La meta prefissata della gita era Malga Spora Piccola, ma poi ci siamo lasciati rapire dalla selvaggia bellezza della val Sporeggio.
Questa valle è collocata tra le pendici orientali del sottogruppo della Campa e il Monte Fausiòr ed è un settore del Brenta poco frequentato composto da vallette solitarie e sperdute. Questa zona è stata l’areale dove sopravvivevano gli ultimi esemplari autoctoni di orso bruno del Trentino.
Parcheggiamo l'auto nei pressi dei ruderi del Castel Rovina (595 m) all'imbocco della val Goslada e cominciamo a risalire la strada forestale immersa in una verde faggeta.
A circa 700 metri decidiamo di prendere un pista (non indicata sulle carte) che svolta a sinistra. Già dai primi passi siamo catturati dall'ambiente che ci circonda e decidiamo di andare in esplorazione. Di lì a poco il sentiero si fa esposto, ma un cordino d'acciaio aiuta la progressione. Ignorando diversi bivi giungiamo in un pianoro ricco di abeti chiamato Plan de Solac' (ca 730 m), piccola pausa con annesso controllo dei numerosi grattatoi ivi presenti e poi proseguiamo sempre diritti.
Superiamo un altro tratto attrezzato con bei scorci su Spormaggiore e Cavedago e c'inoltriamo sempre più verso la testata della valle, un capriolo che scappa via improvvisamente ci fa prendere un bello spavento. All'ennesimo incrocio, ovviamente non segnalato sulla carta, proviamo a risalire lungo una forestale, ma arrivati a ca 850 metri ritorniamo sui nostri passi.
E' mezzogiorno passato e decidiamo di fermarci a pranzare nei pressi dell'ultimo panoramico tratto attrezzato.
Dopo un “simpatico” incontro con un “carbonaz”, riprendiamo il cammino e cominciamo a risalire per l'ennesima pista che dovrebbe portare a malga Spora Piccola, ma ad un certo punto il sentiero sparisce, decidiamo comunque di proseguire seguendo un'esilissima traccia. Arranchiamo mostruosamente, anche con quattro “zampe”, per circa mezz'ora e finalmente a 1130 metri sbuchiamo nei pressi di un palco da caccia e da qui a breve sulla strada per malga Spora.
Riposiamo un po' e caliamo poi lungo la strada tagliando qualche curva ripromettendoci di non prendere altri sentieri non mappati.. appena finito di dirlo ed ecco un'invitante traccia ben marcata.. non ci pensiamo due volte e la prendiamo e come per magia ricapitiamo al crocevia di Plan de Solac'. Da qui ripercorriamo il famigliare sentierino esposto e in men che non si dica giungiamo al parcheggio.
Bellissima gita.. never stop exploring :) !
Claudio e la verde Val Sporeggio
Per quelli che non possono fare a meno della montagna... per quelli che aspettano la neve... per quelli che seguono l'ombra dell'orso...
sabato 23 aprile 2011
venerdì 22 aprile 2011
22/04/2011 Circumnavigazione del "Falso Signore" (Monte Fausior)
Con Claudio approfittiamo del venerdì di ferie per fare un giro sul vicino Monte Fausior.
Partiamo da Fai della Paganella dalla località "Fontana Bianca" verso le 12 e imbocchiamo il ripido sentiero delle Scalette (o Scalaze), un bel sentiero che taglia la parete sud-est del Fausior.
In breve giungiamo a Pragrant, un'ampia radura puntellata da qualche piccola baita, dove decidiamo di pranzare.
Da qui anziché girare verso la Baita Campedel proseguiamo sulla forestale che gira sul lato nord del monte. Ad un certo punto prendiamo una traccia non segnata e cominciamo la nostra esplorazione.
Camminare sui sentieri non convenzionali è un'abitudine che stiamo prendendo ultimamente e devo ammettere che la cosa ha un certo fascino. Questa scelta è stata incentivata dal fatto di avere con noi il GPS, anche se, lo sottolineo, prima di tutto viene la cartina. Il GPS è un strumento utile per sapere la quota, per le coordinate e per l'elaborazione successiva del percorso e dei waypoint, ma non deve MAI, dico MAI sostituire i mezzi tradizionali!
Proseguiamo fino a sbucare sulla forestale che sale da Spormaggiore e che porta alla grotta della Lovara. Seguiamo questa strada fino alla malga Val dei Brenzi (1194 m), malga preceduta da ampi e verdi prati. Nel cielo echeggia il grido della poiana.
Facciamo una piccola pausa e poi riprendiamo la strada della Mozzane Alte per poi imboccare un ripido sentiero che ci porterà alla famigliare Baita Campedel. Attraversiamo vallette e doline, in un ambiente forestale unico, alcuni caprioli corrono via e un'altra poiana si alza in volo a pochi metri da noi.
Giunti alla Baita Campedel risaliamo fino alla soprastante strada forestale.
