sabato 31 dicembre 2011

29/12/2011 Sotto la neve in val d'Algone (Brenta)

E' giunta l'ora dell'ultima gita dell'anno.
Con Max l'idea iniziale era quella di andare a sbinocolare in val d'Algone, ma una volta giunti a Iron (868 m) la situazione è ben diversa da quella paventata: sta nevicando e la foschia nevosa abbraccia il "Paese Alto".
Nonostante il clima avverso cominciamo a prepararci per la gita, nel frattempo scambiamo qualche parola con due guardaparco amici di Max e poi partiamo.
Gli unici suoni che udiamo sono il "crock" dei nostri passi e il "friggere" della neve che cade sui faggi e sul terreno ricoperto di foglie.

Mentre salgo la mente ripercorre le "avventure" di quest'anno e un passo dopo l'altro mi trovo..

a camminare nelle immense foreste dello Sneznik,
a contemplare le torri del Vajolet ammantate di neve,
ad agganciare moschettoni sulle scale delle Bocchette,
a piazzare fototrappole e a sperare di aver preso Lui,
a percorrere i crinali marsicani,
a osservare i ghiacciai altoatesini dall'Alta via Riva Tures,
a cercare d'udire l'ululato del lupo,
ad affumicarmi a malga Pozzol,
a emozionarmi mentre sfioro il Campanil Basso,
a percorre "Sette Passi" con la SAT,
ad aspettare il fremito dell'alba sul monte Pez,
a udire la voce del bosco nelle selve dei Gorski Kotar,
a muovermi nella nebbia sul Grignone,
a osservare le virghe nevose in avvicinamento dal Pernici,
a inseguire "el manarot" di Otzi,
a toccare finalmente la Wildekreuzspitze,
ad ammirare l'autunno in val Fossernica,
a sbinocolare in Brenta e in Paganella...

...ed eccomi ancora in Brenta, sempre in compagnia di ottime persone, di amici veri.
La salita è ripida e giungiamo ben presto al baito cacciatori Dos da Zindole (1275 m) dove pranziamo.
La neve ora non fa più rumore, regna il silenzio. Quel silenzio magico che solo un bosco innevato sa donare.
Per il ritorno optiamo per un giro ad anello.

Ancora pochi passi e saremo all'auto..
ancora pochi passi e un altro anno se ne sarà andato..

Io non vado in montagna per stabilire primati. Salgo per liberarmi, ritrovare in alto, a contatto con la roccia calda di sole o immerso nell'aria frizzante dei mattini nei boschi, qualche cosa di me che non ho più, che forse non ho avuto mai.” E. Majoni

Excelsior!

mercoledì 28 dicembre 2011

28/12/2011 Ciaspolata di fine anno sul monte Roen (Catena della Mendola)

Con Elisa, per smaltire pranzi, cene & brulè di Natale, decidiamo di andar a far una bella ciaspolata sul Monte Roen, la cima più elevata della catena della Mendola.
Parcheggiamo l'auto nei pressi del campo di golf e c'incamminiamo lungo il sentiero 500. Ci alziamo fino al rifugio Genzianella e proseguiamo lungo la comoda forestale; calzo le ciaspole solo perché fanno più presa sul fondo ghiacciato, purtroppo c'è poca neve.
Oltrepassiamo una radura e dopo una piccola rampa giungiamo al rifugio Mezzavia.
Al sole facciamo una breve pausa e poi proseguiamo il nostro cammino. Sempre per comoda forestale giungiamo sui pascoli di malga Romeno (1773 m) e qui la vista si apre a 360°.
Ora ci aspetta l'ultima rampa di 300 metri che ci porta in vetta. Man a mano che saliamo si respira la grandezza degli spazi.. verso est un salto di 2000 metri ci separa dalla val dell'Adige e da Bolzano.. infine eccoci in cima al Roen (2116 m).
Ci spostiamo dalla cima e mangiamo nei pressi di un'altra croce, un vento fastidioso spazza la prateria. Scambiamo quattro chiacchiere con un simpatico satino e poi ci prepariamo per il ritorno.
Ridiscendiamo verso malga Romeno e prendiamo la forestale dell'andata. Camminiamo lentamente, gustandoci la quiete del bosco. Ci fermiamo in un punto panoramico e osserviamo le meravigliose guglie delle Dolomiti.. ed ecco lo Sciliar dove in luglio abbiamo passato una bellissima due giorni.
Con il sole che piano piano cala a ovest giungiamo infine all'auto, soddisfatte della bella gita di fine anno.

