Con Elisa partiamo alla volta delle Regole di Malosco (1315 m), destinazione il monte Macaion che già due anni fa, per vari motivi, avevamo mancato.
Parcheggiata l'auto e salutati due “zimpatici” altoatesini c'incamminiamo lungo la forestale che s'inoltra nella valle del rio Sedruno.
La strada è tutta al "revers", la temperatura rigida e il fondo ghiacciato.
Dopo un'oretta e mezza ci ritroviamo in una ampia e solatia radura, finalmente è finita la noiosa forestale!!!
Qui incontriamo anche i primi abeti imbiancati dalle recenti nevicate; risaliamo lungo il sentiero 513 e giungiamo al bivio che porta a Forcella Piccola, punto dove siamo arrivati due anni fa con un gruppo di 6 amici.
Ci saranno circa 30-40 cm di neve e il sole picchia implacabilmente. Proseguiamo oltre, ma ad un certo punto la neve si fa sempre più morbosa facendo zoccolo sotto le ciaspole, e, come se non bastasse, la pista non è più battuta. Seguiamo una traccia laterale e giungiamo a delle baite (ca 1700 m). Qui decidiamo di mandare a remengo la cima e di goderci la pace e la serenità del bosco imbiancato.
Cerchiamo un posto comodo dove bivaccare: sprofondando nella neve giungiamo a una staccionata (1720 m) e qui, con vista su Lagorai, Penegal, Roen, Cornet e Dos d'Abramo, mangiamo.
Finito il pranzo ritorniamo - chiacchierando amabilmente - sui nostri passi.
Ancora una volta il Macaion non s'ha da fare.. riusciremo prima o poi ad arrivarci? Mah ..chi lo sa .. di certo è che, con questa gita, si chiude un altro anno fatto di montagna e amici! Berg Heil!
Per quelli che non possono fare a meno della montagna... per quelli che aspettano la neve... per quelli che seguono l'ombra dell'orso...
mercoledì 29 dicembre 2010
martedì 28 dicembre 2010
28/12/2010 Ciaspolata solitaria sulla Costa dei Cavai e Rosta (Bondone)
Finalmente le agogniate ferie! Quest'oggi non c'è nessuno e così parto da casa da sola, sono indecisa tra il Bondone e Costalta, alla fine la scelta cade sul Bondone così eccomi alle Viote con -7°.
Calzate le ciaspole mi inoltro nella piana; il cielo è coperto e grigio, il sole sta donando il suo calore solo in Alto Adige.
Evitando i numerosi fondisti, mi ritrovo all'imboccatura della val del Merlo, qui mi metto le cuffie e mi isolo da tutti, la colonna sonora di "Into the Wild" mi rapisce.. comincio a salire, tra mughi e larici contorti, lungo la Costa dei Cavai.
La mente viaggia senza freni e ripercorro le gite fatte durante l'anno.. così in un batter d'occhio mi ritrovo a ciaspolare sull'Am Joch e sul Königsanger, a scaldarmi al sole di malga Staboletto, ad allenare la gamba su e giù per la Val Manara o sul Monte di Mezzocorona, a sistemar sentieri a Santa Colomba, a zompettare sotto il Turrion, a fissar moschettoni sulla Favogna, ad ammirare la busa Tramontana dal Ceda, a sistemar fototrappole in val d'Algone, a risalire verdi valli in terre cantabriche, a guardare il temporale arrivare dall'Adamello, a parlare con delle amiche mentre l'oscurità cala sul lago Corvo, a respirare l'aria d'alta quota sul Vioz, ad ammirare il lago Montalon, a sbinocolare all'alba il pian della Nana, ad avvistare fauna sulla Paganella e sul Gazza, a percorrere creste selvagge del Lagorai... “Sempre più desiderosa di scalare i monti, guardare le punte più ardite, provare quella gioia pura che solo in montagna si ha” (cit. Beato Pier Giorgio Frassati).
Salgo fino a circa 1820 m e poi comincio a scendere verso bocca di Vaiona (1695 m).
Il riverbero della neve è micidiale e la luce soffusa sfalsa le pendenze.
Faccio un breve break al baito che c'è al passo e poi comincio a risalire verso la Rosta.
Salgo a fil di cresta, di neve ce n'è poca perché è stata spazzata dal vento, si alternano croste di neve ghiacciata e massi, ad ogni passo un fruscio mi accompagna .. migliaia di cristalli di ghiaccio si staccano a destra e a sinistra.. un suono che ti culla e ti mette in sintonia con la natura.
Arrivo in cima (1839 m) e mi fermo a bere il the con i biscotti. L'Adamello e il Brenta sono sommersi dalla neve quando ecco che, quasi miracolosamente, verso nord le nubi si aprono permettendomi di godere appieno delle cime, delle guglie e dei pascoli innevati.
Scendo nel pianoro sotto la cima dove mi perdo a fotografare qualche abete e cespuglio intrappolati dal gelo. Nel frattempo arriva altra gente e quindi decido di ritornare a valle.
Scendo lentamente verso la torbiera delle Viote e mi sento felice.
Ancora una volta questi posti mi hanno fatto ritrovare me stessa.
Verso il gruppo dell'Adamello
Superstiti
Spettacolare Brenta
Altre foto qui
Calzate le ciaspole mi inoltro nella piana; il cielo è coperto e grigio, il sole sta donando il suo calore solo in Alto Adige.
Evitando i numerosi fondisti, mi ritrovo all'imboccatura della val del Merlo, qui mi metto le cuffie e mi isolo da tutti, la colonna sonora di "Into the Wild" mi rapisce.. comincio a salire, tra mughi e larici contorti, lungo la Costa dei Cavai.
