A due giorni dalla salita al Snežnik e stretti fra previsioni meteo che si fanno sempre più pessimistiche decidiamo di espatriare in Croazia.
Passato il fantomatico valico di Babno Polje a suon di "A che bello 'o café, pure in carcere 'o sanno fa Co' a ricetta che a Ciccirinella, compagno di cella, c'ha dato mammà" (De Andrè) eccoci nella regione del Gorski Kotar, precisamente nel parco nazionale del Risnjak.
In questa regione c'è una confluenza di climi: quello fresco dinarico, quello mite Adriatico e quello continentale del bassopiano pannonico. Anche questa zona, come lo Snežnik, è carsica coperta da boschi di faggio e abete fino a 1200 metri, segue la faggeta e sulla cima regna la mugheta.
Dopo aver affrontato innumerevoli curve giungiamo a Crni Lug e da qui prendiamo la strada per la località Bijela Vodica (678 m), dove parcheggiamo l'auto nei pressi della casa del parco.
Siamo gli unici escursionisti e ciò ci rallegra, un rapido sguardo ad alcuni pannelli informativi e poi imbocchiamo il sentiero denominato "Horvatova staza" ovvero il Sentiero di Horvat, promotore e protettore del Risnjak.
Fino a Podi e a Vučja jama (Grotta dei Lupi) si percorre una strada forestale poi inizia il sentiero vero e proprio.
La foresta che ci circonda è magnetica, in men che non si dica si viene rapiti dall'arcana magia delle selve.
Centinaia di suoni, di canti, di sussurri.
Il vento scuote le chiome di faggi colonnari facendole muovere all'unisono come le onde del mare.
Qua e là, fra un ricco sottobosco di felci, affiorano massi e lastre di bianco calcare.
Sugli umidi tronchi fanno capolino numerosi funghi e mughi.
Lungo il sentiero spuntano impronte di ungulati e una borra di un rapace notturno.
E' tutto un brulicare di vita.
Stiamo camminando su sentieri che abitualmente sono percorsi da orsi, lupi e linci, e sicuramente questa cosa rende questi boschi ancor più magici.. ma ora siamo solo noi tre e la foresta vergine.
Dopo aver superato alcuni bivi giungiamo a quello per Smrekovac (1193 m) e in lontananza sentiamo voci umane: l'idillio è rotto!
Usciamo dalla faggeta ed entriamo nella mugheta, le voci si fanno sempre più forti e fastidiose. Dopo un'ultima rampetta sbuchiamo al rifugio Schlosserov dom (ca 1406 m) e qui l'amara sorpresa: ci saranno una 40ina di ragazzini urlanti. 100 metri sopra.. la cima e anche là la prospettiva non migliora.. ragazzini ovunque!!!
Pranziamo in un posto un po' appartato in attesa che la cima si liberi.
Nel frattempo grossi cumuli si stanno addensando a est e sud-est.
Finalmente i "marmocchi" si preparano alla discesa, di conseguenza noi cominciamo a salire. 'Sti 100 metri con il pranzo sullo stomaco e nel caldo dela mugheta sono "drammatici", ma finalmente eccoci in cima al Veliki Risnjak (1528 m), la vetta più alta di questi monti.
Il panorama è spettacolare, a nord fa capolino il "nostro" Monte Nevoso Sloveno e più vicino quello croato, verso ovest il mare, il resto.. fin dove l'occhio si perde... bosco e poi ancora bosco.. e il mio pensiero vola..
Stiamo in cima una 20ina di minuti poi, visto il tempo sempre più cupo e il lungo tragitto che c'attende, decidiamo di ripiegare.
Durante la discesa, poco lontano dalla cima, incrociamo una vipera.
Dal rifugio imbocchiamo il "Staza preko Markovog brolog" sentiero alternativo che, attraverso il valico di Medvjeđa vrata (traduzione ”La porta dell'orso”), scende a Bijela Vodica .
Cominciamo il lungo rientro e nei pressi di una suggestiva faggeta ci perdiamo a meditare, finalmente è ritornato il silenzio.
Respiriamo a pieni polmoni e la pace ci pervade.
La luce del sole filtra tra le verdi foglie dei faggi e illumina il fitto sottobosco di felci.
Gli uccelli cantano a pieno regime.
Siamo ancora una volta un tutt'uno con la foresta e mi vengono in mente le illuminanti parole di Henry David Thoreau: "Andai nei boschi per vivere con saggezza, vivere con profondità e succhiare tutto il midollo della vita, per sbaragliare tutto ciò che non era vita e non scoprire, in punto di morte, che non ero vissuto."
Quanta verità in queste parole.
Valichiamo la Medvjeđa vrata (1287 m) e proseguiamo il nostro cammino quando ad un certo punto, poco prima di Markov brlog, cominciamo a sentire odor "di selvatico": stiamo fermi una mezz'ora a fiutare l'aria, talvolta l'odore è pungente, probabilmente l'orso non è lontano.
