Dopo la conquista, ormai datata 2009, del Legnone questa volta la scelta cade sul Grignone (ma là le cime finiscono tutte in "ione" :P?)
Con Claudio e Flavio, per evitare le code in autostrada, partiamo alla volta del lago di Como percorrendo la via dei monti, il che significa attraversare il Passo Tonale e l'Aprica.
A Bellano ci troviamo con Barbara e Luca e il pomeriggio trascorre velocemente con il "triangolare" in traghetto: Varenna - Bellagio - Menaggio.
La sera si va a cena con alcuni amici dei forum "Meteo Network" e "Centro Meteo Lombardo" e poi tutti a nanna dalla Barby.
Al suono della sveglia mi precipito alla finestra: verso nord il cielo è terso, peccato che noi dobbiamo andare a sud.
Passiamo a prendere Lorenza poi, vicino alla superstrada, ci troviamo con Andrea, il mitico Rambo.
Dal parcheggio Vò di Moncodeno (1436 m), posto poche centinaia di metri dopo il Rifugio Cainallo, c'incamminiamo verso la faggeta e iniziamo la salita.
Il sentiero prosegue a mezzacosta tagliando le friabili pendici orientali del monte Croce, incontriamo anche un tratto franato attrezzato con ponte di legno.
Giungiamo all'alpe Moncodeno che è piacevolmente invasa da numerose caprette.
Proseguiamo fino al rifugio Bogani (1816 m) dove Barbara e Lorenza ci aspetteranno per pranzo.
Io, Claudio, Flavio, Luca e Andrea invece ritorniamo brevemente sui nostri passi e imbocchiamo il sentiero che sale alla cresta di Piancaformia
La nostra guida - il Grigna - ci porta in mezzo a un'immonda mugheta, ma ben presto ritroviamo la retta via e valichiamo la bocchetta di Piancaformia (1803 m), crocevia per i rifugi Bietti e Bogani.
Qui ha inizio l'aerea via di cresta: verso il lago ci sono alcune nubi, ma tutto sommato si vede qualcosa, verso il Grignone invece c'è un nebbione da fuoco. Nonostante il clima, fa un caldo terribile.
La pendenza si fa decisa e in più punti si avanza su terreno roccioso aiutandosi talvolta con le mani, proseguiamo per tratti anche esposti in continua salita. Sul lato sinistro del sentiero si apre l'ormai familiare scenario carsico ricco di doline e inghiottitoi.
Superiamo la Bocchetta dei Guzzi (2095 m) dove parte il sentiero che scende ripidamente al rifugio Bietti. Ora proseguiamo sul lato sinistro del crinale su terreno roccioso e imbocchiamo la via normale.
Dopo aver superato una placca scivolosa, attrezzata con cavo metallico, ci aspetta l'ultimo tratto attrezzato. Grazie all'aiuto di una catena arriviamo al rifugio Luigi Brioschi (2403 m).
Solo pochi metri ci separano dal Grignone ovvero la cima settentrionale della Grigna (2409 m). Questa vetta offre uno splendido panorama, la vista abbraccia le guglie della Grignetta, il Resegone, il Lago di Como, i Monti Lariani e ticinesi, le vette del Rosa e quelle dell'Oberland, le Orobie.. noi però abbiamo potuto godere di questo ben di Dio solo in piccola parte.. maledetto "nebiun"!
Facciamo una piccola pausa, foto di rito e poi prendiamo il sentiero che percorre la cresta che collega il Grignone al Pizzo della Pieve dove imbocchiamo la via del Nevaio. Caliamo per un breve tratto attrezzato, superiamo poi una zona di sfasciumi instabili e c'imbattiamo nel primo grosso nevaio, a detta di Luca in gran forma.
Scendiamo scivolando sulla neve, superiamo una fascia di roccette e poi attraversiamo anche il secondo nevaio.
Oltrepassati i nevai costeggiamo un valloncello in ambiente severo, nell'aria echeggia il rumore dei climber che stanno chiodando una via sulla parete settentrionale del Pizzo della Pieve.
Giungiamo al bivio con il sentiero 36 che sale dal rifugio Riva e lo imbocchiamo. Sotto la parete meridionale di Cima del Palone i larici e i rododendri prendono ben presto il posto delle rocce.
Udiamo delle voci e profumo di cibo.. ecco la conca del Bogani dove ritroviamo Barbara e Lorenza e vai di pizzoccheriii!!!
Finita la pantagruelica mangiata ci fermiamo un po' ad ascoltare il gruppo di giovani musicisti che si esibisce fuori dal rifugio e poi ripercorriamo il sentiero dell'andata.
Arriva il triste momento degli arrivederci così, con sottofondo le dolci note di "Thunderstruck" degli AC/DC, ci diamo appuntamento alla prossima scarpinata!
