mercoledì 20 agosto 2014

Amarcord. 18/08/2009 Sul tetto degli Appennini con gli amici de’ Roma: Gransasso inside

Visso. Ore 4.43.
Suona la sveglia. Apro gli occhi e un brivido d’emozione mi corre lungo la schiena, sognavo questa salita da tempo: per mesi con l’amico Fabry l’abbiamo pianificata e immaginata.
Una colazione veloce e poi pronti per il lungo viaggio verso l’Aquila.


Campo Imperatore. Ore 8.00
Da Assergi cominciamo a risalire verso Campo Imperatore. Per strada s’incontrano quasi esclusivamente mezzi della Protezione Civile, nell’aria si respira ancora il dolore e la paura di quella tremenda scossa di terremoto che ad aprile “causò” centinaia di morti.
Il cielo è terso. Superiamo Fonte Cerreto; attraversiamo dapprima boschi di cerri poi è la volta di aceri, carpini, faggi e infine ecco il lunare paesaggio di Campo Imperatore.
Siamo nel cosiddetto Piccolo Tibet, l’aspetto vasto e desolato di questo altopiano, ti stordisce: una vasta distesa di prati con dolci alture, depressioni e collinette, mandrie di vacche e cavalli.
Ignoriamo il bivio per Castel del Monte e svoltiamo puntando direttamente verso Lui, il Corno Grande, che ora appare in tutta la sua grandezza.
Ad un certo punto ci fermiamo a fare qualche foto ed ecco che Fabry, non accorgendosi di noi, ci sorpassa. Dopo un anno, la voglia di riabbracciarlo è grande quindi partiamo all’inseguimento.
Arriviamo al piazzale del Campo Imperatore (2120 m), parcheggiamo l’auto e proviamo a telefonare a Fabry, ma suona occupato così decidiamo di portarci avanti e indossare gli scarponi.
TACK.. mi rimangono le stringhe dello scarpone sinistro in mano… Porcaccia.. trattengo le mille imprecazioni che stanno salendo dal profondo, per fortuna ho con me un paio di lacci di scorta e grazie all’infinita pazienza di Claudio, i miei scarponi sono nuovamente operativi.
Finalmente anche Fabry si libera ed ecco scattare l’agognato ignuz abbraccio.
Due chiacchiere e poi andiamo a bere un caffettino al bar dove apprendiamo una bella notizia: più tardi ci raggiungerà anche Matteo.. AAAAAAAAA! :P
Zaini in spalla e raggiungiamo l’osservatorio dove prendiamo la mulattiera che risale il pendio erboso e pietroso che s’affaccia sul Campo Imperatore. La giornata si preannuncia stupenda anche dal punto di vista meteorologico. Ignoriamo il bivio che sale al rifugio Duca degli Abruzzi e proseguiamo sulla destra, verso la sella del Monte Aquila.
Il battuto sentiero taglia a mezza costa il pendio di un circo glaciale roccioso, più in basso, coperto dai detriti, sopravvive un piccolo nevaietto.
Camminiamo con calma, parlando, ci fermiamo ad osservare la flora, tra cui il famoso Astro’.. Alpino, imbraccio il binocolo e comincio a scandagliare il Monte Aquila dove – Fabry mi ha riferito – sono stati rilasciati camosci, ma l’ora e il versante non sono propizi per l’avvistamento.
Tra l’avifauna appennina particolare menzione la voglio dare al Cellularum DiMeum Ignuzotum, dal canto inconfondibile.
Arriviamo alla sella (2335 m), la vista è magnifica, l’ambiente è molto simile a quello dolomitico: in basso un’esteso pianoro inclinato, Campo Pericoli, pieno di doline, fessurazioni, inghiottitoi, massi sparsi, che denotano la natura carsica del terreno.. pianoro circondato da vette più o meno vicine.. il Monte Portella, il Monte Cefalone, il Monte Corvo, il Pizzo di Intermesoli e Lui, il Corno Grande, quello Piccolo e infine il Monte Aquila. Estati totale.
Sono ai piedi del Corno Grande.
Ci fermiamo un po’ ad aspettare il rosso-vestito Matteo ed a scattare, manco a dirlo, numerose foto; poi un impellente e inderogabile bisogno, mi – ci - spinge a spostarci un po’ avanti.
E così, in questo epico momento – ovvero mentre ritorno dal bagno – ha luogo il magico incontro con il pazzo Matteo.
Si scambiano due parole al volo e poi si riparte, dopo pochi passi ecco un nevaietto, scatta così la foto con la neve appenninica.
Ignoriamo sia il bivio per la direttissima Sud del Corno Grande, che quello per il rifugio Garibaldi, e proseguiamo su ripido ghiaione fino alla Sella del Brecciaio (2506 m) ai piedi della cresta Ovest del Corno Grande, dove facciamo un’altra pausa.
Eh sì, questa gita – visto che il tempo ce lo concede - ce la vogliamo godere con calma, non si può essere in questi luoghi e correre, vanno assaporati pietra per pietra, cima per cima, ogni singolo dettaglio dev’essere assorbito e immagazzinato nella mente, tant’è che ora.. mi sembra d’essere ancor là in mezzo a quelle pallide rocce con Claudio, Fabry e Matteo.
Proseguiamo su sentiero “normale” fino alla Conca degli Invalidi (2610 m) dove ci rinfreschiamo la testa con un po’ di neve e dove – aihmè :P – incontriamo un conoscente di Matteo che ci terrà compagnia e lezioni di vita durante tutta la gita.
Da questa conca si può ammirare in tutta la sua imponenza l’austero Corno Piccolo, qualche nube coreografica gioca con le sue guglie.
Poco sopra prendiamo la variante della Cresta Ovest. Il sentiero in breve ci porta a fil di cresta, lo si segue superando passaggi di 1° grado, in alcuni tratti – non molti – la progressione è agevolata da un cordino d’acciaio. Proseguo con cautela, in alcuni punti c’è parecchia esposizione, ma nonostante questo vado avanti convinta che niente e nessuno potrà fermarmi.
Ogni tanto giro lo sguardo e rimango estasiata alla vista della sinuosa linea di cresta che man mano lasciamo dietro di noi. Claudio chiude la “cordata”, poi ci siamo io e Fabry, e davanti Matteo che ogni tanto lancia incoraggiamenti.
La croce è sempre più vicina.. il mio cuore si riempie di gioia e commozione.. ancora un passo.. eccomi in vetta al Corno Grande (2913 m): il tetto degli Appennini!
L’emozione è fortissima. Sono contenta d’essere qui con Claudio, e lui sa il perché, con Fabry, una delle più belle amicizie che m’ha donato internet e Matteo che, anche se conosco da poco, mi ha già conquistato con la sua simpatia. Aaaaaaaaaa!
La visibilità è delle migliori, grande fortuna la nostra.. a 360° possiamo ammirare i Monti della Laga, i Sibillini, il mar Adriatico, la Maiella, i monti del parco d’Abruzzo-Molise-Lazio, il Terminillo, il lago di Campotosto.. l’Aquila.. un velo di tristezza mi vela il cuore.