Con titubanza riprendiamo la marcia e dopo un lungo incedere eccoci finalmente nella vallata di Leska dove c'è un interessante sentiero didattico del parco .
In breve eccoci all'auto dove lanciamo gli scarponi al vento!
Siamo demoliti ma estasiati di aver fatto parte, anche solo per poche ore, di questi boschi.
Per quelli che non possono fare a meno della montagna... per quelli che aspettano la neve... per quelli che seguono l'ombra dell'orso...
martedì 31 maggio 2011
domenica 29 maggio 2011
29/05/2011 Alla conquista dello Veliki Snežnik (Alpi Dinariche - Slovenia)
Domenica, approfittando della serenata, partiamo alla conquista del Veliki Snežnik, ovvero il Monte Nevoso, che con i suoi 1796 metri è la vetta più alta della Slovenia non alpina.
La quota, l'isolamento e la lontananza dai golfi di Trieste e del Quarnero sono i fattori che ne determinano abbondanti precipitazioni nevose, tale caratteristica ha reso famosa la cima fin dai tempi dei Romani che lo avevano appunto battezzato Monte Albius.
Dal punto di vista naturalistico-botanico il Nevoso è un luogo di transizione fra Alpi Giulie e Alpi Dinariche, quindi è facile imbattersi in specie endemiche.
Il territorio è carsico ovvero ricco di doline, grotte, inghiottitoi, baratri e campi solcati e proprio a causa di questa conformazione non esistono acque superficiali.
Dopo aver inquadrato il nostro obiettivo dalla stanza dell'albergo, saliamo in macchina e imbocchiamo l'ormai familiare sterrata per Mašun; oltrepassiamo la località Leskova Dolina e a quota 909 prendiamo un bivio a sinistra e saliamo fino a circa 1190 metri. Zaino in spalla e c'incamminiamo lungo la strada forestale fino a uno spiazzo dove inizia il sentiero vero e proprio.
Siamo all'ombra del Gašperjev hrib dove fu catturato il nostro Gasper.
Il sentiero sale ripido fra i verdi boschi di faggio e lambisce i bordi di numerose doline.
La dolina, che in slavo significa “valle”, è una depressione a forma di imbuto, prodotta dalla dissoluzione della roccia ad opera delle acque piovane e che presenta sul fondo un inghiottitoio cioè un’apertura attraverso la quale le acque meteoriche vengono convogliate in profondità. Essa è caratterizzata da un clima particolare: mediante il fenomeno dell'inversione termica troviamo in fondo, grazie alla temperatura più fredda, l'abete bianco e mano a mano che si sale prende piede la faggeta.
Usciamo dal bosco e ci ritroviamo in un'ampia e verde prateria costellata da ranuncoli e genziane; in alto, ammantata da un fitta fascia di mughi, fa capolino la nostra bianca meta.
Rientriamo in un bosco costituito da piccoli faggi contorti dai venti e dalle nevi; dopodiché c'inoltriamo nella folta mugheta dalla quale, di tanto in tanto, sbucano massi di calcare.
Ad un certo punto un camoscio solitario fa capolino fra i rami per poi sparire quasi immediatamente.
A circa 1645 metri, dove un bivio porta a Grčovec, cominciamo a pagare lo scotto per la giornata tersa: la bufera di vento imperversa senza tregua!
Giungiamo infine in vetta allo Snežnik (1796 m) dal quale ammiriamo infinite distese di bosco, le Alpi Giulie e il mare, dicono che in giorni particolarmente tersi si veda anche la Marmolada, sarà...
Il bisogno di metter qualcosa sotto i denti è impellente e quindi, più o meno al riparo dal vento, pranziamo e poi entriamo a bere qualcosa di caldo nel vicino e affollato rifugio.
Finito di sbevazzare scendiamo all'auto per la medesima via della salita.
La quota, l'isolamento e la lontananza dai golfi di Trieste e del Quarnero sono i fattori che ne determinano abbondanti precipitazioni nevose, tale caratteristica ha reso famosa la cima fin dai tempi dei Romani che lo avevano appunto battezzato Monte Albius.
Dal punto di vista naturalistico-botanico il Nevoso è un luogo di transizione fra Alpi Giulie e Alpi Dinariche, quindi è facile imbattersi in specie endemiche.
Il territorio è carsico ovvero ricco di doline, grotte, inghiottitoi, baratri e campi solcati e proprio a causa di questa conformazione non esistono acque superficiali.
Dopo aver inquadrato il nostro obiettivo dalla stanza dell'albergo, saliamo in macchina e imbocchiamo l'ormai familiare sterrata per Mašun; oltrepassiamo la località Leskova Dolina e a quota 909 prendiamo un bivio a sinistra e saliamo fino a circa 1190 metri. Zaino in spalla e c'incamminiamo lungo la strada forestale fino a uno spiazzo dove inizia il sentiero vero e proprio.
Siamo all'ombra del Gašperjev hrib dove fu catturato il nostro Gasper.