La percorriamo un poco e poi prendiamo il sentiero di Cortalta che scende in picchiata verso Fai. Facciamo una breve pausa su di un punto panoramico e poi caliamo in località Pineta dove ci congiungiamo al sentiero “Ardito Desio” che ci riporta celermente al parcheggio.
Partiamo da Fai della Paganella dalla località "Fontana Bianca" verso le 12 e imbocchiamo il ripido sentiero delle Scalette (o Scalaze), un bel sentiero che taglia la parete sud-est del Fausior.
In breve giungiamo a Pragrant, un'ampia radura puntellata da qualche piccola baita, dove decidiamo di pranzare.
Da qui anziché girare verso la Baita Campedel proseguiamo sulla forestale che gira sul lato nord del monte. Ad un certo punto prendiamo una traccia non segnata e cominciamo la nostra esplorazione.
Camminare sui sentieri non convenzionali è un'abitudine che stiamo prendendo ultimamente e devo ammettere che la cosa ha un certo fascino. Questa scelta è stata incentivata dal fatto di avere con noi il GPS, anche se, lo sottolineo, prima di tutto viene la cartina. Il GPS è un strumento utile per sapere la quota, per le coordinate e per l'elaborazione successiva del percorso e dei waypoint, ma non deve MAI, dico MAI sostituire i mezzi tradizionali!
Proseguiamo fino a sbucare sulla forestale che sale da Spormaggiore e che porta alla grotta della Lovara. Seguiamo questa strada fino alla malga Val dei Brenzi (1194 m), malga preceduta da ampi e verdi prati. Nel cielo echeggia il grido della poiana.
Facciamo una piccola pausa e poi riprendiamo la strada della Mozzane Alte per poi imboccare un ripido sentiero che ci porterà alla famigliare Baita Campedel. Attraversiamo vallette e doline, in un ambiente forestale unico, alcuni caprioli corrono via e un'altra poiana si alza in volo a pochi metri da noi.
Giunti alla Baita Campedel risaliamo fino alla soprastante strada forestale.
La percorriamo un poco e poi prendiamo il sentiero di Cortalta che scende in picchiata verso Fai. Facciamo una breve pausa su di un punto panoramico e poi caliamo in località Pineta dove ci congiungiamo al sentiero “Ardito Desio” che ci riporta celermente al parcheggio.
mercoledì 20 aprile 2011
"Una strada per unire val Saviore e Daone"
Questa mattina ascoltando la rassegna stampa mi è andato di traverso il tè... a sto punto in nome dello sviluppo torneranno a riproporre la strada che collega Tovel al Grostè, l'impianto che attraversa la Bocca di Brenta, ecc ecc ecc... mah.... !!!
Da L'Adige del 20/04/2011
"Una strada per unire val Saviore e Daone"
di Giuliano Beltrami
Malga Bissina, lago Campo, passo di Campo... Uno sguardo verso il Re di Castello e poi giù, verso il rifugio Brescia, verso la val Saviore, nel silenzio di zone meno battute dai flussi turistici di altre vallate dell’Adamello. Nelle belle giornate
d’estate senti il fischio della marmotta nell’aria frizzante. Il pensiero corre
ai soldati italiani che oltre novant’anni fa, durante la Grande Guerra, percorsero questi crinali, costruirono mulattiere, teleferiche e baraccamenti, si scontrarono con gli austriaci, uccisero e vennero uccisi. Siamo al confine fra Trentino e Lombardia, in cima alla valle di Daone, dove la proprietà catastale si intreccia
fra Comuni giudicariesi e camuni: Paspardo, Saviore, Daone... Sono terre di contrabbandieri (un tempo), di cacciatori e di bracconieri (un tempo e magari anche oggi), terre di escursionisti, a piedi o in mountain bike.
I bresciani hanno un sogno nel cassetto, e lo hanno tirato fuori: realizzare una strada per collegare la val Saviore e la valle di Daone, quindi (per farla larga) la val Camonica e le Giudicarie e, se proprio vogliamo allargarci del tutto, il lago d’Iseo e il Garda.
I sindaci di Cevo e Saviore ne hanno parlato con il loro collega di Daone Ugo Pellizzari, con un obiettivo: approfittare dei fondi messi a disposizione dallo Stato per i Comuni confinanti con le Province e le Regioni autonome.
In proposito un recente decreto ministeriale stabilisce che simili finanziamenti
siano rubricati alla voce opere di eccellenza in grado di unire territori confinanti. «C’è un’occasione migliore di una strada che scavalca il confine?», si sono chiesti i due sindaci.
Dove sta la ratio di un simile progetto? «Nel turismo», hanno pensato i sindaci della val Camonica, immaginando un collegamento più veloce dell’attuale verso il lago di Garda. Alla stampa bresciana hanno spiegato di avere un modello in testa: «Quello della strada del Mortirolo». Vuoi vedere che c’è già chi pensa ad una tappa del Giro d’Italia?