La mente viaggia senza freni e ripercorro le gite fatte durante l'anno.. così in un batter d'occhio mi ritrovo a ciaspolare sull'Am Joch e sul Königsanger, a scaldarmi al sole di malga Staboletto, ad allenare la gamba su e giù per la Val Manara o sul Monte di Mezzocorona, a sistemar sentieri a Santa Colomba, a zompettare sotto il Turrion, a fissar moschettoni sulla Favogna, ad ammirare la busa Tramontana dal Ceda, a sistemar fototrappole in val d'Algone, a risalire verdi valli in terre cantabriche, a guardare il temporale arrivare dall'Adamello, a parlare con delle amiche mentre l'oscurità cala sul lago Corvo, a respirare l'aria d'alta quota sul Vioz, ad ammirare il lago Montalon, a sbinocolare all'alba il pian della Nana, ad avvistare fauna sulla Paganella e sul Gazza, a percorrere creste selvagge del Lagorai... “Sempre più desiderosa di scalare i monti, guardare le punte più ardite, provare quella gioia pura che solo in montagna si ha” (cit. Beato Pier Giorgio Frassati).
Salgo fino a circa 1820 m e poi comincio a scendere verso bocca di Vaiona (1695 m).
Il riverbero della neve è micidiale e la luce soffusa sfalsa le pendenze.
Faccio un breve break al baito che c'è al passo e poi comincio a risalire verso la Rosta.
Salgo a fil di cresta, di neve ce n'è poca perché è stata spazzata dal vento, si alternano croste di neve ghiacciata e massi, ad ogni passo un fruscio mi accompagna .. migliaia di cristalli di ghiaccio si staccano a destra e a sinistra.. un suono che ti culla e ti mette in sintonia con la natura.
Arrivo in cima (1839 m) e mi fermo a bere il the con i biscotti. L'Adamello e il Brenta sono sommersi dalla neve quando ecco che, quasi miracolosamente, verso nord le nubi si aprono permettendomi di godere appieno delle cime, delle guglie e dei pascoli innevati.
Scendo nel pianoro sotto la cima dove mi perdo a fotografare qualche abete e cespuglio intrappolati dal gelo. Nel frattempo arriva altra gente e quindi decido di ritornare a valle.
Scendo lentamente verso la torbiera delle Viote e mi sento felice.
Ancora una volta questi posti mi hanno fatto ritrovare me stessa.
Verso il gruppo dell'Adamello
Superstiti
Spettacolare Brenta
Altre foto qui
giovedì 23 dicembre 2010
sabato 18 dicembre 2010
18/12/2010 Ciaspolata alla Croce di Fai (Monte Fausior)
Nonostante il grigiore e le imminenti nevicate con Claudio decidiamo di andare a far una ciaspolata sul vicino monte Fausior.
A Fai della Paganella il termometro segna -9°. Arriviamo a Santel (1033 m) e lasciamo l'auto nel grosso parcheggio invaso dagli sciatori della domenica.
Cominciano a cadere i primi fiocchi di neve.
Calziamo le ciaspole e c'incamminiamo lungo la ripida strada forestale; la nevicata si fa più intensa. Proseguiamo fino alle Mozzane e qui imbocchiamo il sentiero 603A che s'inoltra, con frequenti tratti ghiacciati, nel bosco.
Perpendicolarmente al sentiero notiamo una pista sospetta e la seguiamo arrancando su un ripido costone, sembrerebbe una vecchia pista d'orso, ma le impronte sono troppo sformate per esserne sicuri.
Ritorniamo sul sentiero e in poco tempo siamo alla Baita Campedel (1365 m) dove ci concediamo un po' di the caldo. Finita la sosta partiamo alla volta della Croce di Fai (1400 m).
Dalla cima osserviamo la sottostante piana Rotaliana, essa giace imbiancata sotto un cielo plumbeo.
Ci fermiamo una decina di minuti e poi, vista la rigida temperatura, ritorniamo sui nostri passi.
Sulla via del ritorno facciamo ancora due piccole deviazioni per seguire tracce nel bosco; è questo che mi piace di più in questa stagione, cercare le impronte e fantasticare su chi le ha fatte.
Ritorniamo poi sulla strada maestra, proprio nel punto dove questa primavera abbiamo sentito vicino più che mai l'ombra dell'orso; e sotto una debole nevicata giungiamo infine al parcheggio.
Nei pressi di Baita Campedel
Croce di Fai
Zoomata sulla Piana Rotaliana
Cristo che guarda perplesso la cementificazione della Rotaliana
A Fai della Paganella il termometro segna -9°. Arriviamo a Santel (1033 m) e lasciamo l'auto nel grosso parcheggio invaso dagli sciatori della domenica.
Cominciano a cadere i primi fiocchi di neve.
Calziamo le ciaspole e c'incamminiamo lungo la ripida strada forestale; la nevicata si fa più intensa. Proseguiamo fino alle Mozzane e qui imbocchiamo il sentiero 603A che s'inoltra, con frequenti tratti ghiacciati, nel bosco.
Perpendicolarmente al sentiero notiamo una pista sospetta e la seguiamo arrancando su un ripido costone, sembrerebbe una vecchia pista d'orso, ma le impronte sono troppo sformate per esserne sicuri.
Ritorniamo sul sentiero e in poco tempo siamo alla Baita Campedel (1365 m) dove ci concediamo un po' di the caldo. Finita la sosta partiamo alla volta della Croce di Fai (1400 m).