Cima Roen
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Pensieri
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Uno sguardo verso Paganella e Brenta
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Eli
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martedì 27 dicembre 2011

Full immersion Maddalene


Tra la fine di novembre e dicembre ci siamo dati alla "conquista" di nuovi territori, la nostra attenzione si è spostata verso le Maddalene, la selvaggia catena montuosa che chiude l'alta val di Non.

Il 27 novembre con gli amici Carla e Renato ci siamo diretti a Proves-Proveis. Parcheggiata l'auto al maso Thal (1475 m) c'inoltriamo verso la testata della valle che percorre le pendici meridionali del Monte Ometto-Mandelspitz.
Giunti a malga Manzara-Stierberg alm (1850 m) facciamo una piccola pausa; le temperature sono ancora troppo alte!
Prendiamo il sentiero 12 e, dopo aver incrociato un branco di camosci, giungiamo in cima al Monte Faiden-Faidenberg (1993 m) dove ci fermiamo a pranzo.
La vista sulla val di Non e la diga di Santa Giustina è molto suggestiva, le nebbie strisciano e giocano con le pendici dei monti creando un magico effetto quinte.
La situazione neve è pessima, ce n'è solo nei versanti settentrionali del Brenta e nei versanti a sfavore di sole delle Maddalene.
Ritorniamo poi sui nostri passi per la medesima via dell'andata. Prima di giungere all'auto, sui versanti nord-orientali del Faidenberg avvistiamo numerosi camosci.

Il 9 dicembre eccoci di nuovo in zona Proves, questa volta con Renato e un altro Claudio. Parcheggiata l'auto a Proves (1422 m) c'incamminiamo verso il passo Fresna (1457 m) dove imbocchiamo il sentiero 147 che s'inoltra in val Mariole.
Giunti sulla strada cementata di fondovalle la percorriamo fino a quota 1600 metri dove proseguiamo su sentiero 147: la salita è "estenuante". Nei pressi del Bait dal Ranzi (1850 m) prendiamo una traccia di sentiero che, proseguendo in costa, gira sul versante della val di Lavazzè.
Giunti in una radura la traccia si perde così decidiamo di salire alla bene e meglio verso l'alto: "tanto ghe el sentiero comodo".
Con non poche difficoltà ci alziamo fino al Monte Alto (2031 m) e qui prediamo il Sentiero Bonacossa.
Il cielo è velato dalle nubi, solo verso nord è sereno.
Scendiamo al rifugio Maddalene- ex malga Val (1925 m) dove facciamo una breve pausa. Dietro alla malga avvistiamo 7 camosci che a loro volta osservano 3 cacciatori recuperare un “trofeo”, probabilmente un loro fratello.
Caliamo poi lungo la erta forestale fino all'auto. Durante la discesa vediamo altri 5 camosci sui canaloni erbosi che scendono dal versante sud occidentale del Faidenberg.

Non c'è 2 senza 3 e rieccoci sulle Maddalene, questa volta per l'uscita su campo - dopo due lezioni teoriche - del corso "Sicurezza in ambiente innevato" organizzato dalla sezione SAT di Lavis e Pressano.
Finalmente l'ambiente è invernale!! Partiamo con -4° e il paesaggio è imbiancato.
Siamo in 25: 13 ciaspolatori e 12 scialpinisti.
L'istruttore ci consegna gli ARVA e ci spiega il funzionamento, poi partiamo verso malga Cloz (1734 m).
La temperatura è rigida, c'è il sole, ma un vento fastidioso spazza le montagne.
Nei pressi di questa malga ci vengono spiegate nozioni sui tipi di neve e sulla meteo.
Osservo le ormai famigliari cime del Faidenberg e del Monte Alto: finalmente sono innevate!!!
Finite le spiegazioni ci alziamo verso il Malghetto di Cloz (1894 m) e da questo ci spostiamo verso il passo Castrin e l'omonima malga (1813 m) dove pranziamo.
Nei pressi di questa malga facciamo delle dimostrazioni di ricerca con l'ARVA. Ascoltiamo attenti mentre la bufera imperversa, il vento alza in continuazione vortici di ghiaccio e neve.
Finita la lezione in breve scendiamo al parcheggio, soddisfatti di questo breve ma intenso corso.