Oggi esiste una strada sterrata che in partenza dalla località Rasega, nei pressi del campo sportivo, passa sul territorio di Cevo e costeggia il lago D’Arno. Il progetto prevede la salita al Passo di Campo per piombare su Bissina. Strada lunga una ventina di chilometri e larga tre metri. «Dobbiamo affrettarci - hanno dichiarato i sindaci di Cevo e Saviore dell’Adamello alla stampa - per esporre il progetto, che va consegnato entro la metà di giugno, così da essere inserito nella graduatoria.
In tal modo intendiamo togliere la val Saviore dall’isolamento; la strada sarebbe frequentata nel periodo estivo per raggiungere il Trentino ed il lago di Garda. Inoltre l’Enel potrebbe essere interessato per fare lavori di manutenzione agli impianti dei laghi D’Arno e di malga Bissina senza dipendere dall’elicottero».
Fin qua i bresciani. Ed il sindaco di Daone che dice? Sorride Ugo Pellizzari.
Scandalizzato o affascinato? È prudente: «Né uno né l’altro», risponde.
E poi accenna alle difficoltà progettuali: «Si arriva a quota 2.300 su costoni
soggetti a frane e valanghe. Mah... La vedo problematica. È vero, ne abbiamo parlato con i colleghi sindaci. Se devo dirla tutta, ci vedrei meglio un percorso ciclabile largo un metro e mezzo: roba per tedeschi, per bikers allenati. Comunque - taglia corto - occorre parlarne anche con la Provincia per capire cosa ne pensi. Si passa pure su territori demaniali, oltre che su proprietà catastali lombarde, sul piano amministrativo daonesi».
Già, ma a sentire i lombardi c’è fretta. Non si sbottona. Pellizzari, che conclude:
«Queste cose hanno bisogno di una approfondita valutazione"
Da L'Adige del 20/04/2011
"Una strada per unire val Saviore e Daone"
di Giuliano Beltrami
Malga Bissina, lago Campo, passo di Campo... Uno sguardo verso il Re di Castello e poi giù, verso il rifugio Brescia, verso la val Saviore, nel silenzio di zone meno battute dai flussi turistici di altre vallate dell’Adamello. Nelle belle giornate
d’estate senti il fischio della marmotta nell’aria frizzante. Il pensiero corre
ai soldati italiani che oltre novant’anni fa, durante la Grande Guerra, percorsero questi crinali, costruirono mulattiere, teleferiche e baraccamenti, si scontrarono con gli austriaci, uccisero e vennero uccisi. Siamo al confine fra Trentino e Lombardia, in cima alla valle di Daone, dove la proprietà catastale si intreccia
fra Comuni giudicariesi e camuni: Paspardo, Saviore, Daone... Sono terre di contrabbandieri (un tempo), di cacciatori e di bracconieri (un tempo e magari anche oggi), terre di escursionisti, a piedi o in mountain bike.
I bresciani hanno un sogno nel cassetto, e lo hanno tirato fuori: realizzare una strada per collegare la val Saviore e la valle di Daone, quindi (per farla larga) la val Camonica e le Giudicarie e, se proprio vogliamo allargarci del tutto, il lago d’Iseo e il Garda.
I sindaci di Cevo e Saviore ne hanno parlato con il loro collega di Daone Ugo Pellizzari, con un obiettivo: approfittare dei fondi messi a disposizione dallo Stato per i Comuni confinanti con le Province e le Regioni autonome.
In proposito un recente decreto ministeriale stabilisce che simili finanziamenti
siano rubricati alla voce opere di eccellenza in grado di unire territori confinanti. «C’è un’occasione migliore di una strada che scavalca il confine?», si sono chiesti i due sindaci.
Dove sta la ratio di un simile progetto? «Nel turismo», hanno pensato i sindaci della val Camonica, immaginando un collegamento più veloce dell’attuale verso il lago di Garda. Alla stampa bresciana hanno spiegato di avere un modello in testa: «Quello della strada del Mortirolo». Vuoi vedere che c’è già chi pensa ad una tappa del Giro d’Italia?
Oggi esiste una strada sterrata che in partenza dalla località Rasega, nei pressi del campo sportivo, passa sul territorio di Cevo e costeggia il lago D’Arno. Il progetto prevede la salita al Passo di Campo per piombare su Bissina. Strada lunga una ventina di chilometri e larga tre metri. «Dobbiamo affrettarci - hanno dichiarato i sindaci di Cevo e Saviore dell’Adamello alla stampa - per esporre il progetto, che va consegnato entro la metà di giugno, così da essere inserito nella graduatoria.
In tal modo intendiamo togliere la val Saviore dall’isolamento; la strada sarebbe frequentata nel periodo estivo per raggiungere il Trentino ed il lago di Garda. Inoltre l’Enel potrebbe essere interessato per fare lavori di manutenzione agli impianti dei laghi D’Arno e di malga Bissina senza dipendere dall’elicottero».