Navigando sul lago
Bellagio
Foto di gruppo a Bellagio
Due sguardi dalla cresta
Vetta del Grignone
Luca e Andrea sul nevaio
Verso l'alpe Giumello
Previsioni meteo
Per quelli che non possono fare a meno della montagna... per quelli che aspettano la neve... per quelli che seguono l'ombra dell'orso...
domenica 31 luglio 2011
lunedì 25 luglio 2011
LOTTA FRA TASSI
La nostra fototrappola ha testimoniato questo epico scontro......
Sulle orme dell'orso...
Il giorno di S.Vigilio si decide di fare due passi con la chiara intenzione di evitare ricerche ursine... ma si può forse fuggire al proprio destino? No!
E dove finiranno i nostri passi? Esattamente su quelli di nostro fratello orso...
E dove finiranno i nostri passi? Esattamente su quelli di nostro fratello orso...
venerdì 22 luglio 2011
21-22/07/2011 Sentiero SOSAT e Sentiero Orsi: periplo del Brenta Centrale
Ci sono gite che, per una cosa o per l'altra vengono rimandate in continuazione, ma prima o poi, incastrando impegni vari, si riescono a fare.
Nella mia personale (e lunghissima) lista periodicamente spuntavano due nomi "sentiero Sosat" e "sentiero Orsi", così, approfittando di qualche giorno di ferie e dell'unica finestra di bel tempo, finalmente il progetto è divenuto realtà.. e Brenta sia!
Con Claudio ci dirigiamo verso il parcheggio di Vallesinella (1513 m), posteggiata l'auto ci carichiamo lo zaino in spalla che, tra attrezzatura da ferrata e l'occorrente per la notte in rifugio, pesa notevolmente.
Imbocchiamo il ripido sentiero 317 che sale al Rifugio Casinei; lungo il tragitto, tanto per cambiare, rinveniamo un'impronta del nostro fratello plantigrado.
Oltrepassiamo il Casinei (1850 m) e risaliamo verso il Rifugio Tuckett. Percorriamo questo tratto di sentiero in completa solitudine costeggiando un bel lariceto, gli scorci mozzafiato sulla Pietra Grande e sulla Presanella si sprecano.
Presto massi caotici e campi solcati prendono il posto del bosco e in men che non si dica siamo sulla terrazza del rifugio Tuckett (2270 m) dove facciamo una pausa osservando il sentiero che dovremmo percorrere di lì a breve ..mi chiedo "ma dove cavolo passa?".
Riprendiamo la marcia verso la bocca del Tuckett; ai piedi dell'omonima vedretta imbocchiamo il sentiero SOSAT che attraversa il versante nord occidentale del massiccio di Cima Brenta.
Ci infiliamo imbrago, kit da ferrata e casco.. mi fa sempre un certo effetto indossare queste attrezzature.
Incontriamo quasi subito dei gradoni di roccia che si superano grazie ad una scaletta e a delle funi; poi il sentiero prosegue per cenge a mezza costa dove bisogna prestar attenzione perché la roccia è bagnata dall'acqua di fusione della vedretta di Brenta Superiore.
Ora ci troviamo "sopra" il rifugio Tuckett in un pianoro disseminato da grossi e caotici massi creati dal continuo sgretolamento delle rocce dolomitiche. Attraversiamo questo piano e arriviamo su un "balcone" (2450 m) che si affaccia sul superbo Crozzon di Brenta e l'ardito Canalone Neri. Qui ha inizio la ferrata vera e propria, scendiamo per uno stretto camino e attraversiamo un caratteristico foro nella roccia. Tramite facile roccette attrezzate con cavo, staffe e scalette scendiamo nell'aspra gola che scende lungo le pareti delle Punte di Campiglio. Da qui è ben visibile il simbolo della SOSAT: la verticale scala lunga 30 metri!
Un gruppo di ragazzi romagnoli stanno facendo da tappo, quindi attendiamo un po' sul versante opposto. Poi, mentre Claudio filma, parto all'avventura: attraverso la cengia attrezzata, scendo una breve scaletta ed eccomi sotto la famigerata scala.
Comincio a risalirla, il peso dello zaino mi spinge indietro ma passo dopo passo procedo imperterrita ed eccomi finalmente in cima, sulla cengia.
“When all are one and one is all ..To be a rock and not to roll...And she's buying a stairway to heaven “ recitano i Led Zeppelin.
Lascio passare tre persone e poi mi sposto in avanti e, al calore del sole, attendo Claudio.
Percorriamo assieme la lunga cengia e giriamo lo spigolo nord delle Punte di Campiglio.. la vista sul rifugio Alimonta, sulle cime che lo circondano e sul Brentei è spettacolare.. anche se lo sguardo è attratto costantemente verso la mole della Tosa e del Crozzon.
Nel frattempo il tempo è peggiorato notevolmente: sulla Presanella sta piovendo, se non grandinando.
Aumentiamo un po' l'andatura e percorriamo l'ultima bassa cengia quasi a carponi. Poco più avanti rincontriamo i romagnoli, li superiamo nei pressi dell'ultimo camino attrezzato ed eccoci fuori dal "ferro"; tagliamo per ghiaioni e scendiamo al Brentei.
