di paesaggi e habitat che vanno dal fondovalle ai ghiacciai ad oltre 3000 m di quota. Vi vivono molte specie animali, tra cui lo stambecco che è stato reintrodotto in Val di Fosse.

Parcheggiamo l'auto sulle rive del lago artificiale di Vernago/Vernagt Stausee (1711 m) e risaliamo a piedi la strada che porta al maso di Tisa/Tiesenhof (1814 m).
Sui verdi prati che ci circondano numerose rondini scendono in picchiata a caccia d'insetti.
Evitata una doccia fuori programma cominciamo a inerpicarci lungo il sentiero 2 - il sentiero archeologico contraddistinto dal simbolo "del manarot de Ötzi" - che risale la valle di Tisa.
Dapprima attraversiamo un verde lariceto dove scorazzano in libertà delle simpatiche e confidenti mucche, poi usciamo in campo aperto.
Fa molto caldo, ma il cielo è terso e proseguiamo imperterriti la nostra marcia al cospetto dei tremila.
La croce della Punta di Finale/Finailspitze brilla al sole e, alla sua sinistra, fa capolino un piccolo lembo della vedretta di Finale/Finail ferner.
A circa 2700 metri facciamo uno spuntino prima d'affrontare il tratto più ripido e scabroso del percorso. C'incamminiamo e in poco tempo superiamo i 300 metri che ci separano dal Giogo Basso/Niederjoch dove sorge il rifugio Similaun (3019 m).
L'attenzione è immediatamente catturata dal rifulgere del ghiacciaio che scende dalla superba cima Similaun. Siamo a pochi passi dal confine austriaco, dinnanzi a noi si apre la val di Vent.
Poco lontano da qui, al Giogo Alto, nel 1991 è stato ritrovato l'Uomo venuto dal ghiaccio, meglio conosciuto come Ötzi.
Finito di pranzare ci mettiamo a contemplare i ghiacci e a scrutare gli alpinisti che, forse in un'ora non proprio consona, si preparano ad affrontare la "scalata".
Mi piace fantasticare su come poteva essere il paesaggio e la vita ai tempi di Ötzi ovvero nel 3300 - 3200 a.C. quando l'uomo dipendeva, rispettava e temeva la Natura. Anche ai nostri giorni dovrebbe essere così e invece si pensa solo a sfruttarla e cementificarla in nome del progresso. Ah.. la "civiltà"!
Respiriamo a pieni polmoni e poi ritorniamo sulla via dell'andata.
Prima di giungere all'auto ci svacchiamo un po' sulle rive del rio Tisa dove alcune pecore belano a più non posso e una grassa marmotta fa incetta di scorte per la stagione che verrà.
Ripreso il cammino incrociamo più volte dei simpatici biker teutonici e in breve eccoci sulle rive del lago a contemplare dal basso la via appena percorsa.

Anche se da un certo punto di vista preferisco quote intermedie, cioè quelle maggiormente popolate dalla fauna, mi mancava l'ambiente d'alta quota.. il gelido soffio del vento che ti fa subito capire che nonostante la t-shirt sei a 3000 metri, il paesaggio severo e aspro, il rumore del ghiaccio che stride e che (purtroppo) fonde, cime ardite e innevate!

Maso di Tisa
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Val di Tisa
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Autoscatto con sullo sfondo i ghiacciai e cima Similaun
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Mare di ghiaccio
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Rifugio Similaun
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venerdì 16 settembre 2011

Addio Walter!

Addio a uno dei grandi dell'alpinismo!

Voglio ricordarlo con queste sue parole che condivido appieno:

"L'uomo vive in città mangia senza fame beve senza sete si stanca senza fare fatica.
Rincorre il proprio tempo senza raggiungerlo mai, è un essere imprigionato, una prigione senza confini da cui è quasi impossibile fuggire
Alcuni esseri umani hanno bisogno di riprendere la proprie vite
Non tutti ci provano e pochi ci riescono
Una delle vie maestre è quella che conduce alle montagna
C'è tanta bellezza, fatica, solitudine e silenzio in questo mondo arrampicato
Tutti valori poco alla moda ma che aiutano a vivere e a conoscere se stessi"

Walter Bonatti - Scalare se stessi