Il sentiero sale ripido fra i verdi boschi di faggio e lambisce i bordi di numerose doline.
La dolina, che in slavo significa “valle”, è una depressione a forma di imbuto, prodotta dalla dissoluzione della roccia ad opera delle acque piovane e che presenta sul fondo un inghiottitoio cioè un’apertura attraverso la quale le acque meteoriche vengono convogliate in profondità. Essa è caratterizzata da un clima particolare: mediante il fenomeno dell'inversione termica troviamo in fondo, grazie alla temperatura più fredda, l'abete bianco e mano a mano che si sale prende piede la faggeta.
Usciamo dal bosco e ci ritroviamo in un'ampia e verde prateria costellata da ranuncoli e genziane; in alto, ammantata da un fitta fascia di mughi, fa capolino la nostra bianca meta.
Rientriamo in un bosco costituito da piccoli faggi contorti dai venti e dalle nevi; dopodiché c'inoltriamo nella folta mugheta dalla quale, di tanto in tanto, sbucano massi di calcare.
Ad un certo punto un camoscio solitario fa capolino fra i rami per poi sparire quasi immediatamente.
A circa 1645 metri, dove un bivio porta a Grčovec, cominciamo a pagare lo scotto per la giornata tersa: la bufera di vento imperversa senza tregua!
Giungiamo infine in vetta allo Snežnik (1796 m) dal quale ammiriamo infinite distese di bosco, le Alpi Giulie e il mare, dicono che in giorni particolarmente tersi si veda anche la Marmolada, sarà...
Il bisogno di metter qualcosa sotto i denti è impellente e quindi, più o meno al riparo dal vento, pranziamo e poi entriamo a bere qualcosa di caldo nel vicino e affollato rifugio.
Finito di sbevazzare scendiamo all'auto per la medesima via della salita.
sabato 21 maggio 2011
21/05/2011 Sgambata al panoramico Bregn dell'Ors (Brenta)
Dopo due settimane di totale riposo a causa del "volo dell'angelo" dal soppalco del garage, con Claudio optiamo per un giro in quota ma con poco dislivello.
Risaliamo così la val d'Algone fino a malga Movlina. Lungo la strada incrociamo 3 caprioli, uno dei quali con il palco a bottone.
Parcheggiamo l'auto e imbocchiamo il sentiero 354 con ampio panorama sulle distese bianche del Carè Alto e Presanella. Nel cielo compaiono, tanto per cambiare, le prime nubi.
I prati che ci circondano sono puntellati da gialli botton d'or, da azzurri non-ti-scordar-di-me, da genziane e da orchidee violacee.
Giungiamo al passo del Gotro (1847 m) e di lì a poco notiamo sul fango delle impronte di orso.
Poco prima di raggiungere il Bregn dell'Ors deviamo per il sentiero 307 che, con scorci sul gioiello blu di Valagola, ci porta all'imbocco della val Nardis. La via è costellata da numerose soldanelle; in alto, fra le nevi che stanno pian pian fondendo, fa capolino il rifugio Garbari ai XII Apostoli.
Nell'aria echeggia il fischio del camoscio.
Il cielo si sta coprendo sempre più così decidiamo di ritornare al Bregn dell'Ors (1836 m). Mentre scendiamo lungo il sentiero 324 comincia a cadere qualche goccia di pioggia; a quota 1700 m imbocchiamo una ripida traccia che ci porta al Bregn.
Seduti su questa verde sella pranziamo sbinocolando di tanto in tanto verso gli alti pascoli - frequentati da numerosi camosci - della Pala dei Mughi.
Le nubi si stanno chiudendo attorno a noi e la pioggia si sta man mano avvicinando, tentiamo la discesa verso malga Bregn dell'Ors, ma fatti pochi passi siamo costretti a ripiegare dentro al Baito dei Cacciatori: dal cielo cominciano a cadere i primi, piccoli, chicchi di grandine.
Comodamente al riparo ascoltiamo in silenzio lo scroscio dell'acqua che s'abbatte sul tetto della baita.
Placata la pioggia ritorniamo al Bregn e da qui al passo del Gotro dove facciamo una piccola e piacevole divagazione.
Mentre un violento temporale si scatena in bassa val d'Algone giungiamo infine all'auto.
Lago di Valagola
Claudio osserva l'alta val Nardis
Follow the bear
Io :)
Risaliamo così la val d'Algone fino a malga Movlina. Lungo la strada incrociamo 3 caprioli, uno dei quali con il palco a bottone.
Parcheggiamo l'auto e imbocchiamo il sentiero 354 con ampio panorama sulle distese bianche del Carè Alto e Presanella. Nel cielo compaiono, tanto per cambiare, le prime nubi.
I prati che ci circondano sono puntellati da gialli botton d'or, da azzurri non-ti-scordar-di-me, da genziane e da orchidee violacee.
Giungiamo al passo del Gotro (1847 m) e di lì a poco notiamo sul fango delle impronte di orso.