Dalla cima osserviamo la sottostante piana Rotaliana, essa giace imbiancata sotto un cielo plumbeo.
Ci fermiamo una decina di minuti e poi, vista la rigida temperatura, ritorniamo sui nostri passi.
Sulla via del ritorno facciamo ancora due piccole deviazioni per seguire tracce nel bosco; è questo che mi piace di più in questa stagione, cercare le impronte e fantasticare su chi le ha fatte.
Ritorniamo poi sulla strada maestra, proprio nel punto dove questa primavera abbiamo sentito vicino più che mai l'ombra dell'orso; e sotto una debole nevicata giungiamo infine al parcheggio.
Nei pressi di Baita Campedel
Croce di Fai
Zoomata sulla Piana Rotaliana
Cristo che guarda perplesso la cementificazione della Rotaliana
lunedì 13 dicembre 2010
Video didattici su incontri con l'orso
Vi linko due video didattici su degli incontri con orsi sui monti Tatra.
Accendete anche l'audio!
Incontro con un maschio
Incontro con femmina con cuccioli
Accendete anche l'audio!
Incontro con un maschio
Incontro con femmina con cuccioli
venerdì 26 novembre 2010
Prima neve della stagione
Lo ammetto, ho dormito pocoi stanotte. L'attesa era tutta per la neve, le tapparelle lasciate un pò alte per controllare di tanto in tanto il lampione. Penso che mi sarò svegliato quattro o cinque volte, ma sapevo che l'ora x per cominciare a controllare fuori sarebbe stata quasi l'alba. Alle 6 primo controllo.... negativo. Secondo controllo verso le 6.40.... esito positivo! Fiocchi sparuti al lampione e dentro di me la gioia di un bambino. Attendo le 7 per svegliarmi. La sveglia suona. Mi fiondo alla finestra. Ancora fiocchi.
La giornata continuerà con una nevicata che definirla tale è un insulto alla neve visto l'accumulo praticamente nullo, ma quest'aria di attesa e speranza per la neve mi mancava da parecchi mesi!
Benvenuto inverno.
La giornata continuerà con una nevicata che definirla tale è un insulto alla neve visto l'accumulo praticamente nullo, ma quest'aria di attesa e speranza per la neve mi mancava da parecchi mesi!
Benvenuto inverno.
26/11/2010 Ciaspolata glaciale a malga Dagnola (Brenta)
E' arrivata la neve e con essa il freddo.
Parcheggiamo al centro sportivo di Andalo (1050 m) e il termometro dell'auto segna senza alcun tentennamento -11°. Bel modo d'iniziare la stagione delle ciaspole.
Scendo dall'auto, l'imponente versante settentrionale della Paganella copre il sole e mi ghiaccio all'istante; "odio" (si fa per dire eh...) l'inverno perchè prima di iniziare a camminare bisogna penare tra scarponi, ghette, mani gelate, ciaspole, pile su pile, guanti e tutta la baracca.
Max e Claudio calzano subito le ciaspole e cominciano a risalire i prati verso il maso Pegorar, io son troppo intirizzita, e con le ciaspole ancora in mano, faccio il giro lungo e arrivo al maso percorrendo la strada.
Finalmente siamo al sole, grazie a un minimo di tepore posso calzare tranquillamente le ciaspole e comincio a togliermi di dosso un pò di strati di vestiario.
Dopodichè entriamo nel bosco di faggi, sul sentiero non è ancora passato nessuno.
I suoni sono ovattati, le neve è ancora attaccata ai rami. Sotto questa neve, non molto lontano da noi, fratello orso sta iniziando il lungo sonno.
Risaliamo per il ripido sentiero poi prendiamo la strada forestale; di tanto in tanto s'apre uno scorcio verso la sella del Montoz e il Monte Corona.. sono ricoperti da una spessa coltre di neve.
Giungiamo a malga Dagnola Bassa (1542 m), l'alpeggio è silente e ammantato di neve, l'unica nota stonata è una jeep che nonostante la neve è riuscita a giungere fin qui.
Ai caldi raggi del sole pranziamo e ci rilassiamo. Mi perdo a inseguire con la mente le mille tracce di animali che solcano la neve.
Finito di mangiare ritorniamo a valle, a parte una piccola deviazione ursina, dallo stesso percorso dell'andata.
Benvenuto inverno!
Link al photoalbum di Everest qui
Verso Cima Borcola
I pascoli della Dagnola
Monte Corona
Sentieri innevati
Link al mio photobucket qui
Malga Dagnola
Parcheggiamo al centro sportivo di Andalo (1050 m) e il termometro dell'auto segna senza alcun tentennamento -11°. Bel modo d'iniziare la stagione delle ciaspole.
Scendo dall'auto, l'imponente versante settentrionale della Paganella copre il sole e mi ghiaccio all'istante; "odio" (si fa per dire eh...) l'inverno perchè prima di iniziare a camminare bisogna penare tra scarponi, ghette, mani gelate, ciaspole, pile su pile, guanti e tutta la baracca.
Max e Claudio calzano subito le ciaspole e cominciano a risalire i prati verso il maso Pegorar, io son troppo intirizzita, e con le ciaspole ancora in mano, faccio il giro lungo e arrivo al maso percorrendo la strada.
Finalmente siamo al sole, grazie a un minimo di tepore posso calzare tranquillamente le ciaspole e comincio a togliermi di dosso un pò di strati di vestiario.
Dopodichè entriamo nel bosco di faggi, sul sentiero non è ancora passato nessuno.
