giovedì 21 giugno 2012

Con l'orso il silenzio non d'oro

Dopo tanta feccia giornalistica finalmente un articolo decente sull'orso.

dal quotidiano Alto Adige


Con l'orso il silenzio non d'oro

Tutti gli errori del governatore trentino Lorenzo dellai nella gestione del progetto "Life Ursus"

di Mauro Fattor

Quanti errori nelle strategie di comunicazione sull'orso. Tanti errori grandi e piccoli nel concreto, e uno madornale: quello del silenzio. Abbassare la testa ogni volta che l'orso si mangia una pecora, quasi a chiedere scusa. Un'assurdità. Colpa di chi? Del Servizio Faunistico? Di Dellai?

Cominciamo col dire che Dellai nel confronto del progetto Life Ursus si è comportato in modo sostanzialmente corretto. Il progetto è stato sostenuto sul campo in modo leale. Non certo per convinzione personale del presidente - e questa non è una novità - ma per onorare un impegno che il Trentino aveva preso in sede internazionale con l'avvio del progetto Life Ursus. Insomma, per senso delle istituzioni. Il problema è che un approccio burocratico non basta, perchè si traduce in un'ambiguità di fondo che rischia di annullare, e in parte lo ha già fatto, il buon lavoro fatto sul campo. Non si può infatti giocare solo in difesa.

Bene, se è stata la "freddezza" di Dellai nei confronti del progetto a determinare questa situazione, va detto che in questo il presidente ha sbagliato. L'orso e i predatori in genere, hanno bisogno di una gestione attiva della comunicazione. Non si può pensare che l'orso riconquisti gli antichi areali senza lavorare contemporanemente alla riconquista delle teste e, dove possibile, dei cuori delle persone. Per fare questo bisogna però sostenere anche culturalmente il progetto, "crederci" anche pubblicamente, e in questo la Provincia di Trento ha mancato. Non ha voluto o saputo farlo. Perchè l'unica cosa certa è che se, ad un certo punto, per un qualsiasi motivo (e che sia una pecora, l'asino della signora Wanda, o un orsetto imprigionato in una botte non fa nessuna differenza) si crea una domanda di informazione e di confronto attorno ad un certo tema, quella domanda, statene certi, in un modo o nell'altro verrà soddisfatta.

E' come la nicchia di un ecosistema, non resta libera per molto, se tu ti scansi ci si infila qualcun altro. Sarà impossibile evitare che tutti dicano la loro, spesso - per semplice ignoranza o per palese intento di strumentalizzare la questione orso capitalizzando le paure altrui - dicendo gigantesche fesserie, ma si può evitare che quelle fesserie, per stratificazione e per effetto di imitazione, si propaghino nel tempo e si moltiplichino migrando da un giornale all'altro, da un media all'altro, per settimane prima che qualcuno trovi la voglia di intervenire e abbia l'autorevolezza per farlo. Promuovere una buona e corretta informazione sui predatori significa quindi contrastare questa tendenza senza sottrarsi al confronto.


L'informazione sull'orso deve tenere conto poi di due ulteriori problemi che sono specificamente legati alla natura dei predatori. Il primo è che mai come nel caso dell'orso e dei predatori, si rende evidente una netta differenza nella percezione e nella valutazione di specifici fatti e situazioni tra centro e periferia. Una differenza che - per certi versi - è la riproposizione sotto nuove forme dell'antico dualismo città-campagna, urbano-rurale. In alcune valli prevale (ma anche su questa prevalenza non bisogna esagerare) un pregiudizio negativo nei confronti dei predatori-competitori che privilegia gli aspetti economici e quelli legati alla sicurezza in una cornice tipicamente utilitaristica del rapporto con la fauna selvatica e col mondo animale più in generale. A tutti gli effetti, si tratta di un pregiudizio antipredatorio tradizionale, in parte culturalmente ereditato su cui molto si potrebbe lavorare modulando in modo differenziato le strategie comunicative. Il secondo riguarda il fatto che molte interazione tra uomo e animale sono giocati a livello di proiezione simbolica.