Poco prima di raggiungere il Bregn dell'Ors deviamo per il sentiero 307 che, con scorci sul gioiello blu di Valagola, ci porta all'imbocco della val Nardis. La via è costellata da numerose soldanelle; in alto, fra le nevi che stanno pian pian fondendo, fa capolino il rifugio Garbari ai XII Apostoli.
Nell'aria echeggia il fischio del camoscio.
Il cielo si sta coprendo sempre più così decidiamo di ritornare al Bregn dell'Ors (1836 m). Mentre scendiamo lungo il sentiero 324 comincia a cadere qualche goccia di pioggia; a quota 1700 m imbocchiamo una ripida traccia che ci porta al Bregn.
Seduti su questa verde sella pranziamo sbinocolando di tanto in tanto verso gli alti pascoli - frequentati da numerosi camosci - della Pala dei Mughi.
Le nubi si stanno chiudendo attorno a noi e la pioggia si sta man mano avvicinando, tentiamo la discesa verso malga Bregn dell'Ors, ma fatti pochi passi siamo costretti a ripiegare dentro al Baito dei Cacciatori: dal cielo cominciano a cadere i primi, piccoli, chicchi di grandine.
Comodamente al riparo ascoltiamo in silenzio lo scroscio dell'acqua che s'abbatte sul tetto della baita.
Placata la pioggia ritorniamo al Bregn e da qui al passo del Gotro dove facciamo una piccola e piacevole divagazione.
Mentre un violento temporale si scatena in bassa val d'Algone giungiamo infine all'auto.
Lago di Valagola
Claudio osserva l'alta val Nardis
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Io :)
mercoledì 18 maggio 2011
ITAS CAMPIONE D'ITALIA!!!
Nel 2008 il primo scudetto della storia per la Trentino Volley, nel 2009 sconfitta in finale dopo 5 gare incredibili contro Piacenza, nel 2010 sconfitta in finale unica contro la rivale degli ultimi 2 anni Cuneo. E da qui volgio partire.
Bologna, 9 maggio 2010. Cuneo e Trento si giocano lo scudetto dopo che l'Itas ha vinto tutto in quella stagione, mondiale per club, champions league, coppa Italia. Dopo un primo set stravinto dai trentini, Trento si spegne e non c'è più partita. Lo scudetto vola via da Trento ancora una volta all'ultimo atto. Nella festa di fine stagione mister Stoytchev promette lo scudetto nel 2011 perchè nonostante i tre titoli si sa che lo scudetto ha un sapore particolare per tutti i tifosi. Con questa promessa e speranza si chiudono le luci al Palatrento.
Settembre 2011.... si comincia ancora una volta la strada verso lo scudetto n°2! Una vittoria, due, tre, quattro.... nessuno ferma l'Itas in campionato! Si vola a Doha per il mondiale per club.... diventiamo ancora una volta Campioni del Mondo! Poi riecco Cuneo in finale di supercoppa italiana: sconfitta pesantissima in partita secca: 0-3! ....
In campionato si riprende il ruolino di marcia da record.... finisce il girone di andata senza sconfitte. Ecco la final four di coppa Italia a Verona... semifinale contro Sisley Treviso senza storia, 3-0 per noi. Finale contro Cuneo senza storia..... 0-3 per loro ancora una volta. Cuneo diventa l'incubo!
I nostri dimenticano subito le due sconfitte con i rivali e riprendono a vincere ogni partita di campionato. Alla fine ne perderemo solo una, contro Verona.... 25 vittorie, 1 sconfitta. Nel frattempo si va a Bolzano per la final four di Champions League e qui diventiamo per la terza volta di fila Campioni d'Europa!
Ora rimane solo Lui da conquistare, c'è una promessa da mantenere vero mister? Scattano i playoff, contro San Giustino nei quarti non c'è storia. In semifinale ci aspetta Modena: 5 gare senza fiato! L'ultima finisce 3-1 per noi.... ce ne andiamo a Roma per il V-day 2011! E come avversario naturalmente c'è Cuneo! Non voglio mancare all'appuntamento. La tensione della settimana precedente alla partita viene fuori tutta il giorno prima della partenza per Roma, il giorno della finale poi non vi dico!
Entro al palazzetto con la voce, ne esco senza. L'inizio partita è identico alla finale dell'anno prima... 1-0 per noi 25-13. Nel secondo set andiamo in un batter d'occhio sotto di 5 punti... Lo spettro di Bologna continua a presentarsi nella mente. Non può finire ancora così... No! Rimontiamo punto su punto.... pari..... siamo avanti..... vinciamo il secondo set in rimonta pazzesca: 25-22.... 2-0 per noi! Inizia il terzo set... Trento vola, il vantaggio aumenta sempre di più finchè mi rendo conto che ormai è fatta! Picchia Osmany! Picchia Osmany Eh! Eh! Voglio che il tempo rallenti per farmi godere questi attimi.....
25-9 ....... 3-0...... siamo CAMPIONI D'ITALIA!!!!!!!!