I suoni sono ovattati, le neve è ancora attaccata ai rami. Sotto questa neve, non molto lontano da noi, fratello orso sta iniziando il lungo sonno.
Risaliamo per il ripido sentiero poi prendiamo la strada forestale; di tanto in tanto s'apre uno scorcio verso la sella del Montoz e il Monte Corona.. sono ricoperti da una spessa coltre di neve.
Giungiamo a malga Dagnola Bassa (1542 m), l'alpeggio è silente e ammantato di neve, l'unica nota stonata è una jeep che nonostante la neve è riuscita a giungere fin qui.
Ai caldi raggi del sole pranziamo e ci rilassiamo. Mi perdo a inseguire con la mente le mille tracce di animali che solcano la neve.
Finito di mangiare ritorniamo a valle, a parte una piccola deviazione ursina, dallo stesso percorso dell'andata.
Benvenuto inverno!
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Verso Cima Borcola
I pascoli della Dagnola
Monte Corona
Sentieri innevati
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VIVA CANGACEIRO
A distanza di 11 anni rieccomi a un concerto dei mitici Litfiba, il gruppo che mi ha aperto la mente verso le sonorità rock.
Unico rammarico non mi hanno fatto "Eroi nel Vento", ma in compenso hanno suonato molti pezzi storici da Paname a Louisiana, da Gioconda a Cangaceiro.
Mitico Piero!!!
ps: ho ancora mal alla gola e alla cervicale (se vede che son deventada vecia :P)
Unico rammarico non mi hanno fatto "Eroi nel Vento", ma in compenso hanno suonato molti pezzi storici da Paname a Louisiana, da Gioconda a Cangaceiro.
Mitico Piero!!!
ps: ho ancora mal alla gola e alla cervicale (se vede che son deventada vecia :P)
sabato 13 novembre 2010
13/11/2010 Con le nebbie sul Monte Prada (Brenta Meridionale)
E' arrivata la neve così con Claudio e Max si decide di andare a cercare piste d'orso. Fra le mete papabili scegliamo il Monte Prada, nel Brenta meridionale.
Parcheggiamo nei pressi del rifugio Alpenrose (1040 m) e c'incamminiamo lungo la strada forestale che sale ripida per il bosco, l'aria è greve e uggiosa.
A un bivio prendiamo il nuovo sentiero “Prada – Veson” che si alza gradatamente verso Prada. Su un albero troviamo peli sospetti così ci dividiamo e io comincio a vagare fra cespugli e alberi, così vagando mi ritrovo spesso in mezzo a piccole radure incantevoli; ogni tanto si apre qualche scorcio sul Gazza.
Ci ricompattiamo e giungiamo assieme ai Piani di Foschera; sopra di noi estese praterie ingiallite puntellate qua e là da qualche lingua di neve. Con il binocolo noto un movimento vicino a un peccio: è un camoscio che avanza lentamente per poi sparisce dietro il crinale.
Se ne va il camoscio e giungono strisciando nubi basse e nebbie.
Facciamo una pausa in località Prada (1541 m), ma l'umidità ci spinge ben presto a rimetterci in marcia lungo il sentiero 345.
Dietro a una curva s'ode un rumore, un secondo di suspense, ma è solo un frullo di ali di qualche tetraonide, sulla neve infatti troviamo le sue orme.
Il miracolo sta per compiersi: buchiamo lo strato di nubi ed eccoci sospesi sul mare.
Cerchiamo un posto più o meno asciutto (utopia!) e pranziamo ammirando l'isola del Palon e delle Tre Cime emergere da un bianco candore.
Sopra i Piani di Foschera volteggia una poiana. Sulle creste alle nostre spalle un branco di 6-7 camosci sfida la gravità, mentre uno solitario corre a rotto di collo giù per un ghiaione.
Un abbaio di capriolo giunge fino a noi dal bosco sottostante.
Dopo questa lunga pausa zaino in spalla e cominciamo a scendere; ignoriamo il bivio per la forcella del Bregain e proseguiamo lungo la mulattiera che porta all'Alpenrose. A bordo strada troviamo anche una pista sospetta.
Grazie alla pendenza di questo sentiero giungiamo ben presto al parcheggio, ancora una volta con il pensiero che anche per quest'anno l'orso ci è “sfuggito”...
Praterie
Profili
Nebbie striscianti
Altre foto qui
Parcheggiamo nei pressi del rifugio Alpenrose (1040 m) e c'incamminiamo lungo la strada forestale che sale ripida per il bosco, l'aria è greve e uggiosa.
A un bivio prendiamo il nuovo sentiero “Prada – Veson” che si alza gradatamente verso Prada. Su un albero troviamo peli sospetti così ci dividiamo e io comincio a vagare fra cespugli e alberi, così vagando mi ritrovo spesso in mezzo a piccole radure incantevoli; ogni tanto si apre qualche scorcio sul Gazza.
Ci ricompattiamo e giungiamo assieme ai Piani di Foschera; sopra di noi estese praterie ingiallite puntellate qua e là da qualche lingua di neve. Con il binocolo noto un movimento vicino a un peccio: è un camoscio che avanza lentamente per poi sparisce dietro il crinale.
Se ne va il camoscio e giungono strisciando nubi basse e nebbie.
Facciamo una pausa in località Prada (1541 m), ma l'umidità ci spinge ben presto a rimetterci in marcia lungo il sentiero 345.
Dietro a una curva s'ode un rumore, un secondo di suspense, ma è solo un frullo di ali di qualche tetraonide, sulla neve infatti troviamo le sue orme.