Al rifugio (2182 m) ci fermiamo a mangiare una decina di minuti poi il brontolio del temporale - anche se ancora relativamente distante - ci sprona a proseguire velocemente.
Risaliamo la val Brenta Alta: incredibile come nel giro di pochi metri si possa passare dal caos e dagli schiamazzi del rifugio, al silenzio delle crode.
Le nebbie giocano con i pinnacoli di Torre Prati, Bianchi e Nardelli, e anche il Basso fa mostra timidamente di se.
Attraversiamo la vedretta Bocca di Brenta, poi risaliamo un gradino roccioso attrezzato con cordino e infine affrontiamo l'ultimo ripido nevaio che ci porta sulla Bocchetta di Brenta (2552 m).
Il tempaccio incalza, percorriamo l'ultimo tratto di sentiero ed entriamo al riparo del rifugio Pedrotti (2491 m).
Dopo aver risolto un disguido circa la prenotazione, possiamo finalmente rilassarci bevendo del the caldo e sfogliando riviste.
Fuori imperversa il temporale: grandine, tuoni e turbinio di fulmini.
Dopo una fin troppo abbondante cena, usciamo a far due passi, le lontane Dolomiti fassane e l'amata Cima d'Asta emergono sfavillanti dalle nubi e un grosso arcobaleno fa capolino sopra le Piccole Dolomiti.
Calano le tenebre e tutti si ritirano nelle stanze. Bona not.
Circa alle 6 una potente luce rossa mi fa spalancare gli occhi, tempo due minuti e sono già fuori dal rifugio a godermi l'alba. Le cime che attorniano la Pozza Tramontana sono color cremisi e di egual coloro lo sono anche quelle che fanno da sfondo al rifugio.
Sto fuori a godermi il tepore e i colori del mattino, ancora una volta a bocca aperta di fronte a si tanta magnificenza.
Poi ritorno in camera, sveglio Claudio e facciamo colazione.
Salutiamo i rifugisti – gli indaffarati Nicolini - e scendiamo verso la dependance del Pedrotti, il rifugio Tosa; qui prendiamo il sentiero 303 denominato "Sentiero Osvaldo Orsi" o "Sentiero della Sega Alta" che le guide indicano come uno dei più remunerativi del gruppo dopo le Bocchette. Esso percorre la base orientale di tutta la catena centrale e a ogni passo dona scorci affascinanti.
Superiamo il canalone che scende dalla Bocchetta di Brenta, poi proseguiamo lungo il sentiero detritico.
L'alta valle che porta ai Massodi è inondata dal sole.
Ci troviamo ben presto nella busa degli Sfulmini, una conca selvaggia invasa da massi sul cui sfondo troviamo alcune cime "simbolo" del Brenta: la muraglia nord di Cima Brenta Alta, le cuspidi del Campanile Alto e Basso, seguono i denti degli Sfulmini, Torre di Brenta e Cima degli Armi.
Siamo senza parole estasiati dal panorama.
Proseguiamo in contro pendenza e incrociamo la targa ricordo a Pino Prati. Qui vicino parte anche la via ferrata Felice Spellini, inaugurata nel 2010 e dedicata alla guida scomparsa prematuramente.
Ora stiamo lambendo la busa degli Armi dove occhieggiano l'omonima cima, la cima di Molveno,lo Spallone del Massodi, Cima Baratieri e Punta Iolanda. Giungiamo alla sella (2510 m) che collega lo Spallone del Massodi al Naso dei Massodi e il panorama si apre sulla val Perse e sulle crode che la racchiudono.
Qui, vedendo che il sentiero in alcuni punti diventa solo un'esile traccia, mi sale un po' della solita paura o meglio, come giustamente fattomi notare da Claudio, la "paura di aver paura", ho un po' di tentennamenti, ma poi svaniscono e parto.
Si inizia subito con il tratto caratteristico di questo sentiero: la cosiddetta "Sega Alta", una lunga cengia ben attrezzata. Proseguiamo su un sentiero un po' friabile, poi incontriamo un nevaio un po' delicato: è ripido, la neve è dura e il cordino è coperto dalla neve.
Prestando molta attenzione lo attraversiamo gradinando per bene. Scendiamo ora, con facile arrampicata, su un costone roccioso. Siamo sotto l'imponente parete orientale di Cima Brenta, superiamo numerosi ghiaioni e facili nevai e poi eccoci dinnanzi al muro che sale alla Bocca del Tuckett.
Un po' per nevaio, un po' per ghiaioni, un po' a caso risaliamo costeggiando cima Sella e sbuffando sbuchiamo infine sulla Bocca del Tuckett (2648 m).. davanti a noi s'apre il sipario sull'alta valle del Tuckett e laggiù in fondo occhieggiano le mura del rifugio.
