Con Claudio, Flavio e Max siamo in viaggio da quasi 2 ore...e ci sembra un'infinità!
Stiamo risalendo la val Martello, una valle laterale della val Venosta che s'inoltra nel cuore del gruppo Ortles - Cevedale. Oltrepassiamo il lago di Gioveretto e affrontiamo gli ultimi ripidi tornanti che ci conducono al rifugio Genziana/Henzianhütte (2051 m) dove parcheggiamo l'auto.
Ci cambiamo e imbocchiamo il sentiero 151 che attraversa un bel bosco di cembri, al suolo c'è poca neve. Proseguiamo un po' e poi calziamo le ciaspole, più per non scivolare che per reale bisogno, e in breve siamo al rifugio Nino Corsi/Zufallhütte (2265 m). Nei pressi della graziosa chiesetta facciamo una piccola pausa: la giornata è tersa e splende il sole, ma tira un vento fastidioso che s'insinua ovunque.
Con la coda dell'occhio vedo un movimento sui verdi pascoli della val Mandriccio, prendo il binocolo di Max e intercetto così due grossi camosci.
Ci rimettiamo in marcia e costeggiamo una valletta con una parete ricoperta di colate di ghiaccio, a terra c'è neve dura. Superiamo questo sbalzo e giungiamo al muraglione di pietra eretto un secolo fa per bloccare eventuali esondazioni dai laghetti glaciali nel Rio Plimabach.
Dinnanzi a noi si apre un ampio vallone di una bellezza sconcertante, quasi patagonica.
Macchie di prateria color ocra che emergono dalla neve, un sottile filo d'acqua che solca il fondovalle, cime severe ai lati e all'orizzonte le grandi vette con i loro ghiacciai, su tutte svetta fiera la Zufallspitze. Alla nostra sinistra, su uno sperone roccioso ai piedi di cima Venezia si staglia la nostra meta, il rifugio Martello.
Percorriamo il sentiero invernale e, accompagnati dal fluire dell'acqua, attraversiamo il fondovalle fino a che non giungiamo all'attacco del muro di 200 metri che ci separa dal rifugio.
Saliamo alla spicciolata, bisogna far attenzione perché la neve è dura e in alcuni tratti c'è ghiaccio scoperto, ma fortunatamente i ramponi delle ciaspole mordono bene.
Mi prende la frenesia, mi alzo velocemente, poi mi fermo ad aspettare i miei compagni d'avventura e toh..appena mi giro lo sguardo è attratto dalla superlativa piramide del Gran Zebrù... senza parole.
Finalmente superiamo il tratto ostico e in breve siamo al Rifugio Martello/Marteller hütte (2610 m) frequentato da molti scialpinisti. Dopo aver pranzato, più per ripararci dal vento fastidioso che altro, entriamo in rifugio a bere qualcosa di caldo.
Dalla finestra ammiriamo estasiati il passo della Forcola, la Zufallspitze, la Suldenspitze, il Konigsspitze, la Mutspitze, il Pederspitze e via dicendo.
Finita la contemplazione ci prepariamo per il ritorno.
Ridiscendiamo con cautela il ripido salto e nel fondovalle seguiamo la pista battuta all'andata perché appena si esce da questa si sprofonda nella neve bagnata.
Sfioriamo nuovamente il rifugio Corsi e, dopo aver incontrato un buffo personaggio uscito direttamente dal set di Beautiful, raggiungiamo all'auto.
Ci attende il lungo viaggio di rientro verso Trento... ma un'agoniata tappa alla Forst ci rende il viaggio decisamente più piacevole!!!
Per quelli che non possono fare a meno della montagna... per quelli che aspettano la neve... per quelli che seguono l'ombra dell'orso...
sabato 31 marzo 2012
giovedì 29 marzo 2012
Un amico è passato a trovarci
Questo è con la fototrappola HD.. alzate anche il volume :P
sabato 24 marzo 2012
24/03/2012 Pedorampociaspolata al Breitbichl (Maddalene – Val d'Ultimo)
La giornata inizia con una lastra di ghiaccio che mette a dura prova la mia povera Clio, ma la "piccola" non molla e finalmente raggiungiamo una comoda piazzola.
Siamo all'imbocco della val Clapa/Klapfbergtal in Val d'Ultimo/Ultental.
Ci carichiamo sulla schiena zaino e ciaspole e c'incamminiamo lungo la strada forestale contrassegnata con il segnavia 16.
Dopo due tornanti decidiamo di mettere i ramponcini per evitare di schiantarci sul fondo ghiacciato.