Proves
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Stierberg alm
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Camosci
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Orizzonti
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Sbinocolando sul Monte Alto
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mercoledì 30 novembre 2011

Novembre sulle tracce dell'orso.

Novembre è stato un mese escursionistico dedicato al nostro fratello orso, le ultime ricerche prima che l'inverno abbracci le selve e monti con la sua morsa.
Il 12 novembre, nonostante la giornata nebbiosa, siamo andati sulle pendici meridionali del Monte Valandro. E' stata un'esperienza emozionante quando, bucate le nubi, ci si è parata dinnanzi la val d'Ambiez e la sua corona di cime.
Nel pomeriggio abbiamo raggiunto l'amico Max e siamo andati a far due passi in val d'Algone. Nei pressi di Rodugol due "maledetti" mufloni ci hanno fatto prendere un infarto.
Con le ultime luci del giorno siamo arrivati alle auto, non prima di aver avvistato con il binocolo numerosi camosci sulle alte creste.
La giornata ci ha fruttato una "bella" fatta.

Il 19 novembre ci siamo dedicati alla Paganella.
Ci svegliamo con tutta calma e raggiungiamo Covelo. Qui imbocchiamo il sentiero 610 che porta al passo San Giacomo.
Un curioso scoiattolo ci fa compagnia mentre saliamo.
A circa 900 metri imbocchiamo il sentiero che scende al Maso Ariol, ma fatte poche centinaia di metri ne imbocchiamo un altro che sale repentinamente in alto.
L'ambiente è, come sempre in questo lato di Paganella, selvaggio e ardito. In alto son ben visibili gli aspri canaloni e le praterie che s'alzano verso il Canfedin.
Giungiamo in val dei Lancini dove ci fermiamo a pranzare nei pressi di una postazione di caccia (ca 1100 m), tra un cracker e l'altro sbinocoliamo, ma oggi la fauna non si degna di concedersi a noi..ma meglio così visto che nella valle echeggiano in continuazione gli echi degli spari.
Ci rimettiamo in marcia e scendiamo per sentieri e tracce a Casale, qui con in binocolo riusciamo a vedere un camoscio sugli Speroni dell'Annetta.
Riposte le "armi del mestiere" imbocchiamo il sentiero di San Vili che ci riporta, toccando il maso Ariol, a Covelo.

Il 26 novembre eccoci nuovamente in Paganella. Dopo un'esperienza "indimenticabile" nel bar di Monte Terlago parcheggiamo l'auto a Casale e con Max c'incamminiamo lungo il sentiero 606.
Siamo quasi alla fine di novembre, ma di freddo e neve non c'è nemmeno l'ombra.
Saliamo fino alla località Val dove, dopo una breve pausa, imbocchiamo la comoda strada forestale. Quando questa curva bruscamente c'inoltriamo lungo un sentiero che piega, con lievi sali e scendi, verso nord-est.
Verso ovest lo sguardo si perde nel luccichio del Lago di Garda, sotto di noi si aprono invece la verde valle dei Laghi e l'operosa val dell'Adige. Sulle alte praterie brucano diversi camosci.
Il sentiero che stiamo percorrendo è in qualche punto attrezzato; proseguiamo fin oltre il Doss dal Pin e ci fermiamo a pranzare in una piccola radura con vista sul Canalon Battisti.
Ci godiamo la tranquillità del luogo e poi ritorniamo sui nostri passi imboccando un sentiero che corre più in alto.
In breve sbuchiamo sulla strada forestale; nel bosco sopra di noi due caprioli fuggono via spaventati.
Giunti a Val ripercorriamo il 606 fino all'auto.


