giovedì 25 agosto 2011

09/08/2011 Nel regno del camoscio d'Abruzzo: La Meta (Parco Nazionale d'Abruzzo)

Da Alfedena imbocchiamo la strada per il rifugio Campitelli (1445 m) nei pressi del quale parcheggiamo. C'è solo un'altra auto con una coppia di simpatici marchigiani che rincontreremo più avanti lungo la gita.. ah dimenticavo c'è pure un accampamento di scout che vediamo bene di evitare.
Ci dirigiamo verso una croce posta a lato della radura e c'inoltriamo nel silenzio delle selve. Ben presto la carrareccia diventa sentiero e comincia a salire nella faggeta.
Ci fa compagnia solo il cinguettio degli uccelli.
Oltrepassiamo un relitto di faggio e giungiamo alla fine del bosco.
Verso ovest fa capolino la mole de La Meta, magnifica!!! Nuvole basse ne lambiscono le irte pareti e nebbie entrano strisciando dalle creste. Ben presto l'occhio cade su una fatta sospetta: orso o lupo.
I due amici marchigiani ci raggiungono, chiacchieriamo un po' e, mentre noi ci fermiamo a sbinocolare, loro proseguono.
Superiamo i ruderi di un'antica casermetta (1775 m) e lungo il sentiero troviamo molti grossi sassi spostati, l'orso è passato di qui.
Le nubi ogni tanto mollano la presa e ci fanno ammirare la cresta che collega la Meta al Monte Tartaro e la conca dei Biscurri. Questo altopiano è caratterizzata da estesi fenomeni carsici, karren, inghiottitoi e dossi.. ci sembra di essere in Brenta.
Finalmente, sui grossi ghiaioni de La Meta, vediamo il primo gruppo di camosci, e poi via via che ci avviciniamo ne avvistiamo sempre più.
Nelle vicinanze della sella (1945 m) che separa La Meta dal Monte Miele, troviamo un'altra fatta. Da questo luogo il panorama spazia da un lato sull'appena percorsa Conca dei Biscurri e dall'altra sulla val Pagana.
Ci fermiamo a pranzare osservando estasiati le vertiginose corse dei camosci.
Il camoscio appennico (Rupicapra pyrenaica ornata) è un relitto glaciale proveniente dall'Asia rimasto isolato durante l'ultima glaciazione. Esso si differenzia dalle altre specie di camoscio principalmente per le corna, che sono assai più lunghe (30 cm ca contro i 20 cm di quello alpino) e per la colorazione del mantello invernale (più chiaro rispetto a quello alpino) ed estivo (ha un colore più rossiccio).

Zaino in spalla e ci dirigiamo a ovest. Attraversando il ripido ghiaione che scende dalla spalla de La Meta e che taglia la testata della val Pagana in breve calchiamo il passo dei Monaci.
Esso era un valico fondamentale per le comunicazioni tra Alfedena e Pizzone, ovvero fra Abruzzo e Lazio. Sotto di noi c'è un grosso gregge di pecore difeso da un pastore e da due bei cagnoloni.
Le nebbie corrono veloci dal Lazio, alla nostra destra si staglia La Meta, libera dalle nubi.
Decidiamo di attaccare la cima.
Saliamo con il vento che quasi ci sposta, le nubi ribollono, siamo a metà salita e quelle “bastarde” hanno riavvolto la cima. Proseguiamo comunque e, con non poca fatica, raggiungiamo i 2242 m de La Meta, uno dei monti preferiti dell'amico Fabrizio.
Tra la nebbia udiamo il fischio del camoscio ed eccolo lì, poco distante da noi, tra le rocce.
Ci studia per qualche minuto concedendosi alle nostre macchine fotografiche e poi sparisce.
Per fortuna le nubi si alzano un poco e possiamo finalmente godere della vista sul versante abruzzese: il colpo d'occhio sulla valle che abbiamo percorso in salita e su quella che percorreremo in discesa è mozzafiato.
Stiamo in cima un po', poi caliamo al passo dei Monaci e cominciamo la discesa in val Pagana.
Ad un certo punto re-incontriamo i due amici marchigiani che stanno ritornando sui loro passi, ci dicono che il sentiero passa in mezzo a un gregge di pecore e che i cani da guardiania hanno cominciato ad abbaiarli minacciosamente contro. D'altro canto il lavoro di questi bellissimi animali, i pastori abruzzesi, è quello di tenere compatto il gregge e di allontanare qualsiasi potenziale minaccia.
Mentre nel cielo una coppia d'aquile lancia il loro grido, osserviamo il gregge con il binocolo: si è spostato dal sentiero. Tutti e quattro decidiamo quindi di proseguire, se non altro l'unione (e le racchette da trekking) fa la forza. Superiamo indenni cani e pecore e proseguiamo lungo il fianco meridionale del monte Miele.
Rieccoci nella faggeta e c'imbattiamo in numerose ossa di un grosso animale, cavallo o mucca presumo. Scendiamo lungo il centro della valle fino alla presa idraulica dove una strada ci porta nell'ampia Conca delle Forme (1350 m).
Da qui prendiamo il sentiero L4 che ci porta in meno di un'ora al parcheggio alle auto.
Salutiamo i nostri compagni d'avventura e ritorniamo a quella che per 8 giorni è stata la nostra casetta, la roulotte n°7 del Camping Le Foci di Opi.



Conca dei Biscurri
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Uno dei tanti branchi di camosci
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Contrasti
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Camoscio d'abruzzo
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La via di salita a sinistra e la via di discesa a destra
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Foto di vetta :)
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Gregge fra la nebbia
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2 commenti:

  1. Resoconto avvincente e molto interessante. Le foto sono splendide!

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  2. L'escursione forse più bella della vacanza abruzzese. Posti selvaggissimi, regno di camosci lupi ed orsi..... che top!!! :D

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