Il miracolo sta per compiersi: buchiamo lo strato di nubi ed eccoci sospesi sul mare.
Cerchiamo un posto più o meno asciutto (utopia!) e pranziamo ammirando l'isola del Palon e delle Tre Cime emergere da un bianco candore.
Sopra i Piani di Foschera volteggia una poiana. Sulle creste alle nostre spalle un branco di 6-7 camosci sfida la gravità, mentre uno solitario corre a rotto di collo giù per un ghiaione.
Un abbaio di capriolo giunge fino a noi dal bosco sottostante.
Dopo questa lunga pausa zaino in spalla e cominciamo a scendere; ignoriamo il bivio per la forcella del Bregain e proseguiamo lungo la mulattiera che porta all'Alpenrose. A bordo strada troviamo anche una pista sospetta.
Grazie alla pendenza di questo sentiero giungiamo ben presto al parcheggio, ancora una volta con il pensiero che anche per quest'anno l'orso ci è “sfuggito”...
Praterie
Profili
Nebbie striscianti
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sabato 6 novembre 2010
06/11/2010 Sopra il mare di nubi sul Monte Misone (Passo Ballino)
Ci troviamo allo Zuffo io, Claudio, Elisa e Max e partiamo alla volta del Bleggio. Varchiamo, nella nebbia più totale, il Passo del Ballino, poi risaliamo verso l'ameno paesino di Villa del Monte e da qui in breve ci troviamo al parcheggio del rifugio San Pietro (930 m).
Degli squarci fra le nebbie ci fanno intuire che sopra di esse il cielo è sereno.
C'incamminiamo su strada sterrata in direzione nord, a 966 metri prendiamo a sinistra il sentiero 412.
Prima percorriamo una sconnessa forestale poi imbocchiamo un ripido sentiero che sale per rada vegetazione. Buchiamo ben presto lo strato di nebbie e giungiamo alla Selletta del Castiol (1350 m) che s'affaccia sulla valle del lago di Tenno. Dal mare di nubi emergono le aspre alpi di Ledro.
Siamo sul versante occidentale del Misone, dapprima attraversiamo un bosco di faggi, poi un bosco di dorate betulle e fiammeggianti larici. Il sentiero gira ancora e nei pressi di Malga Tenno (1573 m) la vista s'apre su Carè Alto, Presanella e Brenta; qui troviamo anche i primi residui delle recenti nevicate.
Facciamo una breve pausa alla malga e poi saliamo per sentiero ben tracciato tra cespugli e radure, nel lato ombroso fa abbastanza freddo, ma ritorniamo ben presto ai fin troppo caldi raggi del sole.
Altri nuovi scorci ci allietano il cuore, sotto di noi si estende la val Lomasone e dietro la dorsale Casale-Brento. Ben presto eccoci sui 1803 m della cima del Monte Misone. Nanana naaa.
Il lago di Garda giace sotto il mare di nubi, emergono solo l'Altissimo e tutta la catena del Baldo. Sembra di essere ritornati ai tempi delle glaciazioni quando esistevano solo queste “isole”.
Ci godiamo la cima per quasi un'ora, poi scendiamo per lo stesso sentiero dell'andata.
Durante una pausa vicino a malga Tenno noto un movimento sul crinale, binocolo, ed ecco due bei caprioli. Riprendiamo il cammino verso la selletta del Castiol e da qui, facendo attenzione a non distruggerci le caviglie, scendiamo cautamente.
La nebbia torna strisciando nella valle di San Pietro, il tempo di scattare qualche foto a una pecceta puntellata da fiammanti larici e tutto ritorna come la mattina, umido e coperto.
Giungiamo all'auto tra le nebbie ma con la consapevolezze che oltre l'oscurità il sole splende ancora.. e ciò succede qui come in tutte le cose della vita!
Infiniti monti
Nebbie
Autunno sulle alpi di Ledro
Foto di gruppo con il Brenta sullo sfondo
Altre foto qui
Degli squarci fra le nebbie ci fanno intuire che sopra di esse il cielo è sereno.
C'incamminiamo su strada sterrata in direzione nord, a 966 metri prendiamo a sinistra il sentiero 412.
Prima percorriamo una sconnessa forestale poi imbocchiamo un ripido sentiero che sale per rada vegetazione. Buchiamo ben presto lo strato di nebbie e giungiamo alla Selletta del Castiol (1350 m) che s'affaccia sulla valle del lago di Tenno. Dal mare di nubi emergono le aspre alpi di Ledro.
Siamo sul versante occidentale del Misone, dapprima attraversiamo un bosco di faggi, poi un bosco di dorate betulle e fiammeggianti larici. Il sentiero gira ancora e nei pressi di Malga Tenno (1573 m) la vista s'apre su Carè Alto, Presanella e Brenta; qui troviamo anche i primi residui delle recenti nevicate.
Facciamo una breve pausa alla malga e poi saliamo per sentiero ben tracciato tra cespugli e radure, nel lato ombroso fa abbastanza freddo, ma ritorniamo ben presto ai fin troppo caldi raggi del sole.
Altri nuovi scorci ci allietano il cuore, sotto di noi si estende la val Lomasone e dietro la dorsale Casale-Brento. Ben presto eccoci sui 1803 m della cima del Monte Misone. Nanana naaa.
Il lago di Garda giace sotto il mare di nubi, emergono solo l'Altissimo e tutta la catena del Baldo. Sembra di essere ritornati ai tempi delle glaciazioni quando esistevano solo queste “isole”.