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domenica 27 novembre 2011

29/10/2011 – 01/11/2011 Autunno sloveno

E così abbiamo completato la “trinità” slovena.
Dopo la trasferta primaverile e quella estiva, non poteva mancare anche quella autunnale, così approfittando del ponte dei Santi rieccoci in viaggio verso Est, questa volta accompagnati dall'amica Elisa.
I boschi dello Sneznik ci hanno accolto con tutto il loro splendore: distese infinite di faggi fiammeggianti!
Di questi 4 intensi giorni voglio ricordare..
i caprioli che brucano sulle rosse praterie del Cerkniško jezero ammantato dalla nebbia,
il giro a piedi nel nostro “santuario degli orsi”,
i delirii delle 17:30 “fischia il ventoooo, urla la bufera”,
le chiacchiere annaffiate di grappa con i nuovi amici Carla e Renato,
la sbinocolata serale a Preval,
il canto dell'allocco degli urali,
le cene “light” e la cortesia di Miha,
il periplo dello Sneznik: “orso bruno.. tira fuori il muso”,
il tramonto dalla cresta della Planina,
le poiane (e le arvicole) che sempre accompagnano le nostre incursioni,
le faggete dello Skodovnik e del Dedna Gora,
gli occhietti che rifulgono nel buio e il gatto “domesticus”,
le ore passate a seguire piste e a cercare Lui..
eh sì, questa volta la fortuna non è stata dalla nostra parte,
il Re della Foresta si è negato,
ma poco importa l'importante è sapere che c'è,
che cammina per le foreste.. e noi con lui!


Cerkniško jezero
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Magie autunnali
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Tramonto dalla Planina
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domenica 30 ottobre 2011

22-23/10/2011 Due giorni al bivacco Flav.. Pozzol (Brenta)

1^ parte "Cosa portare in bivacco malga flavona"

Dopo 100 e passa e-mail di organizzazione.
Dopo laboriose ricerche semantiche (pu seme che mantiche :P) su google.
Dopo baratti di sacchi a pelo.
Dopo aver gustato il caffè in uno dei peggiori bar della val di Non.
Dopo aver fatto la coda nella "botega del paes".
Dopo aver stipato panettone, salatini, pacharan e grappe varie negli zaini.
Dopo aver assistito a imbarazzanti sfilate di sgargiante abbigliamento tecnico.
Eccoci finalmente pronti a partire dal parcheggio nei pressi del lago di Tovel (1179m).
Sotto il peso di un mastodontico zaino c'incamminiamo lungo la strada forestale; il cielo è terso e i colori autunnali tingono di caldi colori la catena settentrionale del Brenta.
Risaliamo la valle di Santa Maria Flavona e nei pressi del ponte del Rio Tresenga (1560 m) la neve, che prima era presente a macchia di leopardo, comincia a ricoprire costantemente la strada.
A malga Pozzol (1632 m) ci fermiamo a pranzare.
Giusto per... controlliamo quanti posti ha e com'è l'interno del piccolo bivacco (non si sa mai..).
Sfruttiamo gli ultimi raggi di sole e poi c'inoltriamo nell'angusta valletta che risale all'alpe di Flavona.
Come per magia si passa dall'autunno all'inverno: la neve è ancora attaccata agli alberi e la temperatura precipita, ma il paesaggio è davvero fiabesco. Lungo il sentiero incontriamo quattro signori che ci dicono che il bivacco è già occupato, con qualche perplessità proviamo ad andare a sondare la situazione.
Ci alziamo godendoci il panorama sul Corno di Flavona e la bocchetta dei Tre Sassi fino a che non sbuchiamo sull'alpe di Flavona.
Giunti a malga Flavona (1858 m) prendiamo atto che il bivacco è occupato da tre signori, tra cui, voci di corridoio dicono, un prete.. segue un'ignuz consulta e da buoni "orsi" trentini mandiamo come ambasciatore - mediatore il "catalano", altra consulta e poi, nonostante ci sia posto anche per noi, si decide di andare a malga Pozzol per essere più liberi nell'esprimere la nostra esuberanza (leggesi "a sparar minchiate!").
Ritorniamo sui nostri passi, Max e Claudio vanno in avanscoperta, io e Elisa dietro a far foto, poi arrivano Xavi, Linda e Flavio. Stiamo quasi per arrivare alla Pozzol, sto parlando con Elisa quando vedo Claudio che gesticola e con flemma proclama "Anche questo bivacco è già occupato".. cosa è successo? I "soliti" quattro signori hanno bloccato un altro gruppo di quattro ragazzi avvertendoli che il bivacco Flavona era occupato e quindi quest'ultimi si sono fermati qui.
Riparte la contrattazione e la negoziazione portata avanti dal buon Xavi, la situazione è di stallo, ma alla fine i quattro, seppur mal volentieri, ci lasciano il posto e se ne vanno alla Flavona così, dopo dubbi e incertezze, prendiamo finalmente possesso della Pozzol.