Abbraccio gli amici che hanno sofferto con me durante tutta la stagione, penso a chi è rimasto a casa, Rita in primis (:***) che in quel momento la sento lì!
Il successo più bello!
PS: grazie per aver mantenuto la promessa Rado :-)
Bologna, 9 maggio 2010. Cuneo e Trento si giocano lo scudetto dopo che l'Itas ha vinto tutto in quella stagione, mondiale per club, champions league, coppa Italia. Dopo un primo set stravinto dai trentini, Trento si spegne e non c'è più partita. Lo scudetto vola via da Trento ancora una volta all'ultimo atto. Nella festa di fine stagione mister Stoytchev promette lo scudetto nel 2011 perchè nonostante i tre titoli si sa che lo scudetto ha un sapore particolare per tutti i tifosi. Con questa promessa e speranza si chiudono le luci al Palatrento.
Settembre 2011.... si comincia ancora una volta la strada verso lo scudetto n°2! Una vittoria, due, tre, quattro.... nessuno ferma l'Itas in campionato! Si vola a Doha per il mondiale per club.... diventiamo ancora una volta Campioni del Mondo! Poi riecco Cuneo in finale di supercoppa italiana: sconfitta pesantissima in partita secca: 0-3! ....
In campionato si riprende il ruolino di marcia da record.... finisce il girone di andata senza sconfitte. Ecco la final four di coppa Italia a Verona... semifinale contro Sisley Treviso senza storia, 3-0 per noi. Finale contro Cuneo senza storia..... 0-3 per loro ancora una volta. Cuneo diventa l'incubo!
I nostri dimenticano subito le due sconfitte con i rivali e riprendono a vincere ogni partita di campionato. Alla fine ne perderemo solo una, contro Verona.... 25 vittorie, 1 sconfitta. Nel frattempo si va a Bolzano per la final four di Champions League e qui diventiamo per la terza volta di fila Campioni d'Europa!
Ora rimane solo Lui da conquistare, c'è una promessa da mantenere vero mister? Scattano i playoff, contro San Giustino nei quarti non c'è storia. In semifinale ci aspetta Modena: 5 gare senza fiato! L'ultima finisce 3-1 per noi.... ce ne andiamo a Roma per il V-day 2011! E come avversario naturalmente c'è Cuneo! Non voglio mancare all'appuntamento. La tensione della settimana precedente alla partita viene fuori tutta il giorno prima della partenza per Roma, il giorno della finale poi non vi dico!
Entro al palazzetto con la voce, ne esco senza. L'inizio partita è identico alla finale dell'anno prima... 1-0 per noi 25-13. Nel secondo set andiamo in un batter d'occhio sotto di 5 punti... Lo spettro di Bologna continua a presentarsi nella mente. Non può finire ancora così... No! Rimontiamo punto su punto.... pari..... siamo avanti..... vinciamo il secondo set in rimonta pazzesca: 25-22.... 2-0 per noi! Inizia il terzo set... Trento vola, il vantaggio aumenta sempre di più finchè mi rendo conto che ormai è fatta! Picchia Osmany! Picchia Osmany Eh! Eh! Voglio che il tempo rallenti per farmi godere questi attimi.....
25-9 ....... 3-0...... siamo CAMPIONI D'ITALIA!!!!!!!!
Abbraccio gli amici che hanno sofferto con me durante tutta la stagione, penso a chi è rimasto a casa, Rita in primis (:***) che in quel momento la sento lì!
Il successo più bello!
PS: grazie per aver mantenuto la promessa Rado :-)
Incontro con un orso
Gran video fatto da Giuseppe Alberti...anche se va detto che l'orso NON va assolutamente seguito.
INVIDIA PURA:P!
sabato 7 maggio 2011
07/05/2011 Alta Via di Riva di Tures/Reiner Höhenweg (Val Aurina)
Dopo mesi passati a scandagliare Brenta e Paganella, è giunta l'ora di cambiare un po' aria. E Alto Adige fu.
Partiamo – io, Claudio ed Elisa – da casa alle 7 e arriviamo a Riva di Tures/Rein in Taufers, in val Aurina, verso le 9.15.
La giornata è splendida, le vedrette di Ries scintillano al sole.
Dopo uno strano e inquietante incontro con una vecchia “rivana” partiamo per il nostro giro: l'Alta Via di Riva di Tures/Reiner Höhenweg .
Dopo pochi passi, seguendo il segnavia 10, ci ritroviamo in mezzo a dei graziosi e simpatici vitelli, quando ci accorgiamo che dall'alto una mucca ci guarda storto, attraversiamo il rio Moosmaierbach e notiamo con un certo disagio che la mucca comincia a caricarci, con un salto da primatisti scavalchiamo la recinzione e ci ritroviamo al sicuro. Mucche da guardia!