Breve sosta e poi giù per la vedretta di Tuckett (o vedretta di Brenta Inferiore), Claudio "scia" io scendo con calma.
Al rifugio pranziamo e ci rilassiamo al sole. Lo zainone mi ha stroncata, sulla spalla destra ho una piccola piaga.
A malincuore scendiamo verso il Casinei, dove ci fermiamo per una birretta e poi, ripudiando l'idea di arrivare troppo velocemente alla fine di questa due giorni, allunghiamo il cammino e imbocchiamo il “Sentiero dell'Orso” che ci porta a malga Vallesinella Alta (1681 m) e da questa scendiamo per il sentiero delle Cascate Alte.
Così, con lo scrosciare incessante del Sarca di Vallesinella che pulisce il corpo dalla fatiche, ma non la mente e il cuore dai ricordi e dalle emozioni vissute, giungiamo all'auto.
Bocca del Tuckett
Cladio, Canalone Neri e Crozzo di Brenta
Uno sguardo verso l'alta val Brenta
Per cenge
Verso l'Alimonta
Alba dal rifugio Pedrotti
Dal sentiero Orsi uno sguardo al rifugio Pedrotti e Tosa
Io e Cla nella Busa degli Sfulmini
Claudio e il Basso
Scorci dal sentiero Orsi
Ferrata SOSAT
Cala la sera
Walking..
Nevaio
Nella mia personale (e lunghissima) lista periodicamente spuntavano due nomi "sentiero Sosat" e "sentiero Orsi", così, approfittando di qualche giorno di ferie e dell'unica finestra di bel tempo, finalmente il progetto è divenuto realtà.. e Brenta sia!
Con Claudio ci dirigiamo verso il parcheggio di Vallesinella (1513 m), posteggiata l'auto ci carichiamo lo zaino in spalla che, tra attrezzatura da ferrata e l'occorrente per la notte in rifugio, pesa notevolmente.
Imbocchiamo il ripido sentiero 317 che sale al Rifugio Casinei; lungo il tragitto, tanto per cambiare, rinveniamo un'impronta del nostro fratello plantigrado.
Oltrepassiamo il Casinei (1850 m) e risaliamo verso il Rifugio Tuckett. Percorriamo questo tratto di sentiero in completa solitudine costeggiando un bel lariceto, gli scorci mozzafiato sulla Pietra Grande e sulla Presanella si sprecano.
Presto massi caotici e campi solcati prendono il posto del bosco e in men che non si dica siamo sulla terrazza del rifugio Tuckett (2270 m) dove facciamo una pausa osservando il sentiero che dovremmo percorrere di lì a breve ..mi chiedo "ma dove cavolo passa?".
Riprendiamo la marcia verso la bocca del Tuckett; ai piedi dell'omonima vedretta imbocchiamo il sentiero SOSAT che attraversa il versante nord occidentale del massiccio di Cima Brenta.
Ci infiliamo imbrago, kit da ferrata e casco.. mi fa sempre un certo effetto indossare queste attrezzature.
Incontriamo quasi subito dei gradoni di roccia che si superano grazie ad una scaletta e a delle funi; poi il sentiero prosegue per cenge a mezza costa dove bisogna prestar attenzione perché la roccia è bagnata dall'acqua di fusione della vedretta di Brenta Superiore.
Ora ci troviamo "sopra" il rifugio Tuckett in un pianoro disseminato da grossi e caotici massi creati dal continuo sgretolamento delle rocce dolomitiche. Attraversiamo questo piano e arriviamo su un "balcone" (2450 m) che si affaccia sul superbo Crozzon di Brenta e l'ardito Canalone Neri. Qui ha inizio la ferrata vera e propria, scendiamo per uno stretto camino e attraversiamo un caratteristico foro nella roccia. Tramite facile roccette attrezzate con cavo, staffe e scalette scendiamo nell'aspra gola che scende lungo le pareti delle Punte di Campiglio. Da qui è ben visibile il simbolo della SOSAT: la verticale scala lunga 30 metri!
Un gruppo di ragazzi romagnoli stanno facendo da tappo, quindi attendiamo un po' sul versante opposto. Poi, mentre Claudio filma, parto all'avventura: attraverso la cengia attrezzata, scendo una breve scaletta ed eccomi sotto la famigerata scala.
Comincio a risalirla, il peso dello zaino mi spinge indietro ma passo dopo passo procedo imperterrita ed eccomi finalmente in cima, sulla cengia.
“When all are one and one is all ..To be a rock and not to roll...And she's buying a stairway to heaven “ recitano i Led Zeppelin.
Lascio passare tre persone e poi mi sposto in avanti e, al calore del sole, attendo Claudio.
Percorriamo assieme la lunga cengia e giriamo lo spigolo nord delle Punte di Campiglio.. la vista sul rifugio Alimonta, sulle cime che lo circondano e sul Brentei è spettacolare.. anche se lo sguardo è attratto costantemente verso la mole della Tosa e del Crozzon.