Ci godiamo la cima per quasi un'ora, poi scendiamo per lo stesso sentiero dell'andata.
Durante una pausa vicino a malga Tenno noto un movimento sul crinale, binocolo, ed ecco due bei caprioli. Riprendiamo il cammino verso la selletta del Castiol e da qui, facendo attenzione a non distruggerci le caviglie, scendiamo cautamente.
La nebbia torna strisciando nella valle di San Pietro, il tempo di scattare qualche foto a una pecceta puntellata da fiammanti larici e tutto ritorna come la mattina, umido e coperto.
Giungiamo all'auto tra le nebbie ma con la consapevolezze che oltre l'oscurità il sole splende ancora.. e ciò succede qui come in tutte le cose della vita!
Infiniti monti
Nebbie
Autunno sulle alpi di Ledro
Foto di gruppo con il Brenta sullo sfondo
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venerdì 5 novembre 2010
sabato 30 ottobre 2010
30/10/2010 Da casa al Dos del Grave e Lago Santa Colomba (Altopiano Argentario)
Il raffreddore incombe, ma nonostante questo, visto che finalmente c'è una giornata di -quasi- bel tempo nel week end, ne approfitto per salire a una “cima” a portata di mano.
Parto da casa a piedi, supero i masi di Camparta Bassa (309 m) e risalgo l'umida e fredda valletta percorsa dal Rio Papa; si chiama via dei Molinari perché un tempo vi erano molti mulini ad acqua. Sono a Gazzadina (436 m) e qui, per strada asfaltata, salgo a Cortesano (555 m) dove mi raggiungono in auto Claudio ed Elisa.
Prendiamo il sentiero 422 e saliamo per boschi di pino silvestre verso la colonia di Pralungo. Superiamo il bivio con il sentiero 472 e continuiamo a camminare lungo la forestale che ora attraversa un bel bosco di faggi dai caldi colori autunnali.
Ci troviamo ben presto ai confini del biotopo de Le Grave; imbocchiamo il sentiero di visita e risaliamo quest'arido colle puntellato di pini silvestre bonsai. Claudio vede un capriolo fuggire fra gli arbusti e i peri corvini.
Purtroppo stanno già arrivando da ovest le previste velature, ma nonostante ciò possiamo godere del bel panorama a 360° che offre questa modesta cima di 991 metri: dal Bondone al Blumone, dalla Paganella al Brenta, dal Corno Nero al Fravort.
Scendiamo dal colle e andiamo a pranzare sulle rive dell'ameno lago di Santa Colomba (925 m).
Dopo uno sbrigativo pasto ci concediamo un caldo caffè al ristorante del lago e poi prendiamo la strada del ritorno. Con sprezzo del pericolo riusciamo a superare indenni delle grosse pozze di acqua e fango (Elisa.. paura eh!); ad un bivio che abbiamo incontrato anche lungo l'andata decidiamo di scendere per il sentiero 472, una ripida mulattiera che porta alla località Le Gorghe (687 m). Da qui, per una panoramica strada di campagna, ritorniamo a Cortesano e quindi all'auto.
Bella gita fuori porta!
Parto da casa a piedi, supero i masi di Camparta Bassa (309 m) e risalgo l'umida e fredda valletta percorsa dal Rio Papa; si chiama via dei Molinari perché un tempo vi erano molti mulini ad acqua. Sono a Gazzadina (436 m) e qui, per strada asfaltata, salgo a Cortesano (555 m) dove mi raggiungono in auto Claudio ed Elisa.
Prendiamo il sentiero 422 e saliamo per boschi di pino silvestre verso la colonia di Pralungo. Superiamo il bivio con il sentiero 472 e continuiamo a camminare lungo la forestale che ora attraversa un bel bosco di faggi dai caldi colori autunnali.
Ci troviamo ben presto ai confini del biotopo de Le Grave; imbocchiamo il sentiero di visita e risaliamo quest'arido colle puntellato di pini silvestre bonsai. Claudio vede un capriolo fuggire fra gli arbusti e i peri corvini.
Purtroppo stanno già arrivando da ovest le previste velature, ma nonostante ciò possiamo godere del bel panorama a 360° che offre questa modesta cima di 991 metri: dal Bondone al Blumone, dalla Paganella al Brenta, dal Corno Nero al Fravort.
Scendiamo dal colle e andiamo a pranzare sulle rive dell'ameno lago di Santa Colomba (925 m).
Dopo uno sbrigativo pasto ci concediamo un caldo caffè al ristorante del lago e poi prendiamo la strada del ritorno. Con sprezzo del pericolo riusciamo a superare indenni delle grosse pozze di acqua e fango (Elisa.. paura eh!); ad un bivio che abbiamo incontrato anche lungo l'andata decidiamo di scendere per il sentiero 472, una ripida mulattiera che porta alla località Le Gorghe (687 m). Da qui, per una panoramica strada di campagna, ritorniamo a Cortesano e quindi all'auto.
Bella gita fuori porta!
venerdì 29 ottobre 2010
Autunno autunno...