2^ parte "come evitare di restare intossicati a malga pozzol"

L'umidità e l'odor di affumicato sono imperanti e penetranti, bastano pochi minuti e già ci sembra di essere sette speck con le gambe.
Proviamo ad accendere sia il caminetto che la cucina economica.. da quest'ultima però continua a uscire fumo quindi ben presto abbandoniamo i tentativi, il camino invece pare (sottolineo pare) funzionare bene.
Cominciamo a sistemare le nostre cose quando notiamo una "leggera" nebbia, ci accorgiamo che probabilmente il camino è difettoso e il fumo ritorna parzialmente indietro.
Chiudi la porta apri la finestra, apri la porta chiudi la finestra,chiudi tutto, apri tutto, alterna, targhe pari e targhe dispari.. la situazione a tratti migliora e a tratti peggiora.
Ci prepariamo a cenare, ognuno con le proprie "sane" zuppe di glutammato D.O.C. Finito il primo pasto, la situazione degenera: gli occhi bruciano e lacrimano, quindi si decide di spegnere il fuoco, chiudere le porte e di vestirsi pesantemente.
Il nostro stato di "speckosità" è ai massimi livelli. Vuoi per il poco ossigeno, vuoi per il fumo, mi sembra di vedere il sig. Senfter scrutarci dalla finestra, ascia e coltello alla mano, pregustando il bottino! Ma cavoli.. non è un miraggio, là fuori c'è davvero una persona che brandisce un'ascia, non saremo mica all' Overlook hotel? "Wendy, sono a casa amore!" Il losco figuro si rivela infine essere uno dei "ritirati" dal bivacco che è venuto a prendere l'ascia perché quella della Flavona è rotta.
Finito di cenare ci stringiamo sulla grande tavola e cominciamo a giocare a dadi ingurgitando altre cose salutari: salatini, mix salato di frutta secca, pandoro, infusi vari, grappa alla menta e il mitico Pacharan, il liquore spagnolo all'anice.
Ci scaldiamo con le fiamme dei fornelletti a gas, la temperatura si aggira attorno ai 7-8°.
Si gioca e ci si diverte, poi verso mezzanotte, si va in soppalco. Qui di gradi ce ne sono 2°.
Entriamo nei sacchi a pelo, ancora quattro chiacchiere e poi uno dopo l'altro ci addormentiamo. Buonanotte.

Mi risveglio all'alba con il "dolce" rombo di un auto seguito da un concitato vociare: cacciatori. Man a mano ci svegliamo tutti e scendiamo in cucina.
Fuori sono - 3°, dentro 5-6°, ma, vista l'esperienza della sera precedente, di accendere il fuoco non se ne parla. Facciamo colazione, riempiamo gli zaini, puliamo il bivacco e siamo pronti per partire, ancora una volta verso Malga Flavona.
Ripercorriamo l'ormai famigliare valletta invernale e ci fermiamo un bel po' alla Flavona dove un bel sole ci riscalda l'animo e le ossa. Qui ritroviamo tutti i nostri mancati compagni di bivacco.
Finita l'appagante siesta c'incamminiamo lungo il sentiero che lambisce le pareti occidentali della cima di Valscura. In fila indiana ci facciamo strada tra i mughi dove, nei pressi di alcuni massi, decidiamo di fermarci a pranzare.
Fra servizi fotografici (più o meno voluti) e minchiate varie il tempo passa veloce e quindi ci rimettiamo in cammino, giunti al bivio della Val Scura (1889 m) caliamo lungo il sentiero 369.
In questa meravigliosa pecceta vestita d'inverno ci lasciamo andare lungo il sentiero ammantato dalla neve.
Infine giungiamo al ponte Tresenga e da qui per la forestale dell'andata ritorniamo al lago.
E' un incedere un po' malinconico il nostro perché sappiamo che anche questo bel weekend sta per concludersi.
L'indomani ognuno ritornerà al lavoro con, chi più chi meno, il proprio carico d'insoddisfazione, di scadenze e di stress.
L'indomani si tornerà nel grigiore della pianura, nel traffico della città e ai problemi della crisi.
Ma il solo pensare che a pochi chilometri da casa ci sono luoghi così incantati dove potersi rifugiare con dei buoni amici è già un'ottima cosa .

..inverno..?
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Nebbie
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Foto di gruppo ai sopravvissuti a malga Pozzol
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Eli e il Corno di Flavona
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La catena settentrionale
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Altra foto di gruppo, questa volta a Malga Flavona
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venerdì 28 ottobre 2011

Hi Bear!