Nel frattempo il tempo è peggiorato notevolmente: sulla Presanella sta piovendo, se non grandinando.
Aumentiamo un po' l'andatura e percorriamo l'ultima bassa cengia quasi a carponi. Poco più avanti rincontriamo i romagnoli, li superiamo nei pressi dell'ultimo camino attrezzato ed eccoci fuori dal "ferro"; tagliamo per ghiaioni e scendiamo al Brentei.
Al rifugio (2182 m) ci fermiamo a mangiare una decina di minuti poi il brontolio del temporale - anche se ancora relativamente distante - ci sprona a proseguire velocemente.
Risaliamo la val Brenta Alta: incredibile come nel giro di pochi metri si possa passare dal caos e dagli schiamazzi del rifugio, al silenzio delle crode.
Le nebbie giocano con i pinnacoli di Torre Prati, Bianchi e Nardelli, e anche il Basso fa mostra timidamente di se.
Attraversiamo la vedretta Bocca di Brenta, poi risaliamo un gradino roccioso attrezzato con cordino e infine affrontiamo l'ultimo ripido nevaio che ci porta sulla Bocchetta di Brenta (2552 m).
Il tempaccio incalza, percorriamo l'ultimo tratto di sentiero ed entriamo al riparo del rifugio Pedrotti (2491 m).
Dopo aver risolto un disguido circa la prenotazione, possiamo finalmente rilassarci bevendo del the caldo e sfogliando riviste.
Fuori imperversa il temporale: grandine, tuoni e turbinio di fulmini.
Dopo una fin troppo abbondante cena, usciamo a far due passi, le lontane Dolomiti fassane e l'amata Cima d'Asta emergono sfavillanti dalle nubi e un grosso arcobaleno fa capolino sopra le Piccole Dolomiti.
Calano le tenebre e tutti si ritirano nelle stanze. Bona not.
Circa alle 6 una potente luce rossa mi fa spalancare gli occhi, tempo due minuti e sono già fuori dal rifugio a godermi l'alba. Le cime che attorniano la Pozza Tramontana sono color cremisi e di egual coloro lo sono anche quelle che fanno da sfondo al rifugio.
Sto fuori a godermi il tepore e i colori del mattino, ancora una volta a bocca aperta di fronte a si tanta magnificenza.
Poi ritorno in camera, sveglio Claudio e facciamo colazione.
Salutiamo i rifugisti – gli indaffarati Nicolini - e scendiamo verso la dependance del Pedrotti, il rifugio Tosa; qui prendiamo il sentiero 303 denominato "Sentiero Osvaldo Orsi" o "Sentiero della Sega Alta" che le guide indicano come uno dei più remunerativi del gruppo dopo le Bocchette. Esso percorre la base orientale di tutta la catena centrale e a ogni passo dona scorci affascinanti.
Superiamo il canalone che scende dalla Bocchetta di Brenta, poi proseguiamo lungo il sentiero detritico.
L'alta valle che porta ai Massodi è inondata dal sole.
Ci troviamo ben presto nella busa degli Sfulmini, una conca selvaggia invasa da massi sul cui sfondo troviamo alcune cime "simbolo" del Brenta: la muraglia nord di Cima Brenta Alta, le cuspidi del Campanile Alto e Basso, seguono i denti degli Sfulmini, Torre di Brenta e Cima degli Armi.
Siamo senza parole estasiati dal panorama.
Proseguiamo in contro pendenza e incrociamo la targa ricordo a Pino Prati. Qui vicino parte anche la via ferrata Felice Spellini, inaugurata nel 2010 e dedicata alla guida scomparsa prematuramente.
Ora stiamo lambendo la busa degli Armi dove occhieggiano l'omonima cima, la cima di Molveno,lo Spallone del Massodi, Cima Baratieri e Punta Iolanda. Giungiamo alla sella (2510 m) che collega lo Spallone del Massodi al Naso dei Massodi e il panorama si apre sulla val Perse e sulle crode che la racchiudono.
Qui, vedendo che il sentiero in alcuni punti diventa solo un'esile traccia, mi sale un po' della solita paura o meglio, come giustamente fattomi notare da Claudio, la "paura di aver paura", ho un po' di tentennamenti, ma poi svaniscono e parto.
Si inizia subito con il tratto caratteristico di questo sentiero: la cosiddetta "Sega Alta", una lunga cengia ben attrezzata. Proseguiamo su un sentiero un po' friabile, poi incontriamo un nevaio un po' delicato: è ripido, la neve è dura e il cordino è coperto dalla neve.
Prestando molta attenzione lo attraversiamo gradinando per bene. Scendiamo ora, con facile arrampicata, su un costone roccioso. Siamo sotto l'imponente parete orientale di Cima Brenta, superiamo numerosi ghiaioni e facili nevai e poi eccoci dinnanzi al muro che sale alla Bocca del Tuckett.