Tagliamo obliquamente su nel bosco e c'imbattiamo nella strada forestale che ci indirizza verso l'alto con scorci mozzafiato su Collato/Hochgall, Collaspro/Wildgall, Monte Nevoso/Schneebiger Nock e Val Fredda/Geltal.
Giungiamo ai Lobiser Schupfen (1959 m), sette piccoli ricoveri per il fieno, costruiti uno accanto all'altro e unici in Alto Adige.
Bloccati da un camion ricolmo di letame ci fermiamo per una breve pausa. Nei cespugli alle nostre spalle è tutto un pigolio frenetico di galli forcelli.
Riprendiamo il cammino seguendo la strada (segnavia 1A) che da Acereto/Ahornach sale alla malga Moosmaier (2069 m) e alla malga Hirber (2096 m).
Da quest'ultima la larga pista diviene uno stretto sentiero balcone.
Sulle creste di cima Dura/Durreck noto un movimento, binocolo ed ecco una coppia di aquile, girano in tondo e poi planano su una cengia.. ci sarà il nido? Rimpiango di aver lasciato a casa il lungo!
Proseguiamo in costante sali e scendi fino all'Oberhütte (2211 m) dove, fra i fischi delle marmotte, ci fermiamo a pranzare.
Con il binocolo osservo le pietraie in alto, qui dovrebbero esserci dei camosci, ma non trovo niente; così cambio direzione e mi concentro sui bei monti che coronano la val dei Dossi/Knuttental e la val del Rio/Bachertal.
Finita la pausa proseguiamo, ma appena fatti pochi passi, attratti da un monolite di pietra, scatta il momento ignuz: arrampicata e foto garantite.
Proseguiamo in lieve discesa fino alla Durraalm (2096 m) e da qui, anziché scendere direttamente a Riva, prolunghiamo il giro.
Sotto le bianche lastre della Croda Bianca/Weisse Wand, singolare isola geologica di chiaro calcare che contrasta con l'imperante gneiss e scisto della zona, attraversiamo un profumato bosco di pini cembri e con ripidi svolte giungiamo ai casolari della Knuttenalm (1911 m) dove imbocchiamo la strada di fondovalle (segnavia 9).
Io ed Elisa attratte dalle fresche acque del Knuttenbach decidiamo di mettere a mollo i piedi provati dal caldo.. che goduria!
Dopo il bagno ristoratore proseguiamo e, non prima di aver abbracciato un enorme cimbro secolare, in breve rieccoci alla chiesa di Riva di Tures.
Qui si aggira ancora la vecchina che, guardandoci di sbieco, se ne ritorna a casa.. per spiarci poi da dietro delle spesse tende.. Shining!
Si conclude così una bellissima gita fuori porta, ma non la giornata.. abbiamo ancora di tempo di fare una puntata al leggendario Lago di Braies, set della fiction “A un passo dal cielo”, con il mitico Terence Hill!
La testata della valle dei Dossi
Contrasti primaverili
Altre foto in questo album
Partiamo – io, Claudio ed Elisa – da casa alle 7 e arriviamo a Riva di Tures/Rein in Taufers, in val Aurina, verso le 9.15.
La giornata è splendida, le vedrette di Ries scintillano al sole.
Dopo uno strano e inquietante incontro con una vecchia “rivana” partiamo per il nostro giro: l'Alta Via di Riva di Tures/Reiner Höhenweg .
Dopo pochi passi, seguendo il segnavia 10, ci ritroviamo in mezzo a dei graziosi e simpatici vitelli, quando ci accorgiamo che dall'alto una mucca ci guarda storto, attraversiamo il rio Moosmaierbach e notiamo con un certo disagio che la mucca comincia a caricarci, con un salto da primatisti scavalchiamo la recinzione e ci ritroviamo al sicuro. Mucche da guardia!
Tagliamo obliquamente su nel bosco e c'imbattiamo nella strada forestale che ci indirizza verso l'alto con scorci mozzafiato su Collato/Hochgall, Collaspro/Wildgall, Monte Nevoso/Schneebiger Nock e Val Fredda/Geltal.
Giungiamo ai Lobiser Schupfen (1959 m), sette piccoli ricoveri per il fieno, costruiti uno accanto all'altro e unici in Alto Adige.
Bloccati da un camion ricolmo di letame ci fermiamo per una breve pausa. Nei cespugli alle nostre spalle è tutto un pigolio frenetico di galli forcelli.
Riprendiamo il cammino seguendo la strada (segnavia 1A) che da Acereto/Ahornach sale alla malga Moosmaier (2069 m) e alla malga Hirber (2096 m).
Da quest'ultima la larga pista diviene uno stretto sentiero balcone.
Sulle creste di cima Dura/Durreck noto un movimento, binocolo ed ecco una coppia di aquile, girano in tondo e poi planano su una cengia.. ci sarà il nido? Rimpiango di aver lasciato a casa il lungo!
Proseguiamo in costante sali e scendi fino all'Oberhütte (2211 m) dove, fra i fischi delle marmotte, ci fermiamo a pranzare.