Fin qua i bresciani. Ed il sindaco di Daone che dice? Sorride Ugo Pellizzari.
Scandalizzato o affascinato? È prudente: «Né uno né l’altro», risponde.
E poi accenna alle difficoltà progettuali: «Si arriva a quota 2.300 su costoni
soggetti a frane e valanghe. Mah... La vedo problematica. È vero, ne abbiamo parlato con i colleghi sindaci. Se devo dirla tutta, ci vedrei meglio un percorso ciclabile largo un metro e mezzo: roba per tedeschi, per bikers allenati. Comunque - taglia corto - occorre parlarne anche con la Provincia per capire cosa ne pensi. Si passa pure su territori demaniali, oltre che su proprietà catastali lombarde, sul piano amministrativo daonesi».
Già, ma a sentire i lombardi c’è fretta. Non si sbottona. Pellizzari, che conclude:
«Queste cose hanno bisogno di una approfondita valutazione"
sabato 16 aprile 2011
16/04/2011 Girovagando in Paganella: val Trementina
Stanchi di osservare i camosci con il lungo da casa, eccoci - io, Claudio e Flavio - ai laghi di Lamar pronti per un bel giro d'esplorazione della parete sud est della Paganella.
Nei pressi di malga Terlago Bassa (719 m) prendiamo il sentiero 627 e saliamo negli ampi e verdi pascoli che sovrastano i due laghi. Sto discorrendo con Flavio quando un movimento fulmineo attira la mia attenzione, giusto il tempo di vedere un codino bianco: è un capriolo che scappa a grandi balzi.
Raggiungiamo la forestale che porta a Monte Terlago e proseguiamo verso destra in cerca della traccia che sale al Canalon Battisti.
Dopo aver risolto l'arcano mistero della "finta otite" di Flavio (LOL!) intercettiamo il fantomatico sentiero e cominciamo a seguirlo. Passiamo vicino al ghiaione dove, comodamente dal salotto di casa, osserviamo i camosci. Lungo il sentiero, sul ramo di un pino mugo pregno di resina, c'imbattiamo in peli freschi d'orso.
Continuiamo a camminare fino a che ci troviamo di fronte a un “muro”. Le indicazioni sono chiare, il percorso meno. Il terreno è molto friabile e corre sotto delle vertiginose pareti, alla seconda scarica di sassi decidiamo prudentemente di ritornare sui nostri passi.
Nei pressi di un palco di caccia ci fermiamo a pranzare e la Paganella ci fa sentire la sua voce, quella più violenta e imprevedibile: grida di roccia frantumata!
Vista l'ora decidiamo di inoltrarci verso la mitica val Trementina. La testata di questa valle è famosa grazie alle vie d'arrampicata che la percorrono, ma dove non ci sono i climber regnano sovrani i camosci.
Imbocchiamo il sentiero 682, detto sentiero dei Pontesei. Un tempo questo esposto sentiero assecondava i numerosi canaloni della parete est della Paganella e terminava alla testata della val Manara. Da anni però è chiuso, e penso mai aprirà, perché in più punti è inagibile a causa delle numerose frane.
Da notare che, mentre se lo si prende dalla val Manara c'è il cartello di sentiero chiuso, da questo lato non c'è alcuna segnalazione.
In località Mez Pian c'inoltriamo in una verde faggeta. Ci sono degli alberi enormi e contorti, c'è magia nell'aria, in alcuni punti mi sembra di camminare nelle Foreste Casentinesi. Ma tutto ad un tratto il mio stato di contemplazione è rotto da un concitato calpestio, è un camoscio che scappa via.
Proseguiamo fino al profondo intaglio della val Trementina; rapiti dall'asprezza del luogo c'inoltriamo a esplorare la gola dell'omonimo rio. Ritornati sui nostri passi andiamo avanti fino a uno spiazzo panoramico (1112 m) dove ci fermiamo a sbinocolare; il sentiero è franato poco dopo.
In alto, su una parete verticale, fa capolino un camoscio, non si capisce dove si stia appoggiando, sembra librarsi nell'aria, ci “fischia” e poi fugge via. Sotto di noi, nella sua selvaggia bellezza, si snoda la val Manara.
Su una prateria baciata dal sole individuiamo tre camosci pascolare pacificamente, quand'ecco nell'aria un grido, è il grido dell'aquila. Silenzio e poi ancora un altro grido, ci sono due aquile. Questo suono mi ha fatto vibrare il cuore.
Una sparisce in val Trementina, l'altra volteggia in alto, sempre più lontana fino a sparire nel bianco delle nubi.
Sto ancora seguendo il volo del rapace, quando un rumore alle mie spalle attira la mia attenzione due camosci si rincorrono a perdifiato lungo un canalone alla nostra sinistra.
Dopo questi momenti di pura estasi faunistica ci rimettiamo in cammino e al bivio della Terlago Bike scendiamo verso la val Morta; seguiamo poi lungo la comoda strada forestale che ci riporta ai laghi di Lamar.