Eccoli qui.... due passaggi di orsi (il secondo la mamma con il cucciolo) nell'arco di pochissimi minuti in Brenta meridionale!

15/10/2011 Magie autunnali a Forcella Moregna (Lagorai di Fiemme)

Oggi ho ritrovato un vecchio amico, sto parlando del Lagorai!
Con Claudio e Flavio partiamo alla volta della val di Fiemme e, giunti a Predazzo, imbocchiamo la strada sterrata che porta a Malga Valmaggiore (1620 m).
L'alpe è immersa nella brina, sono - 3° e il sole è ancora nascosto dalle scure cime del Lagorai.
Bardati di tutto punto prendiamo il sentiero 335 che, ricalcando un tracciato militare, sale alla forcella di Valmaggiore.
Seguiamo il valloncello attraversando una fitta pecceta; usciti dal bosco incontriamo un macereto con rododendri e qui, fra i massi, c'è un piccolo specchio d'acqua, il laghetto di Valmaggiore, imprigionato dal gelo.
Nel frattempo il sole buca le creste dei monti, i raggi colpiscono un gruppetto di larici che s'infiammano e tutto questo rifulgere si riflette sul ghiaccio del piccolo lago. Estasi.
Da una catasta raccogliamo un po' di legna per il bivacco e poi affrontiamo l'ultima rampa.
Il sole finalmente ci scalda le membra.
Valichiamo la forcella Valmaggiore e proseguiamo verso il bel bivacco Paolo e Nicola (2180 m). La vista si apre sul versante meridionale del Lagorai, all'orizzonte, avvolte dalle nebbie della pianura, le Vette Feltrine.
La mia insaziabile curiosità mi spinge avanti, voglio vedere di più .. ecco Cima d'Asta.. e poi la meraviglia inaspettata.. sotto di noi si apre la val Fossernica! Che vista sublime! In questa selvaggia valle, racchiusa da cima Paradisi, fanno sfoggio alcuni specchi d'acqua contornati da larici color fuoco.
Beviamo del the caldo, ma il vento non ci da tregua e riprendiamo ben presto il nostro giro. Ritorniamo alla forcella Valmaggiore e prendiamo il sentiero 349 che ripercorre una mulattiera di guerra. Sempre con bella vista su Latemar e Rosengarten, tagliamo le pendici di cima di Valmaggiore e giungiamo a una selletta che la collega al Dos Caligher.
Salutati momentaneamente Cima Cece e il suo Campanile, giriamo versante e percorriamo la testata dell'idilliaca Valbona.
Lungo il sentiero troviamo un po' di neve e ghiaccio, ma proseguiamo senza problemi fin sotto cima Moregna; qui, anziché scendere alla malga, imbocchiamo la traccia che conduce all'omonima forcella.
In un pianoro invaso da resti di trincee pranziamo riparati dal vento. Flavio parte alla conquista di uno degli speroni rocciosi che formano la frastagliata cima di Valbona.
Finito di pranzare saliamo alla forcella Moregna (2397 m) che si apre fra il Coltorondo e cima Moregna.
Giunti al valico si apre un nuovo mondo: l'attenzione è subito catturata dal blu del lago Brutto, che a dispetto del nome è bellissimo, e dal sottostante lago delle Trote. A occidente si stagliano tutti i colossi del Trentino Alto Adige: Presanella Cevedale, Ortles & co.
Costeggiamo il lago Brutto (2207 m) e, tra grossi massi di porfido puntellati da licheni color verde brillante, percorriamo la testata della val Pozze in fondo alla quale occhieggia Predazzo sovrastato dai rocciosi pinnacoli del Latemar. Giriamo nuovamente costone ed ecco il lago Moregna e l'omonima malga (2081 m). Attraversiamo un rosso lariceto con bucoliche vedute sul Rosengarten e Marmolada e scendiamo in riva al lago.
Da questo, per mulattiera, percorriamo la Busa degli Slavaci e ritorniamo celermente a malga Valmaggiore.
E proprio vero "Chi (ri)trova un amico trova un tesoro".