Con il binocolo osservo le pietraie in alto, qui dovrebbero esserci dei camosci, ma non trovo niente; così cambio direzione e mi concentro sui bei monti che coronano la val dei Dossi/Knuttental e la val del Rio/Bachertal.
Finita la pausa proseguiamo, ma appena fatti pochi passi, attratti da un monolite di pietra, scatta il momento ignuz: arrampicata e foto garantite.
Proseguiamo in lieve discesa fino alla Durraalm (2096 m) e da qui, anziché scendere direttamente a Riva, prolunghiamo il giro.
Sotto le bianche lastre della Croda Bianca/Weisse Wand, singolare isola geologica di chiaro calcare che contrasta con l'imperante gneiss e scisto della zona, attraversiamo un profumato bosco di pini cembri e con ripidi svolte giungiamo ai casolari della Knuttenalm (1911 m) dove imbocchiamo la strada di fondovalle (segnavia 9).
Io ed Elisa attratte dalle fresche acque del Knuttenbach decidiamo di mettere a mollo i piedi provati dal caldo.. che goduria!
Dopo il bagno ristoratore proseguiamo e, non prima di aver abbracciato un enorme cimbro secolare, in breve rieccoci alla chiesa di Riva di Tures.
Qui si aggira ancora la vecchina che, guardandoci di sbieco, se ne ritorna a casa.. per spiarci poi da dietro delle spesse tende.. Shining!
Si conclude così una bellissima gita fuori porta, ma non la giornata.. abbiamo ancora di tempo di fare una puntata al leggendario Lago di Braies, set della fiction “A un passo dal cielo”, con il mitico Terence Hill!
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mercoledì 4 maggio 2011
Brutte notizie dall'Abruzzo: Ancora un orso morto nel Parco!
da questo link: http://www.parcoabruzzo.it/dettaglio.php?id=13226
Ancora un orso morto nel Parco!
Ancora una bruttissima notizia al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Pescasseroli, 03 Mag 11 - Un altro Orso marsicano trovato morto questa mattina all'alba presso Pescasseroli dalle Guardie del Parco, informate da un cittadino locale che aveva raccolto in un bar il racconto di un autista dell'Azienda regionale dei trasporti.
Intorno alle ore 6,30 le Guardie del Parco si sono recate sul posto, hanno effettuato i rilievi di prassi e recuperato la carcassa che era stata già attaccata da altri predatori (probabilmente cani).
Posto sotto sequestro giudiziario il corpo del plantigrado, una femmina adulta (15-20 anni circa), molto probabilmente madre di tre piccoli nati 16 mesi fa e perciò fortunatamente già svezzati, (che perdono comunque troppo presto la madre!) sarà oggetto di esami necroscopici innanzitutto e poi di analisi più approfondite, compresi esami tossicologici, per stabilire con esattezza le cause della morte, lo stato di salute premorte, eventuali presenze di altri fattori patologici. Dell'accaduto è stata ovviamente informata la competente Procura della Repubblica.
Anche se si tratta, molto probabilmente di investimento da mezzo meccanico (purtroppo nessuno ha denunciato l'investimento), prima della definizione degli esami da parte dei veterinari del Parco e della ASL e poi da parte dell'Istituto Zooprofilattico di Teramo, non possono essere escluse altre cause di morte.
Si tratta di un gravissimo danno per il Parco, che vede così ulteriormente ridotto il patrimonio naturale e ancora più a rischio la ormai modestissima popolazione di orso bruno marsicano.
Trattandosi poi di una femmina, ancora in piena età riproduttrice che in passato ha già dato un notevole contributo alla nascita di cuccioli e quindi alla sopravvivenza della specie, questo danno risulta praticamente incalcolabile.
Purtroppo, dice il Presidente del Parco, ogni qualvolta ci troviamo di fronte ad avvenimenti del genere, siamo costretti a ripetere un po' sempre le stesse cose. E' però ora del tutto evidente e ormai improcrastinabile per le istituzioni interessate adottare provvedimenti adeguati se vogliamo che questo straordinario e bellissimo animale non ci lasci per sempre.
Sarà importante, ad esempio, che le tre regioni diano un seguito concreto agli impegni assunti con la sottoscrizione del PATOM-Piano di Azione per la Tutela dell'Orso marsicano.
Gli stessi Comuni devono ad esempio essere più collaborativi con il Parco nel controllo generale del territorio, dai pascoli alle strade di penetrazione nelle zone più interne e in quota.
La chiusura di tante strade sterrate al traffico non autorizzato può assicurare una maggiore quiete e tranquillità all'orso, costretto altrimenti a continui spostamenti.
Nei prossimi giorni l'Ente rinnoverà in proposito l'invito ai Comuni del Parco, con l'assicurazione di tutta la collaborazione tecnica, sperando che venga accettato e si possa procedere a regolamentare gli accessi motorizzati nelle aree più delicate del nostro delicato territorio.