Stiamo finendo di pranzare e d’indossare bandane quand’ecco un volto famigliare.. uhm.. ci si squadra n’attimo.. occhiali da sole possono confondere.. poi i dubbi svanisco “Ma te sei el Romano?” “Oscia sì”.. ahahah.. il mondo è davvero piccolo, ed ecco che due membri del direttivo SAT di Lavis s’incontrano per caso a 500 km da casa! Lavis uber alles!
Dopo aver firmato il libro di vetta e aver cazzeggiato un bel po’, è giunto il momento di ritornare a valle.
Sotto stormi di fringuelli alpini che volteggiano all’impazzata, scendiamo dalla via Normale. Dopo alcuni stretti tornanti possiamo ammirare da vicino il Ghiacciaio del Calderone, il ghiacciaio più meridionale d’Europa. Scendiamo con attenzione perché il sentiero è cosparso di ghiaino infame; rieccoci nella Conca degli Invalidi da dove ripercorriamo il sentiero dell’andata fino alla Sella del Monte Aquila.
Con Fabry si discute d’alta botanica: ma la campanula barbata, essendo qui meno pelosa di quella alpina, si chiamerà Campanula imberbe e sbarbata? :D mah.. discorsi di scienziati di prim’ordine.
Nel frattempo l’amico di Matteo sta attirando su di noi stormi di gracchi: uhm!
Alla sella, con Claudio, Fabry e Matteo si decide di proseguire verso il rifugio Duca degli Abruzzi, salutiamo il tuttologo e risaliamo per un centinaio di metri la dorsale, in breve eccoci al rifugio (2388 m).
La vista su Campo Imperatore è da lacrima, la luce del tardo pomeriggio ammorbidisce i contrasti tra la terra e il cielo, il sole sta volgendo pian piano a ovest ed ecco che arriva la solita malinconia che spesso mi prende quando una gita particolarmente vissuta finisce, quella sensazione di vuoto momentaneo che segue la conquista di un obiettivo, quella sensazione leopardiana da “Sabato del villaggio”, ma in fondo anche se dolceamara è una bella sensazione, è una malinconia costruttiva che ti fa già pensare a quali altre mete ambire e quando sarà il prossimo incontro con questi amici così lontani ma al contempo così vicini. Ancora una volta la passione per la montagna è riuscita a far incrociare destini e strade diverse.
Una folata di vento investe le bandiere del rifugio facendole schioccare nell’aria.. è arrivato il momento di andarsene.
Prendiamo il sentiero che scende ripidamente al parcheggio, ci si cambia e si scende a Fonte Cerreto per bere qualcosa di fresco in compagnia.
E’ arrivato il triste momento dei saluti.. al prossimo incontro amici romani…aaaaaaaaaa!




















1 commento:

  1. Che giornata mitica e indimenticabile! :D
    Quella dove sto in vetta mentre guardo con aria sospetta non me la ricordavo. Te la rubo! :P

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