sabato 25 ottobre 2014

Amarcord. 27/09/2009 Per aree e panoramiche creste: sentiero attrezzato “Bepi zac” (Costabella-Cima Uomo)


Finalmente, dopo defezioni meteo e rogne varie, ecco che si riesce a organizzare una ferrata.

Dopo un sabato dedicato allo studio, con Claudio e Flavio partiamo alla volta del San Pellegrino. Quando arriviamo al passo (1919 m) un velo di nubi copre la cresta Costabella – Cima Uomo: dove corre la nostra ferrata, o meglio, sentiero attrezzato “Bepi Zac”.
Risaliamo lungo il sentiero 604 sfiorando il rifugio Paradisi (2130 m). Le marmotte, messe in allarme dai segugi dei cacciatori, fischiano in continuazione. Le praterie stanno assumendo i toni giallo-arancio tipici dell’autunno, refoli d’aria fresca muovono l’erba e ci fanno chiudere le zip dei pile. L’estate se ne sta andando.
Arriviamo al passo Le Selle (2528 m) dove siamo investiti da forti raffiche di vento che risalgono la val Monzoni; mentre alle nostre spalle le Pale sono avvolte dalle nubi, a nord la visibilità è ottimae la bianca dolomia risalta su un cielo azzurro come non mai.
Nel bivacco poco sotto il passo, al riparo dal vento, indossiamo la ferraglia del mestiere e ci prepariamo all’impresa.
Ritornati al passo imbocchiamo il sentiero 637 che sale ripidamente verso la Cima Lastel Picol. Dopo pochi passi già troviamo le prime attrezzature: un cavo metallico da usare come corrimano.
Tutta questa catena montuosa fu teatro di duri scontri durante la Grande Guerra: baraccamenti, trincee, vecchie scale, scatolame arrugginito sono la testimonianza della sofferenza che vissero quassù quei poveri soldati.
Camminiamo lungo l’aereo sentiero in un crescendo d’emozioni frutto di un mix d’esaltazione per la superba bellezza dei luoghi e la consapevolezza di percorrere luoghi che sono stati teatro di dolore e morte.
Entrando in gallerie di guerra e superando un ponticello di legno, giungiamo sulla cima Lastel Piciol (2697 m) con vista a 360°.
Resti di filo spinato e di scatolame. Silenzio.

Proseguiamo, seguendo la linea del fronte, in direzione del Lastel Grande (2793) e cima Campagnaccia (2737).
Superiamo una piccola paretina verticale grazie all’aiuto di due pioli e a delle funi, giriamo l’angolo ed ecco la “famigerata” crestina: sarà lunga una 15ina di metri, molto esposta, ma ottimamente attrezzata; ostrego un pò, ma prova passata.
Ci fermiamo a mangiare qualcosina al volo e incontriamo le prime persone della giornata: una famigliola padre madre e figliolo e una coppia di mezza età.
Consiglio a tutti di fare questo sentiero fuori stagione, per godere dei silenzi che rendono ancor più austeri e affascinanti questi luoghi.
Risaliamo per larga dorsale a cima Costabella (2759 m) dove c’è una mitragliera austriaca. Su questa cima è ben visibile il contrasto tra la bianca roccia dolomitica e la scura roccia porfirica.
Perdiamo un poco quota, poi risaliamo una paretina di 5 metri con l’aiuto di una scala di legno. Il sentiero trincea è scolpito nella roccia; entriamo nell’ennesima galleria dalla quale dobbiamo uscire gattonando e sbattendo la testa più volte: ma abbiamo caschetto e problemi no ghe n’è!
Ora ci attende una placca esposta che taglia in diagonale e in discesa al roccia, titubo un po’, ma il cavo è ben teso e gli appoggi per i piedi numerosi.
Finito questo tratto ci ritroviamo su un mini altopiano dove, una targa ci spiega, molti soldati tedeschi furono fatti prigionieri dagli italiani. Sullo sfondo del pianoro appaiono nitide il Gran Vernel, la sud della Marmolada e Cima Uomo.
Mi attardo un po’, estasiata da questa meravigliosa visione e mi chiedo, se anche i soldati che qui persero la vita, almeno per qualche secondo riuscirono ad apprezzare ciò che li circondava.. ma penso di no.
Arriviamo ai piedi del Sas di Costabella e, mentre Flavio e Claudio risalgono il canalone attrezzato per visitare l’osservatorio italiano, io contemplo la val San Nicolò e il Sassolungo.
Poco dopo ritornano da me e scendiamo tutti assieme, per sentiero un po’ esposto, alla forcella Ciadin (2664 m). Da questa caliamo verso il basso lungo un ripido e infido ghiaione.
Flavio preso da miraggi (probabilmente causati dal caschetto troppo stretto) parte di corsa verso quello che, per un gioco di luci, sembra un piccolo nevaio, ma in realtà trattasi di roccia ultra “slavarida”.
Lo raggiungiamo e “insultiamo”, poi proseguiamo ancora una volta tutti assieme.
Mi volto spesso. I contrasti sono commoventi. Giallo, bianco e blu.
Flavio trotterella dietro di me e un velo di nostalgia m’attanaglia lo stomaco.. EX colleghiny.
Tra i massi e qualche mini larice solitario giungiamo infine all’auto.. ci cambiamo celermente e poi a Moena ci troviamo con il mitico nonno Giorgio per un caffè in compagnia: ottima conclusione di una memorabile giornata “ con le corde” fra le crode!





























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