"Quando Autunno immerge i boschi nella nebbia e porta lontano il sentiero
Sulle umide foglie screziate di rosso il piede si posa leggero
Quando è lungo il passo e profondo il pensiero
E il vento freddo il viso sfiora
Quando è lungo il passo e tortuoso il cammino
E il vento freddo il manto sfiora"
Così cantava Fangorn nella sua meravigliosa foresta :)
A causa della maledizione del maltempo del weekend quest'anno non sono ancora arrivata a far foto autunnali decenti.. non so se riuscirò a rifarmi.. in compenso pubblico un pò di foto dello scorso autunno
Sulle umide foglie screziate di rosso il piede si posa leggero
Quando è lungo il passo e profondo il pensiero
E il vento freddo il viso sfiora
Quando è lungo il passo e tortuoso il cammino
E il vento freddo il manto sfiora"
Così cantava Fangorn nella sua meravigliosa foresta :)
A causa della maledizione del maltempo del weekend quest'anno non sono ancora arrivata a far foto autunnali decenti.. non so se riuscirò a rifarmi.. in compenso pubblico un pò di foto dello scorso autunno
sabato 23 ottobre 2010
Sta per tornare....
Sale l'attesa per il suo ritorno. I nostri monti fra qualche ora saranno avvolti dalle nubi e al ritorno del sole, un mantello bianco li proteggerà per i prossimi mesi... la bella stagione ha di nuovo inizio!!!
domenica 10 ottobre 2010
10/10/2010 Percorrendo creste autunnali: Cima Mendana e Ciste (Lagorai)
E anche quest'anno è giunto il momento dell'ultima gita SAT.
Ci si trova in piazza del mercato ad orari “carleschi”, le 7, e partiamo in 13 satini alla volta della Valsugana.
C'è una nebbia da paura, ma per fortuna appena saliamo verso Campestrini la lasciamo sotto di noi. Parcheggiamo l'auto nei pressi di Suerta (1370 m) e c'incamminiamo verso la testata della val Mendana.
Superiamo alcune baite e socializziamo con alcuni simpatici asinelli. Guadiamo un rio e cominciamo a salire ripidamente; siamo immersi nei colori autunnali, alla nostra sinistra, su uno scuro sperone di roccia porfirica, un lariceto in fiamme attira la mia attenzione. Risaliamo questa selvaggia valletta fino a malga Sette Selle (1906 m) da dove si ha un gran bel colpo d'occhio sulle cime Sassorotto e Sassorosso.
Facciamo una pausa e poi, per sentiero non segnato, puntiamo a forcella Mendana (2049 m) da dove ha inizio il nostro panoramico percorso di cresta.
Dalla forcella si domina l'altrettanto bella e selvaggia val d'Ezze. Ad un tratto, osservando queste verdi e vaste vallate, le scure cime, i numerosi rivi, le rare malghe realizzo quanto mi sia mancato il Lagorai, il primo amore non si scorda mai.
Iniziamo a salire lungo la ripida cresta e ci troviamo ben presto su Cima Mendana (2148 m). Scattiamo qualche foto e poi proseguiamo con un lungo sali e scendi, tagliando a volte ripidi e pericolosi pendii erbosi, verso la nostra meta, Cima Ciste (2186 m).
Giungiamo a piccoli gruppi in cima, le nebbie stanno salendo dalla Valsugana, ma per fortuna la magnifica vista ce la siamo già goduta. Così, con un “commovente” (nel senso che “la fa vegnir da pianzer quando la canta”) karaoke di Carla, pranziamo.
Foto di vetta e poi giù direzione forcella Lavoschio, ma noi giriamo molto prima e puntiamo verso le malghe Ciste; nei pressi di una bella baita in legno sorseggiamo un po' di te e poi imbocchiamo una ripida strada forestale che ci porta in men che non si dica all'auto.
Per vedere altre foto cliccare qui
Ci si trova in piazza del mercato ad orari “carleschi”, le 7, e partiamo in 13 satini alla volta della Valsugana.
C'è una nebbia da paura, ma per fortuna appena saliamo verso Campestrini la lasciamo sotto di noi. Parcheggiamo l'auto nei pressi di Suerta (1370 m) e c'incamminiamo verso la testata della val Mendana.
Superiamo alcune baite e socializziamo con alcuni simpatici asinelli. Guadiamo un rio e cominciamo a salire ripidamente; siamo immersi nei colori autunnali, alla nostra sinistra, su uno scuro sperone di roccia porfirica, un lariceto in fiamme attira la mia attenzione. Risaliamo questa selvaggia valletta fino a malga Sette Selle (1906 m) da dove si ha un gran bel colpo d'occhio sulle cime Sassorotto e Sassorosso.
Facciamo una pausa e poi, per sentiero non segnato, puntiamo a forcella Mendana (2049 m) da dove ha inizio il nostro panoramico percorso di cresta.
Dalla forcella si domina l'altrettanto bella e selvaggia val d'Ezze. Ad un tratto, osservando queste verdi e vaste vallate, le scure cime, i numerosi rivi, le rare malghe realizzo quanto mi sia mancato il Lagorai, il primo amore non si scorda mai.
Iniziamo a salire lungo la ripida cresta e ci troviamo ben presto su Cima Mendana (2148 m). Scattiamo qualche foto e poi proseguiamo con un lungo sali e scendi, tagliando a volte ripidi e pericolosi pendii erbosi, verso la nostra meta, Cima Ciste (2186 m).
Giungiamo a piccoli gruppi in cima, le nebbie stanno salendo dalla Valsugana, ma per fortuna la magnifica vista ce la siamo già goduta. Così, con un “commovente” (nel senso che “la fa vegnir da pianzer quando la canta”) karaoke di Carla, pranziamo.
Foto di vetta e poi giù direzione forcella Lavoschio, ma noi giriamo molto prima e puntiamo verso le malghe Ciste; nei pressi di una bella baita in legno sorseggiamo un po' di te e poi imbocchiamo una ripida strada forestale che ci porta in men che non si dica all'auto.