Flavio esplora la Val Trementina
Uno sguardo verso la Val Manara e Fai della Paganella
La faggeta
Nei pressi di malga Terlago Bassa (719 m) prendiamo il sentiero 627 e saliamo negli ampi e verdi pascoli che sovrastano i due laghi. Sto discorrendo con Flavio quando un movimento fulmineo attira la mia attenzione, giusto il tempo di vedere un codino bianco: è un capriolo che scappa a grandi balzi.
Raggiungiamo la forestale che porta a Monte Terlago e proseguiamo verso destra in cerca della traccia che sale al Canalon Battisti.
Dopo aver risolto l'arcano mistero della "finta otite" di Flavio (LOL!) intercettiamo il fantomatico sentiero e cominciamo a seguirlo. Passiamo vicino al ghiaione dove, comodamente dal salotto di casa, osserviamo i camosci. Lungo il sentiero, sul ramo di un pino mugo pregno di resina, c'imbattiamo in peli freschi d'orso.
Continuiamo a camminare fino a che ci troviamo di fronte a un “muro”. Le indicazioni sono chiare, il percorso meno. Il terreno è molto friabile e corre sotto delle vertiginose pareti, alla seconda scarica di sassi decidiamo prudentemente di ritornare sui nostri passi.
Nei pressi di un palco di caccia ci fermiamo a pranzare e la Paganella ci fa sentire la sua voce, quella più violenta e imprevedibile: grida di roccia frantumata!
Vista l'ora decidiamo di inoltrarci verso la mitica val Trementina. La testata di questa valle è famosa grazie alle vie d'arrampicata che la percorrono, ma dove non ci sono i climber regnano sovrani i camosci.
Imbocchiamo il sentiero 682, detto sentiero dei Pontesei. Un tempo questo esposto sentiero assecondava i numerosi canaloni della parete est della Paganella e terminava alla testata della val Manara. Da anni però è chiuso, e penso mai aprirà, perché in più punti è inagibile a causa delle numerose frane.
Da notare che, mentre se lo si prende dalla val Manara c'è il cartello di sentiero chiuso, da questo lato non c'è alcuna segnalazione.
In località Mez Pian c'inoltriamo in una verde faggeta. Ci sono degli alberi enormi e contorti, c'è magia nell'aria, in alcuni punti mi sembra di camminare nelle Foreste Casentinesi. Ma tutto ad un tratto il mio stato di contemplazione è rotto da un concitato calpestio, è un camoscio che scappa via.
Proseguiamo fino al profondo intaglio della val Trementina; rapiti dall'asprezza del luogo c'inoltriamo a esplorare la gola dell'omonimo rio. Ritornati sui nostri passi andiamo avanti fino a uno spiazzo panoramico (1112 m) dove ci fermiamo a sbinocolare; il sentiero è franato poco dopo.
In alto, su una parete verticale, fa capolino un camoscio, non si capisce dove si stia appoggiando, sembra librarsi nell'aria, ci “fischia” e poi fugge via. Sotto di noi, nella sua selvaggia bellezza, si snoda la val Manara.
Su una prateria baciata dal sole individuiamo tre camosci pascolare pacificamente, quand'ecco nell'aria un grido, è il grido dell'aquila. Silenzio e poi ancora un altro grido, ci sono due aquile. Questo suono mi ha fatto vibrare il cuore.
Una sparisce in val Trementina, l'altra volteggia in alto, sempre più lontana fino a sparire nel bianco delle nubi.
Sto ancora seguendo il volo del rapace, quando un rumore alle mie spalle attira la mia attenzione due camosci si rincorrono a perdifiato lungo un canalone alla nostra sinistra.
Dopo questi momenti di pura estasi faunistica ci rimettiamo in cammino e al bivio della Terlago Bike scendiamo verso la val Morta; seguiamo poi lungo la comoda strada forestale che ci riporta ai laghi di Lamar.
Flavio esplora la Val Trementina
Uno sguardo verso la Val Manara e Fai della Paganella
La faggeta
sabato 9 aprile 2011
09/04/2011 Al passo Faedolo percorrendo sentieri "inesistenti" (Brenta)
Max ci propone un giro in destra orografica della val d'Algone e noi accettiamo di buon grado.
Parcheggiamo l'auto nel piccolo villaggio di Iron (868 m) e calziamo gli scarponi, come da un po' di giorni a questa parte fa un caldo anomalo per essere aprile.
Percorriamo a ritroso un breve tratto di strada per poi imboccare una strada forestale.
Dal bosco s'ode il ticchettio ritmato del picchio.
Ci fermiamo a sbinocolare verso le alte praterie del versante opposto della valle, luoghi dove eravamo la settimana scorsa: becchiamo 3 mufloni e un camoscio.