Un po' per nevaio, un po' per ghiaioni, un po' a caso risaliamo costeggiando cima Sella e sbuffando sbuchiamo infine sulla Bocca del Tuckett (2648 m).. davanti a noi s'apre il sipario sull'alta valle del Tuckett e laggiù in fondo occhieggiano le mura del rifugio.
Breve sosta e poi giù per la vedretta di Tuckett (o vedretta di Brenta Inferiore), Claudio "scia" io scendo con calma.
Al rifugio pranziamo e ci rilassiamo al sole. Lo zainone mi ha stroncata, sulla spalla destra ho una piccola piaga.
A malincuore scendiamo verso il Casinei, dove ci fermiamo per una birretta e poi, ripudiando l'idea di arrivare troppo velocemente alla fine di questa due giorni, allunghiamo il cammino e imbocchiamo il “Sentiero dell'Orso” che ci porta a malga Vallesinella Alta (1681 m) e da questa scendiamo per il sentiero delle Cascate Alte.
Così, con lo scrosciare incessante del Sarca di Vallesinella che pulisce il corpo dalla fatiche, ma non la mente e il cuore dai ricordi e dalle emozioni vissute, giungiamo all'auto.
Bocca del Tuckett
Cladio, Canalone Neri e Crozzo di Brenta
Uno sguardo verso l'alta val Brenta
Per cenge
Verso l'Alimonta
Alba dal rifugio Pedrotti
Dal sentiero Orsi uno sguardo al rifugio Pedrotti e Tosa
Io e Cla nella Busa degli Sfulmini
Claudio e il Basso
Scorci dal sentiero Orsi
Ferrata SOSAT
Cala la sera
Walking..
Nevaio
sabato 16 luglio 2011
lunedì 11 luglio 2011
domenica 3 luglio 2011
02-03/07/2011 Trekking al femminile - Atto II - Traversata dello Sciliar (Alto Adige)
E' giunta l'ora della 2^ edizione del trekking al femminile, quest'anno al trio consolidato - Rita, Elisa e Linda - si unisce, dalle Giudicarie con furore, Manuela.
Dopo un caffè in quel di Tires, risaliamo l'omonima valle e parcheggiamo l'auto sopra l'abitato di Lavina Bianca (1200 m). Dopo aver sbagliato l'attacco del sentiero - distrazione da "ciacere" - imbocchiamo il sentiero 2 che percorre la ripida Bärenfallen (Val Orsara).
Dapprima risaliamo verso la testata della val Ciamin poi pieghiamo bruscamente verso l'alto.
L'ambiente è suggestivo, stiamo risalendo un ripido e austero canalone; dopo aver superato un'inquietante statua lignea raffigurante, guarda caso, un orso inizia il tratto attrezzato con ponti di legno.
Terminata la rampa sbuchiamo alla sella di Cavaccio (2018 m) e qui la vista comincia ad aprirsi sull'altopiano dello Sciliar.
E' presto così decidiamo di un mangiare un po' più in alto. Sotto di noi si apre una graziosa valletta con al centro la malga Sesselschwaige; anziché scendere, percorriamo in diagonale il sentiero 2 e ci fermiamo a pranzare in mezzo a violacee negritelle.
La temperatura non ci permette d'indugiare a lungo, così ben presto ci rimettiamo in cammino. Man mano che risaliamo la vista alle nostre spalle s'apre sempre più, dai verdi altopiani dove brucano placide mucche fanno capolino le ardite guglie del Rosengarten. Ancora un piccolo sforzo - premiato dal ritrovamento di alcune stelle alpine - ed eccoci al rifugio Bolzano/Schlernhaus (2455 m), nostro ricovero per la notte.
Il panorama s'apre sull'estesa alpe di Siusi, sul Sassolungo, sulle Cime di Terrarossa, Odle.. e ancora Ortles, Cevedale, Brenta.. e via dicendo fino al solito onnipresente Palon!
Vista la temperatura ci diamo al the caldo poi, verso le 5, saliamo la cima del Monte Petz (2568 m).
Finalmente il sole ci dona un po' di tepore, il cielo è costellato da bianche nubi che, con la chiara roccia dolomitica e i verdi pascoli, creano giochi di luce sublimi. Stiamo in vetta quasi un'oretta e poi di corsa a cena, che viene servita rigorosamente dalle 6 alle 7.
Dopo aver gustato prelibatezze sudtirolesi, ovviamente annaffiate con della buona birra, andiamo a far due passi per l'altopiano.
Il sole sta tramontando creando mille riflessi color oro sulle nubi.
Il "giardino di Re Laurino" sta raggiungendo il suo antico splendore.
Regna una pace divina, il silenzio è rotto solamente dai campanacci delle mucche.
Ci sparpagliamo per l'altopiano assorte nei nostri pensieri ed emozioni.
Rincasiamo congelate, il termometro (posto in un luogo riparato) segna +2°, ma con il vento la temperatura percepita è sicuramente inferiore. Beviamo mezzo litro di limonata calda (della serie o la va o la spacca!) e poi a branda visto che la sveglia è fissata alle 4.40. Gute nacht!