Poco dopo, sulla nostra destra, incrociamo la strada forestale che sale alla Londaialm; decidiamo di prendere questa, anziché il sentiero, perché meno ripida.
La strada è ricoperta da un sottile strato di neve. Non sono passati umani, ma in compenso sono passati tantissimi animali.. grosse impronte di cervo, saltellanti scoiattoli, barcollanti tassi, le piccole pinze del capriolo, camosci.. c'è di tutto.
La strada asseconda la dorsale della montagna e tra gli alberi fa capolino l'Orecchia di Lepre: il cielo si sta incupendo e là cominciano a cadere i primi fiocchi.
Siamo in pieno versante nord, sulla strada ora ci saranno 20 centimetri di neve, io ed Elisa decidiamo di indossare le ciaspole e battere strada per Claudio che n'è sprovvisto.
Arranchiamo con fatica sulla neve bagnata, sotto i piedi si forma uno zoccolo tremendo.
Giungiamo all'incrocio con il sentiero 16A, non c'è più neve, ci togliamo le ciaspole e risaliamo in un bel bosco di abeti verso la Londaialm.
Un ultimo strappetto ed eccoci alla malga (2084 m) dove faccio involare 5-6 pernici bianche.
Il luogo è idilliaco: alle spalle svetta Cima Trenta e di fronte si apre l'anfiteatro della val Clapa con le selvagge cime del Monte Faggiola, la Stubele, la Cima Binasia e via fino al passo Clapa.
Prima di attaccare la cima pranziamo comodamente su delle panche. Nel frattempo il cielo si è coperto e anche qui cominciano a cadere i primi fiocchi di neve.
Nascondiamo gli zaini e le ciaspole dietro la malga e c'avviamo verso la nostra cimetta liberi da fardelli. La vegetazione ora lascia spazio ai pascoli, seguiamo il sentiero sgombro da neve.
Ad un certo punto odiamo uno strano rumore, ci giriamo ed ecco due pernici volar via. Poi di nuovo silenzio.
Proseguo estasiata, giro l'angolo e riecco un frullare di ali.. le stesse due pernici s'involano a pochi metri da me... fantasmi bianchi in un cielo grigio.
Ecco la croce... siamo sul Colle Largo/Breitbichl (2287 m).. sotto di noi si apre la val d'Ultimo e di fronte è un tripudio di cime strepitose il Grande Ladro/Hoher dieb, l'Orecchia di Lepre/ Hasenhorl, Zufritt e Sternai.
Scattiamo foto a raffica e poi ritorniamo alla malga che ora è baciata dal sole.
Ci stravacchiamo sulla panca ed è di nuovo silenzio.
Dalle scandole di legno del tetto gocciala l'acqua di fusione della neve.
I forcelli pigolano nascosti negli arbusti vicino alla malga.
Che pace. Starei qui tutta la settimana.
Passerei le giornate a esplorare ogni angolo della valle e a leggere un buon libro.
La sera starei fuori a guardare le stelle con la speranza di udire il malinconico ululato del lupo solitario che frequenta queste zone.
Solo contro tutti (o quasi). In passato è stato scacciato. Sterminato.
E' arrivato fin qui dalla Svizzera.. e prima ancora dagli Appennini.. è ritornato nei suoi territori.. sopravvivrà? Lo raggiungerà una compagna, magari di origine dinarica? Formerà un branco?
Chi lo sa.. in cuor mio spero tanto di sì.
Poveri grandi predatori.. crocifissi da tutti... tacciati di essere dei mostri sanguinari.. degli assassini.. quando l'assassino vero è un altro, il più micidiale dei predatori, colui che sta compiendo la più grande estinzione di massa. Noi.
E' ora di rincasare, indossiamo i ramponcini e cominciamo la discesa. Ai margini di un pascolo vedo di sfuggita un cervo che fugge celermente nel bosco.
Per scendere imbocchiamo il ripido sentiero 16a. A tratti è ricoperto dalla neve, ad un certo punto notiamo un'impronta sospetta. Potrebbe essere di lupo, nei paraggi non ci sono impronte umane.
Troviamo altre impronte, però la neve è poca ed è impossibile ricostruire un'ipotetica pista, ma la sola idea che potremmo seguire le sue tracce ci esalta.
Giungiamo infine sulla forestale dove i nostri ultimi passi sono accompagnati dallo scrosciare del rio Klapf.