Ci rimettiamo poi in cammino; sto parlando con Max quando vedo, mimetizzato nel bosco, un uomo con il lungo. E' una conoscenza di Max, il "mitico" Angelo, un guru degli "orsofili" trentini, dove c'è lui c'è l'orso! Scambiamo qualche parola e poi proseguiamo fino alla fine della strada.
Qui comincia l'avventura fuori dagli itinerari battuti.
Prendiamo una traccia quasi invisibile che corre sotto delle rocce, la seguiamo con qualche difficoltà perché bisogna aggirare o scavalcare alcuni alberi schiantati.
In questo groviglio di tracce e false tracce ci orientiamo usando la mappa delle particelle, il gps, la bussola e l'altimetro.
Il sottobosco è impreziosito da un tappeto di candide pulsatille vernalis.
Il sentiero che stiamo cercando, e che Max ha percorso anni fa, dovrebbe essere sopra di noi, così cominciamo a risalire a casaccio un ripidissimo costone.
Dopo un arrancare mostruoso con raffiche di vento che ci gettano in faccia un numero copioso di foglie secche, finalmente approdiamo sul tanto desiderato sentiero che seguiamo fino a un capanno di caccia dove ci fermiamo per un poco.
L'ora di pranzo è passata da un pezzo, ma decidiamo di proseguire e mangiare più in alto, in un secondo capanno.
In pace e solitudine, con un mirabile panorama su Cima Vallon e La Finestra, pranziamo.
Dopo aver perlustrato impervi canaloni e selvaggi creste con il binocolo ci rimettiamo in marcia verso passo Faedolo (1601 m).
Mentre sono impegnata a scattare alcune macro alle pulsatille, Claudio e Max vedono correre verso la cima del monte Iron un giovane camoscio. Dopodiché, percorrendo un panoramico sentiero, scendiamo a baita Faedolo (1307 m) dove ci concediamo un'altra lunga pausa.
C'incamminiamo poi lungo il sentiero, a tratti esposto e attrezzato con un cordino d'acciaio, che ci porta sulla forestale sopra Iron. Sbinocolando verso i costoni di stamane vediamo altri 2 camosci.
Intimoriti da un trattore ricolmo di legna che ci sta alle costole tagliamo per una dissestata e scomoda mulattiera e giungiamo all'auto.
Con gli ultimi raggi di sole che illuminano 6 camosci si conclude anche questa giornata.
Pulsatilla Vernalis
Sbinocolando
Panorama verso cima Vallon e La Finestra
Parcheggiamo l'auto nel piccolo villaggio di Iron (868 m) e calziamo gli scarponi, come da un po' di giorni a questa parte fa un caldo anomalo per essere aprile.
Percorriamo a ritroso un breve tratto di strada per poi imboccare una strada forestale.
Dal bosco s'ode il ticchettio ritmato del picchio.
Ci fermiamo a sbinocolare verso le alte praterie del versante opposto della valle, luoghi dove eravamo la settimana scorsa: becchiamo 3 mufloni e un camoscio.
Ci rimettiamo poi in cammino; sto parlando con Max quando vedo, mimetizzato nel bosco, un uomo con il lungo. E' una conoscenza di Max, il "mitico" Angelo, un guru degli "orsofili" trentini, dove c'è lui c'è l'orso! Scambiamo qualche parola e poi proseguiamo fino alla fine della strada.
Qui comincia l'avventura fuori dagli itinerari battuti.
Prendiamo una traccia quasi invisibile che corre sotto delle rocce, la seguiamo con qualche difficoltà perché bisogna aggirare o scavalcare alcuni alberi schiantati.
In questo groviglio di tracce e false tracce ci orientiamo usando la mappa delle particelle, il gps, la bussola e l'altimetro.
Il sottobosco è impreziosito da un tappeto di candide pulsatille vernalis.
Il sentiero che stiamo cercando, e che Max ha percorso anni fa, dovrebbe essere sopra di noi, così cominciamo a risalire a casaccio un ripidissimo costone.
Dopo un arrancare mostruoso con raffiche di vento che ci gettano in faccia un numero copioso di foglie secche, finalmente approdiamo sul tanto desiderato sentiero che seguiamo fino a un capanno di caccia dove ci fermiamo per un poco.
L'ora di pranzo è passata da un pezzo, ma decidiamo di proseguire e mangiare più in alto, in un secondo capanno.
In pace e solitudine, con un mirabile panorama su Cima Vallon e La Finestra, pranziamo.
Dopo aver perlustrato impervi canaloni e selvaggi creste con il binocolo ci rimettiamo in marcia verso passo Faedolo (1601 m).
Mentre sono impegnata a scattare alcune macro alle pulsatille, Claudio e Max vedono correre verso la cima del monte Iron un giovane camoscio. Dopodiché, percorrendo un panoramico sentiero, scendiamo a baita Faedolo (1307 m) dove ci concediamo un'altra lunga pausa.