Per vedere altre foto cliccare qui
sabato 2 ottobre 2010
02/10/2010 Ancora una volta nelle nebbie: Monte Ranzo (Gazza)
Con Claudio ed Elisa partiamo alla volta dello Zuffo dove c'incontriamo con Flavio, Linda e Xavi.
Visto il “bellissimo” tempo decidiamo, anziché di allontanarci verso il Bleggio come da programma, di salire sul vicino Monte Ranzo.
Parcheggiamo l'auto a Margone (941 m ) e da qui c'incamminiamo lungo la strada forestale che passa vicino al cimitero.
La Valle dei Laghi è ammantata dalle nebbie.
Saliamo fino a 1682 metri, sopra Malga Gazza, e da qui prendiamo la strada (segnavia 602) che percorre la lunga dorsale del Gazza. Ad un certo punto notiamo sul promontorio in lontananza un vistoso profilo, un grosso animale marrone, palpitazioni a mille, binocolo... è solo una mucca..porc!
Proseguiamo nelle nebbie e nell'umidità; incontriamo moltissimi, troppi, cacciatori.
Ripetutamente risuona nell'aria l'eco di spari, l'autunno per molti versi è la stagione che preferisco in montagna, ma per altri no.. ogni sparo è una ferita al cuore, spesso mi chiedo chi è stato ucciso, si sarà accorto di essere stato al centro del mirino? Avrà visto in faccia la morte o gli sarà arrivata alle spalle?
Proseguiamo il nostro cammino lungo il segnavi 602, poi prendiamo una mulattiera che in breve ci porta in cima al monte Ranzo (1836 m).
Le nebbie si diradano un poco, giusto il tempo di godere della vista sul Brenta, poi si richiudono ancora. Dentro quelle nebbie forse indugia anche l'anima di mia zia, venuta a mancare proprio due giorni fa, chissà se adesso avrà raggiunto il suo amato marito.
Pranziamo e poi ritorniamo verso malga Gazza percorrendo la larga cresta.
Dalla malga imbocchiamo il sentiero che, attraversando un bel bosco di faggi, ci porta a Malga Bael (1086 m). Qui, finalmente baciati dal sole, ci rilassiamo un po'.
Finita la siesta imbocchiamo il sentiero panoramico che, tagliando il fianco sud della montagna, riporta a Margone; ad un tratto un rumore nel bosco ecco 3-5 camosci che corrono via verso l'alto.
Nei pressi del paese troviamo alcune fatte piene di bacche, seguo piste nell'erba, sentieri nel bosco, raccolgo un po' di campioni, ma alla fine, vista la presenza di latrine, concludo che si tratta di fatte di tasso.
Ben presto siamo al parcheggio e a suon di “Ciapa la galeina!!!” si conclude anche quest'avventura sui monti di casa.
Sua Maestà il Brenta emerge dai mughi!
Altre foto (poche e fatte con la compattina) qui
Visto il “bellissimo” tempo decidiamo, anziché di allontanarci verso il Bleggio come da programma, di salire sul vicino Monte Ranzo.
Parcheggiamo l'auto a Margone (941 m ) e da qui c'incamminiamo lungo la strada forestale che passa vicino al cimitero.
La Valle dei Laghi è ammantata dalle nebbie.
Saliamo fino a 1682 metri, sopra Malga Gazza, e da qui prendiamo la strada (segnavia 602) che percorre la lunga dorsale del Gazza. Ad un certo punto notiamo sul promontorio in lontananza un vistoso profilo, un grosso animale marrone, palpitazioni a mille, binocolo... è solo una mucca..porc!
Proseguiamo nelle nebbie e nell'umidità; incontriamo moltissimi, troppi, cacciatori.
Ripetutamente risuona nell'aria l'eco di spari, l'autunno per molti versi è la stagione che preferisco in montagna, ma per altri no.. ogni sparo è una ferita al cuore, spesso mi chiedo chi è stato ucciso, si sarà accorto di essere stato al centro del mirino? Avrà visto in faccia la morte o gli sarà arrivata alle spalle?
Proseguiamo il nostro cammino lungo il segnavi 602, poi prendiamo una mulattiera che in breve ci porta in cima al monte Ranzo (1836 m).
Le nebbie si diradano un poco, giusto il tempo di godere della vista sul Brenta, poi si richiudono ancora. Dentro quelle nebbie forse indugia anche l'anima di mia zia, venuta a mancare proprio due giorni fa, chissà se adesso avrà raggiunto il suo amato marito.
Pranziamo e poi ritorniamo verso malga Gazza percorrendo la larga cresta.
Dalla malga imbocchiamo il sentiero che, attraversando un bel bosco di faggi, ci porta a Malga Bael (1086 m). Qui, finalmente baciati dal sole, ci rilassiamo un po'.
Finita la siesta imbocchiamo il sentiero panoramico che, tagliando il fianco sud della montagna, riporta a Margone; ad un tratto un rumore nel bosco ecco 3-5 camosci che corrono via verso l'alto.
Nei pressi del paese troviamo alcune fatte piene di bacche, seguo piste nell'erba, sentieri nel bosco, raccolgo un po' di campioni, ma alla fine, vista la presenza di latrine, concludo che si tratta di fatte di tasso.
Ben presto siamo al parcheggio e a suon di “Ciapa la galeina!!!” si conclude anche quest'avventura sui monti di casa.
Sua Maestà il Brenta emerge dai mughi!
Altre foto (poche e fatte con la compattina) qui
venerdì 1 ottobre 2010
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