La sveglia suona. Sono stanchissima. L'umidità prima e la contro reazione calda poi non mi hanno fatto passare una bella notte. Apro le imposte e verso Sennes vedo i primi bagliori del nuovo giorno.
Sveglio Linda e poco dopo ci ritroviamo tutte e quattro nell'atrio del rifugio. Usciamo.
Il solito termometro segna +1°.
Risaliamo al Petz e ci fermiamo in cima. Il vento è tagliente come la lama di un rasoio.
Poco dopo veniamo raggiunte da una chiassosa comitiva di tedeschi così ci spostiamo più in là e attendiamo la magia.
Il Sassolungo pian piano impallidisce, dietro di lui il Pelmo diventa rosa e poi violetto. Il sole sta sbucando oltre le Odle, ma è coperto da un banco di nubi.
Un tremito. Il primo raggio di sole oltrepassa le nubi e il tepore c'inonda il viso.
Questo è un momento magico, uno dei più belli che madre Natura ci dona.
" L'alba ha una sua misteriosa grandezza che si compone d'un residuo di sogno e d'un principio di pensiero. - Victor Hugo"
Stiamo ancora un po' in cima, poi alle 6.15 ritorniamo a letto, dove finalmente riesco a dormire decentemente un'oretta.
Alle 7.30 colazione e poi c'incamminiamo dapprima lungo il sentiero 1 poi lungo il sentiero 4 che percorre il vasto altopiano dello Sciliar.
Giungiamo infine ai piedi della cresta delle Cime di Terrarossa e a malincuore dobbiamo abbandonare l'altopiano. Percorriamo un friabile traverso in ambiente austero, giriamo l'angolo e fa capolino il rifugio Alpe di Tires/Tierser alp.
Sotto di noi un "dirupo".. ed è da là che dobbiamo scendere .. dal Buco dell'Orso/Bärenloch.
Arriviamo al bivio con il sentiero 3 e facciamo una breve sosta poi via all'avventura. Pochi passi e cominciano le prime attrezzature. Caliamo lungo la gola in ambiente severo, ma affascinante.
Pian piano ritorna il bosco, prima larici, cirmi e mughi poi la pecceta.
Giungiamo al bivio che porta al rifugio Bergamo ancora mezz'oretta e siamo ai prati della baita Rechter Leger (1616 m) dove pranziamo togliendoci rigorosamente gli scarponi e, dopo aver patito il freddo per due giorni, finalmente ci scaldiamo al sole. Le crode che ci circondando catturano totalmente la nostra attenzione.
Mi sale l'immancabile malinconia per l'imminente fine di questo "viaggio".
Due giorni ricchi di emozioni, di divertimento, di chiacchiere, di silenzi, di amicizia si stanno per concludere.. ora c'è spazio solo per i ricordi.
Ci rimettiamo gli scarponi e percorriamo l'ultimo tratto della val Ciamin e giungiamo, sotto un sole impietoso, all'auto.
E termina così anche quest'avventura.. ma già si pensa dove si potrebbe andare l'anno prossimo!
Uno sguardo verso i Denti di Terrarossa e il Sassolungo
Rosengarten
Foto di vetta
Il Rifugio Bolzano
Linda sognante
Eli e Manu
Contrasti sull'altopiano dello Sciliar
Ometto
Solitudini serali
Tramonto
L'alba di un nuovo giorno
Sulla via del ritorno
Dopo un caffè in quel di Tires, risaliamo l'omonima valle e parcheggiamo l'auto sopra l'abitato di Lavina Bianca (1200 m). Dopo aver sbagliato l'attacco del sentiero - distrazione da "ciacere" - imbocchiamo il sentiero 2 che percorre la ripida Bärenfallen (Val Orsara).
Dapprima risaliamo verso la testata della val Ciamin poi pieghiamo bruscamente verso l'alto.
L'ambiente è suggestivo, stiamo risalendo un ripido e austero canalone; dopo aver superato un'inquietante statua lignea raffigurante, guarda caso, un orso inizia il tratto attrezzato con ponti di legno.
Terminata la rampa sbuchiamo alla sella di Cavaccio (2018 m) e qui la vista comincia ad aprirsi sull'altopiano dello Sciliar.
E' presto così decidiamo di un mangiare un po' più in alto. Sotto di noi si apre una graziosa valletta con al centro la malga Sesselschwaige; anziché scendere, percorriamo in diagonale il sentiero 2 e ci fermiamo a pranzare in mezzo a violacee negritelle.
La temperatura non ci permette d'indugiare a lungo, così ben presto ci rimettiamo in cammino. Man mano che risaliamo la vista alle nostre spalle s'apre sempre più, dai verdi altopiani dove brucano placide mucche fanno capolino le ardite guglie del Rosengarten. Ancora un piccolo sforzo - premiato dal ritrovamento di alcune stelle alpine - ed eccoci al rifugio Bolzano/Schlernhaus (2455 m), nostro ricovero per la notte.