Riflessi
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Val Fossernica
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Bivacco Paolo e Nicola e Latemar
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Valmaggiore
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Flavio e Latemar
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Alle pendici di Cima Moregna
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Forcella Moregna
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Uno sguardo verso occidente
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Lago Brutto
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Uno sguardo verso Predazzo
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Cima Cece
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Riflessi
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Ampie vedute

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Forever autumn
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giovedì 27 ottobre 2011

08/10/2011 Camminando in val Concei: Cima Caret e Cima Parì (Alpi di Ledro)

Come ogni anno è giunto il momento di fare una puntatina nelle alpi di Ledro; siamo io, Claudio, Flavio e Max.
Parcheggiamo l'auto lungo la strada che porta a malga Trat (dove il famoso dado è stato trat..), sono 5° gradi e finalmente si respira l'aria frizzante dell'autunno.
Risaliamo la strada e nei pressi della malga (1502 m) imbocchiamo una stradina forestale che ci porta a uno slargo con un abbeveratoio. Lungo il sentiero incrociamo numerosi cacciatori con segugi al seguito il che significa che non incontreremo fauna.
Qui termina anche la strada e inizia il sentiero vero e proprio che taglia il costone occidentale del Dosso di Seaoi in direzione sud.
Alle nostre spalle si apre la meravigliosa cerchia di monti che racchiudono la val Concei: mi immagino questa valle nel periodo glaciale quando il ghiaccio copriva tutto fino a 1700-1800 metri lasciando emergere solo le cime, isole in mezzo al gelo!
Giungiamo a una forcella (1820 m) dove appare la nostra meta: Cima Parì. Beviamo un po' di the caldo e poi decidiamo di fare una piccola deviazione, proseguiamo in cresta e per trincee conquistiamo Cima Caret.
Poi scendiamo per ripidissimi prati a malga Saval (1744 m) e da questa imbocchiamo il sentiero che sale alla nostra cima.
Attraversiamo una fascia di mughi e ontani all'ombra e poi giriamo sulla dorsale baciata dal sole, spettacolare è il colpo d'occhio sul turchese lago di Ledro e sulla parte meridionale del lago di Garda.. e là in fondo.. le nebbie della pianura e oltre gli Appennini.
Ed ecco che arriva anche l'annunciato vento, ma fortunatamente non è poi così fastidioso.
Ultimi metri e siamo sulla panoramicissima Cima Parì (1991 m).
Da questa si diparte la sinuosa cresta che digrada, passando dalle già "conquistate" Cime Rocchetta e Cima Capi, fino al lago di Garda.
Ci godiamo la cima per molto tempo poi scendiamo fino alla Bocca di Savàl (1740 m) dove prendiamo il sentiero 413 che coincide con il Sentiero della Pace. Il tratto trentino di questo percorso si snoda per oltre 450 chilometri di sentieri, mulattiere, camminamenti e trincee che, ripercorrendo la linea del fronte della Grande Guerra, congiungono lo Stelvio alla Marmolada. Nei pressi della Bocca ci sono i resti di un ex comando di battaglione con ospedale e dei depositi munizioni, ovunque attorno a noi ci sono i segni e le cicatrici della Prima Guerra Mondiale.
Percorriamo a mezza costa i ripidi pendii erbosi del versante orientale dei Dossi dei Seaoi e da Trat, più in basso c'è l'alpe di malga Grassi; sui monti non molto lontani da noi si stanno scaricando rovesci nevosi.
Usciti dalla faggeta la vista si apre sulle frastagliate rocce della Mazza di Pichea, la conformazione di questa parete è spettacolare: sembra un castello formato da un susseguirsi di torri e guglie.
Ben presto giungiamo al rifugio Nino Pernici (1600 m) dove ci fermiamo a bere un caffè e a parlare con l'affabile gestore. Questo accogliente rifugio venne inaugurato nel 1929 sui ruderi di alcune baracche risalenti alla Grande Guerra. Nel frattempo, per la gioia di Flavio, comincia a cadere qualche fiocco di neve portato dal vento.
Bevuto il caffè salutiamo il gestore e, accompagnati dal volo dell'aquila, ritorniamo all'auto.

Malga Saval
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Flavio con alle spalle il Cadria, sullo sfondo le propaggini meridionali dell'Adamello con tanto di Cornone di Blumone
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Carè Alto
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Il lago di Garda, le nebbie della pianura e l'Appennino
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Le creste occidentali della val Concei
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Foto di vetta
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Rifugio Nino Pernici
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I pinnacoli della Mazza di Pichea
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