venerdì 20 aprile 2012

L'orso si avvicina al Rosa

Ottime notizie per gli amici dell'Ovest...



20/04/2012 -Chi si rivede, l'orso al Monte Rosa

Lo ha fotografato una comitiva di turisti, l’ultimo avvistamento su queste montagne un secolo fa
CARLO BOLOGNA
verbania

Eccolo. Dopo la lince e il lupo è tornato anche lui: l’orso. C’è voluto più di un secolo per annunciare il ritorno del grande mammifero nelle valli attorno al Monte Rosa ma alla fine i due scatti con il telefonino di Lorenzo Ganzerla, studente di ingegneria elettronica di 22 anni lasciano pochi dubbi anche agli esperti.

Gli altri testimoni dello straordinario avvistamento sono Carla Parise e il marito Maurizio Ganzerla, zii di Lorenzo. Sono tutti di Mantova e hanno una casa di vacanza a Campello Monti, frazione di Valstrona che si raggiunge inerpicandosi da Omegna. D’inverno si lascia la strada a Forno: neve e pericolo valanghe impediscono di proseguire. Campello diventa un paese fantasma, quasi irraggiungibile. «Ma noi - racconta Carla Parise amiamo quel posto. Facciamo 300 chilometri per raggiungerlo. Da Forno anche d’inverno, con ciaspole ai piedi e zaino in spalla, raggiungiamo la nostra casetta almeno due weekend al mese».

Il 18 febbraio erano soltanto loro tre. Sul pendio davanti alla stradina che porta alla piazzola usata dall’elicottero per le emergenze, a trecento metri di distanza in linea d’aria, hanno notato un animale che si muoveva. Camminava a quattro zampe, con il muso che frugava tra neve e terra in cerca di cibo.

«Poi si è alzato, si è seduto su una roccia - raccontano i testimoni - ed è rimasto lì un quarto d’ora, in piedi. Sarà stato altro un metro e settanta. A quel punto non abbiamo più avuto dubbi. Era proprio un orso. Siamo riusciti a osservarlo finché la luce ce lo ha concesso. Poi ci siamo allontanati».

Il giorno dopo Maurizio Ganzerla è tornato sul posto e ha fotografato le orme nella neve, sulla «gippabile» verso l’alpe Pennino. Questi scatti sono poi stati inviati alla polizia provinciale del Verbano Cusio Ossola che li ha girati ai colleghi del Trentino, impegnati nel progetto di salvaguardia dell’orso bruno nelle Alpi.

La prima certezza è però arrivata dal lavoro svolto dal comandante provinciale Marco Brondolo che, aiutato dai suoi uomini Fabrizio Manoni, Paolo Taffi, Daniele Bendinelli e Attilio Venturato, è riuscito a dare una prima dimensione a quell’orma che non aveva altri indicatori di paragone se non una fogliolina di faggio adagiata nella neve: si è così ricostruita un’impronta di quindici centimetri, con le evidenti caratteristiche dell’imponente plantigrado.

Per la Provincia governata dal presidente Massimo Nobili il ritorno dell’orso può essere sbandierato come uno degli indicatori di alta qualità ambientale, come già era avvenuto anni fa con la ricomparsa della femmina di lupo. Un orso era ricomparso nel Canton Ticino nel 1997, dopo 122 anni. Nei giorni scorsi un esemplare del Trentino, l’orso M13 era stato ricatturato in Engadina, nei Grigioni, e «radiocollarato». Il plantigrado cusiano potrebbe essere arrivato proprio dalla Svizzera, per girovagare tra le confinanti valle Anzasca e Valsesia, attorno al Monte Rosa.

Altre segnalazioni, più recenti, sono arrivate dalla Valtellina e Val Bregaglia, in Lombardia. Di sicuro l’orso era un antico abitante delle montagne cusiane. Proprio a Sambughetto, nella stessa valle che oggi torna alla ribalta, nel 1869 in una grotta furono trovate ossa di animali, orsi compresi. Alcuni avvistamenti sono continuati anche ai primi del Novecento.

Le cronache raccontano di un orso ucciso nel 1828 da Giuseppe Delgrosso nel territorio di Calasca, la valle ossolana che confina con quella di Campello Monti. In quell’anno si invitavano i sindaci «ad armare un certo numero di persone probe e capaci per battere i boschi e dare la caccia alla bestia feroce detta l’Orso che cagionati gravi danni». Oggi si finisce in carcere.

Fonte La Stampa

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