“Forse la montagna, in ogni sua forma, è il nostro paradiso terrestre, concessoci perché sia meravigliosa e non grave la nostra permanenza su queste lande.” C.Roccati (da “Lacrime nella Pioggia”)
Siamo all'imbocco della val Clapa/Klapfbergtal in Val d'Ultimo/Ultental.
Ci carichiamo sulla schiena zaino e ciaspole e c'incamminiamo lungo la strada forestale contrassegnata con il segnavia 16.
Dopo due tornanti decidiamo di mettere i ramponcini per evitare di schiantarci sul fondo ghiacciato.
Poco dopo, sulla nostra destra, incrociamo la strada forestale che sale alla Londaialm; decidiamo di prendere questa, anziché il sentiero, perché meno ripida.
La strada è ricoperta da un sottile strato di neve. Non sono passati umani, ma in compenso sono passati tantissimi animali.. grosse impronte di cervo, saltellanti scoiattoli, barcollanti tassi, le piccole pinze del capriolo, camosci.. c'è di tutto.
La strada asseconda la dorsale della montagna e tra gli alberi fa capolino l'Orecchia di Lepre: il cielo si sta incupendo e là cominciano a cadere i primi fiocchi.
Siamo in pieno versante nord, sulla strada ora ci saranno 20 centimetri di neve, io ed Elisa decidiamo di indossare le ciaspole e battere strada per Claudio che n'è sprovvisto.
Arranchiamo con fatica sulla neve bagnata, sotto i piedi si forma uno zoccolo tremendo.
Giungiamo all'incrocio con il sentiero 16A, non c'è più neve, ci togliamo le ciaspole e risaliamo in un bel bosco di abeti verso la Londaialm.
Un ultimo strappetto ed eccoci alla malga (2084 m) dove faccio involare 5-6 pernici bianche.
Il luogo è idilliaco: alle spalle svetta Cima Trenta e di fronte si apre l'anfiteatro della val Clapa con le selvagge cime del Monte Faggiola, la Stubele, la Cima Binasia e via fino al passo Clapa.
Prima di attaccare la cima pranziamo comodamente su delle panche. Nel frattempo il cielo si è coperto e anche qui cominciano a cadere i primi fiocchi di neve.
Nascondiamo gli zaini e le ciaspole dietro la malga e c'avviamo verso la nostra cimetta liberi da fardelli. La vegetazione ora lascia spazio ai pascoli, seguiamo il sentiero sgombro da neve.
Ad un certo punto odiamo uno strano rumore, ci giriamo ed ecco due pernici volar via. Poi di nuovo silenzio.
Proseguo estasiata, giro l'angolo e riecco un frullare di ali.. le stesse due pernici s'involano a pochi metri da me... fantasmi bianchi in un cielo grigio.
Ecco la croce... siamo sul Colle Largo/Breitbichl (2287 m).. sotto di noi si apre la val d'Ultimo e di fronte è un tripudio di cime strepitose il Grande Ladro/Hoher dieb, l'Orecchia di Lepre/ Hasenhorl, Zufritt e Sternai.
Scattiamo foto a raffica e poi ritorniamo alla malga che ora è baciata dal sole.
Ci stravacchiamo sulla panca ed è di nuovo silenzio.
Dalle scandole di legno del tetto gocciala l'acqua di fusione della neve.
I forcelli pigolano nascosti negli arbusti vicino alla malga.
Che pace. Starei qui tutta la settimana.
Passerei le giornate a esplorare ogni angolo della valle e a leggere un buon libro.
La sera starei fuori a guardare le stelle con la speranza di udire il malinconico ululato del lupo solitario che frequenta queste zone.
Solo contro tutti (o quasi). In passato è stato scacciato. Sterminato.
E' arrivato fin qui dalla Svizzera.. e prima ancora dagli Appennini.. è ritornato nei suoi territori.. sopravvivrà? Lo raggiungerà una compagna, magari di origine dinarica? Formerà un branco?
Chi lo sa.. in cuor mio spero tanto di sì.
Poveri grandi predatori.. crocifissi da tutti... tacciati di essere dei mostri sanguinari.. degli assassini.. quando l'assassino vero è un altro, il più micidiale dei predatori, colui che sta compiendo la più grande estinzione di massa. Noi.
E' ora di rincasare, indossiamo i ramponcini e cominciamo la discesa. Ai margini di un pascolo vedo di sfuggita un cervo che fugge celermente nel bosco.
Per scendere imbocchiamo il ripido sentiero 16a. A tratti è ricoperto dalla neve, ad un certo punto notiamo un'impronta sospetta. Potrebbe essere di lupo, nei paraggi non ci sono impronte umane.