C'incamminiamo poi lungo il sentiero, a tratti esposto e attrezzato con un cordino d'acciaio, che ci porta sulla forestale sopra Iron. Sbinocolando verso i costoni di stamane vediamo altri 2 camosci.
Intimoriti da un trattore ricolmo di legna che ci sta alle costole tagliamo per una dissestata e scomoda mulattiera e giungiamo all'auto.
Con gli ultimi raggi di sole che illuminano 6 camosci si conclude anche questa giornata.
Pulsatilla Vernalis
Sbinocolando
Panorama verso cima Vallon e La Finestra
domenica 3 aprile 2011
03/04/2011 Gita d'apertura SAT: "Itinerario dei 7 Passi" (Gazza)
Ogni primavera arriva puntuale il consueto appuntamento con la gita d'apertura dell'anno satino. Quest'anno è la volta dell'itinerario dei 7 passi: un lungo percorso escursionistico che, attraverso antichi sentieri che un tempo servivano come vie di comunicazione, collega le sette Frazioni del Comune di Vezzano.
Parcheggiamo le auto a Vezzano (386 m) e, in una splendida e calda giornata di sole, in 26 satini ci incamminiamo lungo le vie del centro; giunti al mulino Manzoni ci dirigiamo alla vicina località Aguil. Attraversando un bosco ceduo giungiamo alle Buse, località dove si alternano campi coltivati, boschi e pinete. In breve eccoci a Ciago (540 m) dove imbocchiamo il ripido ciottolato che si inerpica verso il Gazza per poi girare a sinistra verso Lon.
A Lon, con panorama sui laghi di Santa Massenza e Toblino, imbocchiamo la strada di campagna che scende a Fraveggio (430 m). Da quest'altra amena frazione caliamo lungo la stradina che scende verso Santa Massenza per poi prendere a destra il ripido e impegnativo sentiero che porta a Margone.
Questo tratto di sentiero denominato "Scal" s'inerpica lungo la verticale parete del Gazza fino alla località "5 Roveri" (700 m). La gran calura e la rampa micidiale ci fanno dannare e sudare, il gruppo si divide, ma poi ci ritroviamo tutti assieme sulla strada provinciale; da questa prendiamo la mulattiera che in breve ci conduce a Margone (950 m).
Dopo un'altra breve pausa puntiamo a ovest per prendere il sentiero, a tratti esposto, delle "Cruze".
Lungo questo sentiero troviamo ahimè una brutta sorpresa: in un passaggio obbligato giace un camoscio decapitato, macabra dimostrazione di grettezza e stupidità di alcuni "elementi" della razza umana.
Due satini fanno scivolare la carcassa lungo un canalone così possiamo proseguire.
Finalmente eccoci a Malga Bael (1090 m) dove, con sullo sfondo l'innevata Cima Ghez, pranziamo nell'ampia radura puntellata da maestosi faggi secolari.
Finito il momento conviviale scendiamo a Ranzo (740 m) percorrendo il sentiero usato un tempo per il trasporto del fieno in paese con le slitte.
A Ranzo ci concediamo un'ulteriore pausa birra e gelato. Terminata la sosta, oltre la chiesa, imbocchiamo la stradina che scende lungo la stretta "Val della Fontana" in direzione Est.
Giunti alla località Paone, anziché prendere l'esposta Madruzziana, proseguiamo a destra sulla carrabile che percorre la valletta del Rio Ranzo - valle ricca di falesie - e raggiungiamo agevolmente Castel Toblino, dove percorriamo la passeggiata lungolago e raggiungiamo Santa Massenza (255 m).
Costeggiamo la centrale lungo la riva nord del Lago, per poi imboccare a sinistra una strada di campagna che sale in direzione nord - est. Dopo poco arriviamo sulla strada statale, la affianchiamo per un breve tratto per poi prendere un tratturo che tra le campagne (località Fontana Morta) ci conduce nuovamente a Vezzano.
Tra chi rincasa velocemente e chi invece si ferma a gustarsi un altro gelato anche questa gita è giunta al termine.
Dimenticavo il "giretto" è di circa 23 km!!!
La President, Flavio ed Elisa
Il gruppo
Parcheggiamo le auto a Vezzano (386 m) e, in una splendida e calda giornata di sole, in 26 satini ci incamminiamo lungo le vie del centro; giunti al mulino Manzoni ci dirigiamo alla vicina località Aguil. Attraversando un bosco ceduo giungiamo alle Buse, località dove si alternano campi coltivati, boschi e pinete. In breve eccoci a Ciago (540 m) dove imbocchiamo il ripido ciottolato che si inerpica verso il Gazza per poi girare a sinistra verso Lon.
A Lon, con panorama sui laghi di Santa Massenza e Toblino, imbocchiamo la strada di campagna che scende a Fraveggio (430 m). Da quest'altra amena frazione caliamo lungo la stradina che scende verso Santa Massenza per poi prendere a destra il ripido e impegnativo sentiero che porta a Margone.