Si tratta per lo più di processi di identificazione, che possono essere anche molto forti ed efficaci. Nel caso dei carnivori selvatici c'è invece un margine di irriducibile ambivalenza emotiva che raffredda i processi identificativi e contribuisce a spaccare l'opinione pubblica. E' una specie di cortocircuito emotivo che trova facilmente spazio sui media e che produce danni concreti, alimentando quella che un grande etologo come Hans Kruuk chiama la "sindrome del killer immorale".

La conclusione è semplice: in questo nostro tempo la percezione pubblica degli animali selvatici, e dei grandi grandi predatori in particolare, deve essere guidata. Non farlo significa rinunciare a tutto quello di buono che l'orso può portare al Trentino, che è moltissimo. E invece siamo di fronte al paradosso che il Trentino sull'orso non investe praticamente nulla, limitandosi a gestire passivamente “effetti collaterali” della sua presenza. Come dire, tenersi i guai snobbando le opportunità.

E invece: quanto vale un orsetto dal mantello quasi bianco in termini di immagine e di marketing? Se ci si crede, è una miniera d'oro. La pagina facebook di Hope, il cucciolo di orso nero la cui nascita era stata diffusa via webcam dal biologo Lynn Rogers, aveva 133 mila iscritti e faceva impazzire l'America. Fino a quando il 16 settembre del 2011 Hope fu uccisa da un cacciatore del Minnesota. E' una solenne sciocchezza pensare che la presenza dei predatori danneggi il turismo.

Le cifre di mezza Europa, dalla Slovenia all'Abruzzo passando per i Pirenei, dimostrano esattamente il contrario.
Certo, se sono gli albergatori stessi e gli operatori del turismo a seminare il panico alimentando un clima di terrore e di insicurezza, i contraccolpi ci saranno eccome. Ma ognuno è liberissimo di segare il ramo su cui è seduto, tranne poi avere il buon gusto di evitare di lamentarsi. Qualche volta, parlando di orso, bisogna tirare fuori un po' i denti e un po' anche l'orgoglio.

Perchè lasciare campo libero per mesi e mesi alle litanie della Lega sul progetto Life Ursus e sullo spreco di denaro pubblico, quando sarebbe così facile metterla a tacere? Basterebbe, per esempio, ricordare alla pasionaria Franca Penasa che da presidente del comitato di gestione trentino del parco nazionale dello Stelvio, il 15 del agosto del 2004 riuscì a spendere in un solo giorno 68mila euro per avere Reinhold Messner a Rabbi, record di dissanguamento delle casse pubbliche a tutt'oggi insuperato. Per non parlare poi della "Bossi Family".

E ancora: perchè non ricordare, così, a semplice titolo informativo, che in Svizzera nessuno dei proprietari di asini della Val Rendena vedrebbe un soldo di risarcimento, visto che nessuno aveva montato il recinto elettrificato antiorso che la Provincia fornisce gratuitamente? Ferma restando, anche in questo caso, la piena libertà di suicidare i propri animali nel modo più gradito.

Oppure: perchè non spiegare che non esiste alcuna correlazione tra un orso che uccide tante pecore (anzichè una sola, come la nostra "morale" vorrebbe) e la sua presunta pericolosità? Perchè non dire che un orso non fa nulla di diverso di una faina che entra in un pollaio, facendo fuori una ventina di galline ma portandone via una sola? E che questo fenomeno è ben noto agli etologi e si chiama overkilling e non è affatto un comportamento anomalo o stravagante?Se stabiliamo delle regole chiare tra noi e gli orsi, riconoscendo innanzitutto la piena legittimità della loro presenza nei nostri boschi in qualità di autoctona, senza baloccarsi in progetti di dimezzamento a tavolino buoni solo per le campagne elettorali, questo consentirà di intervenire in modo più efficace, tempestivo e razionale anche sulle singole criticità. A beneficio di tutti. Questo dovrebbe chiedere Dellai al ministro Clini: regole chiare e maggiore coinvolgimento del ministero stesso in termini di coordinamento interregionale e di legittimazione del ruolo di capofila del Trentino in questa partita. Anche erogando risorse, se necessario.

19/06/2012

STANDING OVATION!!!!!!!!!

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