Anche le escursioni e le visite guidate all'interno del Parco devono rispettare questi luoghi: gli operatori devono essere sensibili a questa esigenza del Parco e dell'Orso.
Non è infatti indispensabile che i visitatori-escursionisti avvistino ad ogni costo il plantigrado.
L'importante è che l'Orso ci sia e chiunque viene al Parco sa che può "casualmente" vederlo. Senza necessità di invaderne "l'abitazione".
Come primo provvedimento, la Direzione ha disposto che visite e escursioni nelle aree di frequentazione del plantigrado non vengano promosse e pubblicate dall'Ente, escludendone innanzitutto la presenza sui propri strumenti multimediali. Poi, come detto, la Presidenza dell'Ente, invierà una comunicazione ai Comuni sulla questione delle strade, anticipando una riunione ad hoc.
Due anni fa, nella stessa zona, fu investito un cucciolo di orso che frequentava da qualche tempo quell'area.
Comunicato Stampa n. 32/2011
Ancora un orso morto nel Parco!
Ancora una bruttissima notizia al Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise.
Pescasseroli, 03 Mag 11 - Un altro Orso marsicano trovato morto questa mattina all'alba presso Pescasseroli dalle Guardie del Parco, informate da un cittadino locale che aveva raccolto in un bar il racconto di un autista dell'Azienda regionale dei trasporti.
Intorno alle ore 6,30 le Guardie del Parco si sono recate sul posto, hanno effettuato i rilievi di prassi e recuperato la carcassa che era stata già attaccata da altri predatori (probabilmente cani).
Posto sotto sequestro giudiziario il corpo del plantigrado, una femmina adulta (15-20 anni circa), molto probabilmente madre di tre piccoli nati 16 mesi fa e perciò fortunatamente già svezzati, (che perdono comunque troppo presto la madre!) sarà oggetto di esami necroscopici innanzitutto e poi di analisi più approfondite, compresi esami tossicologici, per stabilire con esattezza le cause della morte, lo stato di salute premorte, eventuali presenze di altri fattori patologici. Dell'accaduto è stata ovviamente informata la competente Procura della Repubblica.
Anche se si tratta, molto probabilmente di investimento da mezzo meccanico (purtroppo nessuno ha denunciato l'investimento), prima della definizione degli esami da parte dei veterinari del Parco e della ASL e poi da parte dell'Istituto Zooprofilattico di Teramo, non possono essere escluse altre cause di morte.
Si tratta di un gravissimo danno per il Parco, che vede così ulteriormente ridotto il patrimonio naturale e ancora più a rischio la ormai modestissima popolazione di orso bruno marsicano.
Trattandosi poi di una femmina, ancora in piena età riproduttrice che in passato ha già dato un notevole contributo alla nascita di cuccioli e quindi alla sopravvivenza della specie, questo danno risulta praticamente incalcolabile.
Purtroppo, dice il Presidente del Parco, ogni qualvolta ci troviamo di fronte ad avvenimenti del genere, siamo costretti a ripetere un po' sempre le stesse cose. E' però ora del tutto evidente e ormai improcrastinabile per le istituzioni interessate adottare provvedimenti adeguati se vogliamo che questo straordinario e bellissimo animale non ci lasci per sempre.
Sarà importante, ad esempio, che le tre regioni diano un seguito concreto agli impegni assunti con la sottoscrizione del PATOM-Piano di Azione per la Tutela dell'Orso marsicano.
Gli stessi Comuni devono ad esempio essere più collaborativi con il Parco nel controllo generale del territorio, dai pascoli alle strade di penetrazione nelle zone più interne e in quota.
La chiusura di tante strade sterrate al traffico non autorizzato può assicurare una maggiore quiete e tranquillità all'orso, costretto altrimenti a continui spostamenti.
Nei prossimi giorni l'Ente rinnoverà in proposito l'invito ai Comuni del Parco, con l'assicurazione di tutta la collaborazione tecnica, sperando che venga accettato e si possa procedere a regolamentare gli accessi motorizzati nelle aree più delicate del nostro delicato territorio.
Anche le escursioni e le visite guidate all'interno del Parco devono rispettare questi luoghi: gli operatori devono essere sensibili a questa esigenza del Parco e dell'Orso.
Non è infatti indispensabile che i visitatori-escursionisti avvistino ad ogni costo il plantigrado.
L'importante è che l'Orso ci sia e chiunque viene al Parco sa che può "casualmente" vederlo. Senza necessità di invaderne "l'abitazione".
Come primo provvedimento, la Direzione ha disposto che visite e escursioni nelle aree di frequentazione del plantigrado non vengano promosse e pubblicate dall'Ente, escludendone innanzitutto la presenza sui propri strumenti multimediali. Poi, come detto, la Presidenza dell'Ente, invierà una comunicazione ai Comuni sulla questione delle strade, anticipando una riunione ad hoc.
Due anni fa, nella stessa zona, fu investito un cucciolo di orso che frequentava da qualche tempo quell'area.
Comunicato Stampa n. 32/2011
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