Questo tratto di sentiero denominato "Scal" s'inerpica lungo la verticale parete del Gazza fino alla località "5 Roveri" (700 m). La gran calura e la rampa micidiale ci fanno dannare e sudare, il gruppo si divide, ma poi ci ritroviamo tutti assieme sulla strada provinciale; da questa prendiamo la mulattiera che in breve ci conduce a Margone (950 m).
Dopo un'altra breve pausa puntiamo a ovest per prendere il sentiero, a tratti esposto, delle "Cruze".
Lungo questo sentiero troviamo ahimè una brutta sorpresa: in un passaggio obbligato giace un camoscio decapitato, macabra dimostrazione di grettezza e stupidità di alcuni "elementi" della razza umana.
Due satini fanno scivolare la carcassa lungo un canalone così possiamo proseguire.
Finalmente eccoci a Malga Bael (1090 m) dove, con sullo sfondo l'innevata Cima Ghez, pranziamo nell'ampia radura puntellata da maestosi faggi secolari.
Finito il momento conviviale scendiamo a Ranzo (740 m) percorrendo il sentiero usato un tempo per il trasporto del fieno in paese con le slitte.
A Ranzo ci concediamo un'ulteriore pausa birra e gelato. Terminata la sosta, oltre la chiesa, imbocchiamo la stradina che scende lungo la stretta "Val della Fontana" in direzione Est.
Giunti alla località Paone, anziché prendere l'esposta Madruzziana, proseguiamo a destra sulla carrabile che percorre la valletta del Rio Ranzo - valle ricca di falesie - e raggiungiamo agevolmente Castel Toblino, dove percorriamo la passeggiata lungolago e raggiungiamo Santa Massenza (255 m).
Costeggiamo la centrale lungo la riva nord del Lago, per poi imboccare a sinistra una strada di campagna che sale in direzione nord - est. Dopo poco arriviamo sulla strada statale, la affianchiamo per un breve tratto per poi prendere un tratturo che tra le campagne (località Fontana Morta) ci conduce nuovamente a Vezzano.
Tra chi rincasa velocemente e chi invece si ferma a gustarsi un altro gelato anche questa gita è giunta al termine.
Dimenticavo il "giretto" è di circa 23 km!!!
La President, Flavio ed Elisa
Il gruppo
sabato 2 aprile 2011
02/04/2011 Per antichi sentieri verso Malga Platz (Brenta)
Dalla località Cross di Stenico – io, Max e Claudio - imbocchiamo il sentiero 346 che porta al ponte di Val Laòn. Da questo percorriamo la strada forestale che costeggia le coste meridionali del Valandro.
La vista spazia dal lago di Ponte Pià ai paesi della Busa di Tione.
Il caldo anomalo ci fa sudare sette camice.
Dopo un po' la strada sassosa gira a nord verso la selvaggia val d'Algone. Superato un ultimo tratto con scorci sull'abitato di Iron e sull'omonimo monte giungiamo alla Baita dei Cacciatori (1371 m).
Qui decidiamo di percorrere un vecchio sentiero che s'inoltra a mezza costa nella val d'Algone. Un branco di “maledetti” mufloni che corre sulle creste ci butta addosso, senza conseguenze, una scarica di sassi. Giungiamo al Capitel dell'Immacolata, proseguiamo ancora un po' ma una slavina ci blocca la strada così ritorniamo sui nostri passi.
Dalla baita dei Cacciatori giungiamo, con un ultima rampetta, alla malga Platz (1395 m) dove ci concediamo una lunga pausa.: c'è chi dorme, chi si aggira inquieto per i pascoli e chi studia cartine provando a tracciare azimut.
Dopo aver sbinocolato un po' riprendiamo la strada di casa.
Ritornando a casa
Malga Platz
La vista spazia dal lago di Ponte Pià ai paesi della Busa di Tione.
Il caldo anomalo ci fa sudare sette camice.
Dopo un po' la strada sassosa gira a nord verso la selvaggia val d'Algone. Superato un ultimo tratto con scorci sull'abitato di Iron e sull'omonimo monte giungiamo alla Baita dei Cacciatori (1371 m).
Qui decidiamo di percorrere un vecchio sentiero che s'inoltra a mezza costa nella val d'Algone. Un branco di “maledetti” mufloni che corre sulle creste ci butta addosso, senza conseguenze, una scarica di sassi. Giungiamo al Capitel dell'Immacolata, proseguiamo ancora un po' ma una slavina ci blocca la strada così ritorniamo sui nostri passi.
Dalla baita dei Cacciatori giungiamo, con un ultima rampetta, alla malga Platz (1395 m) dove ci concediamo una lunga pausa.: c'è chi dorme, chi si aggira inquieto per i pascoli e chi studia cartine provando a tracciare azimut.
Dopo aver sbinocolato un po' riprendiamo la strada di casa.
Ritornando a casa
Malga Platz
Iscriviti a:
Post (Atom)