Il panorama s'apre sull'estesa alpe di Siusi, sul Sassolungo, sulle Cime di Terrarossa, Odle.. e ancora Ortles, Cevedale, Brenta.. e via dicendo fino al solito onnipresente Palon!
Vista la temperatura ci diamo al the caldo poi, verso le 5, saliamo la cima del Monte Petz (2568 m).
Finalmente il sole ci dona un po' di tepore, il cielo è costellato da bianche nubi che, con la chiara roccia dolomitica e i verdi pascoli, creano giochi di luce sublimi. Stiamo in vetta quasi un'oretta e poi di corsa a cena, che viene servita rigorosamente dalle 6 alle 7.
Dopo aver gustato prelibatezze sudtirolesi, ovviamente annaffiate con della buona birra, andiamo a far due passi per l'altopiano.
Il sole sta tramontando creando mille riflessi color oro sulle nubi.
Il "giardino di Re Laurino" sta raggiungendo il suo antico splendore.
Regna una pace divina, il silenzio è rotto solamente dai campanacci delle mucche.
Ci sparpagliamo per l'altopiano assorte nei nostri pensieri ed emozioni.
Rincasiamo congelate, il termometro (posto in un luogo riparato) segna +2°, ma con il vento la temperatura percepita è sicuramente inferiore. Beviamo mezzo litro di limonata calda (della serie o la va o la spacca!) e poi a branda visto che la sveglia è fissata alle 4.40. Gute nacht!
La sveglia suona. Sono stanchissima. L'umidità prima e la contro reazione calda poi non mi hanno fatto passare una bella notte. Apro le imposte e verso Sennes vedo i primi bagliori del nuovo giorno.
Sveglio Linda e poco dopo ci ritroviamo tutte e quattro nell'atrio del rifugio. Usciamo.
Il solito termometro segna +1°.
Risaliamo al Petz e ci fermiamo in cima. Il vento è tagliente come la lama di un rasoio.
Poco dopo veniamo raggiunte da una chiassosa comitiva di tedeschi così ci spostiamo più in là e attendiamo la magia.
Il Sassolungo pian piano impallidisce, dietro di lui il Pelmo diventa rosa e poi violetto. Il sole sta sbucando oltre le Odle, ma è coperto da un banco di nubi.
Un tremito. Il primo raggio di sole oltrepassa le nubi e il tepore c'inonda il viso.
Questo è un momento magico, uno dei più belli che madre Natura ci dona.
" L'alba ha una sua misteriosa grandezza che si compone d'un residuo di sogno e d'un principio di pensiero. - Victor Hugo"
Stiamo ancora un po' in cima, poi alle 6.15 ritorniamo a letto, dove finalmente riesco a dormire decentemente un'oretta.
Alle 7.30 colazione e poi c'incamminiamo dapprima lungo il sentiero 1 poi lungo il sentiero 4 che percorre il vasto altopiano dello Sciliar.
Giungiamo infine ai piedi della cresta delle Cime di Terrarossa e a malincuore dobbiamo abbandonare l'altopiano. Percorriamo un friabile traverso in ambiente austero, giriamo l'angolo e fa capolino il rifugio Alpe di Tires/Tierser alp.
Sotto di noi un "dirupo".. ed è da là che dobbiamo scendere .. dal Buco dell'Orso/Bärenloch.
Arriviamo al bivio con il sentiero 3 e facciamo una breve sosta poi via all'avventura. Pochi passi e cominciano le prime attrezzature. Caliamo lungo la gola in ambiente severo, ma affascinante.
Pian piano ritorna il bosco, prima larici, cirmi e mughi poi la pecceta.
Giungiamo al bivio che porta al rifugio Bergamo ancora mezz'oretta e siamo ai prati della baita Rechter Leger (1616 m) dove pranziamo togliendoci rigorosamente gli scarponi e, dopo aver patito il freddo per due giorni, finalmente ci scaldiamo al sole. Le crode che ci circondando catturano totalmente la nostra attenzione.
Mi sale l'immancabile malinconia per l'imminente fine di questo "viaggio".
Due giorni ricchi di emozioni, di divertimento, di chiacchiere, di silenzi, di amicizia si stanno per concludere.. ora c'è spazio solo per i ricordi.
Ci rimettiamo gli scarponi e percorriamo l'ultimo tratto della val Ciamin e giungiamo, sotto un sole impietoso, all'auto.
E termina così anche quest'avventura.. ma già si pensa dove si potrebbe andare l'anno prossimo!
Uno sguardo verso i Denti di Terrarossa e il Sassolungo
Rosengarten
Foto di vetta
Il Rifugio Bolzano
Linda sognante
Eli e Manu
Contrasti sull'altopiano dello Sciliar
Ometto
Solitudini serali
Tramonto
L'alba di un nuovo giorno
Sulla via del ritorno
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