Troviamo altre impronte, però la neve è poca ed è impossibile ricostruire un'ipotetica pista, ma la sola idea che potremmo seguire le sue tracce ci esalta.
Giungiamo infine sulla forestale dove i nostri ultimi passi sono accompagnati dallo scrosciare del rio Klapf.
“Forse la montagna, in ogni sua forma, è il nostro paradiso terrestre, concessoci perché sia meravigliosa e non grave la nostra permanenza su queste lande.” C.Roccati (da “Lacrime nella Pioggia”)
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domenica 18 marzo 2012
18/03/2012 Ciaspolata alla Gran Costa, Laite Va Piz (Odle)
E' giunto il giorno della ciaspolata "satina", meta della gita è la Gran Costa/Laite Va Piz al cospetto delle magnifiche Odle.
Ci ritroviamo in 26 satini e partiamo alla volta di Santa Maddalena di Funes- Villnöss.
Parcheggiamo a Rannui (1370 m) e osserviamo, con non poche perplessità, la lastra di ghiaccio che ricopre la forestale che dobbiamo percorrere (segnavia 28).
Cominciamo a risalirla con attenzione, c'è chi mette i ramponcini e chi prova ad avanzare a bordo strada.
Noi ovviamente li abbiamo dimenticati a casa!!! Claudio indoss le ciaspole, io ed Elisa proviamo ad avanzare senza, ma ad un certo punto ci arrendiamo all'evidenza e le calziamo anche noi.
Meteorologicamente parlando siamo fortunati: l'unica isola di sereno in tutta la regione è sopra le nostre teste.
Immersi in una foresta di abeti e cirmi risaliamo la valletta del rio Brogles e dopo un tratto molto ripido sbuchiamo in una radura: la vista sulle Odle e sulle Torri di Fermeda è mozzafiato.
In breve siamo a malga Brogles- Brogleshütt (2045 m) dove facciamo una piccola sosta prima di attaccare la cima.
Giunti al passo Brogles (2119 m) la vista si apre sul Sassolungo e sull'alpe di Siusi, parzialmente nascosti da cupe nubi.
Dal passo seguiamo il sentiero 35 in direzione ovest, ad un certo punto cominciamo a salire faticosamente in campo aperto verso la nostra cima.
Alla spicciolata arriviamo sui 2298 metri della Laite Va Piz , ma ci stiamo ben poco perché spira un vento micidiale e il cielo si è coperto, decidiamo quindi di scendere a pranzare alla malga.
Poco prima di arrivare alla malga cominciano a cadere i primi fiocchi di neve, in questo inverno magro sembra quasi un miracolo! Mangiamo qualcosa, facciamo due chiacchiere e poi scendiamo per la stessa via dell'andata.
Giunti al parcheggio ci diamo appuntamento alla prossima gita a suon di birra, caffè e brulè a volontà.
Ci ritroviamo in 26 satini e partiamo alla volta di Santa Maddalena di Funes- Villnöss.
Parcheggiamo a Rannui (1370 m) e osserviamo, con non poche perplessità, la lastra di ghiaccio che ricopre la forestale che dobbiamo percorrere (segnavia 28).
Cominciamo a risalirla con attenzione, c'è chi mette i ramponcini e chi prova ad avanzare a bordo strada.
Noi ovviamente li abbiamo dimenticati a casa!!! Claudio indoss le ciaspole, io ed Elisa proviamo ad avanzare senza, ma ad un certo punto ci arrendiamo all'evidenza e le calziamo anche noi.
Meteorologicamente parlando siamo fortunati: l'unica isola di sereno in tutta la regione è sopra le nostre teste.
Immersi in una foresta di abeti e cirmi risaliamo la valletta del rio Brogles e dopo un tratto molto ripido sbuchiamo in una radura: la vista sulle Odle e sulle Torri di Fermeda è mozzafiato.
In breve siamo a malga Brogles- Brogleshütt (2045 m) dove facciamo una piccola sosta prima di attaccare la cima.
Giunti al passo Brogles (2119 m) la vista si apre sul Sassolungo e sull'alpe di Siusi, parzialmente nascosti da cupe nubi.
Dal passo seguiamo il sentiero 35 in direzione ovest, ad un certo punto cominciamo a salire faticosamente in campo aperto verso la nostra cima.
Alla spicciolata arriviamo sui 2298 metri della Laite Va Piz , ma ci stiamo ben poco perché spira un vento micidiale e il cielo si è coperto, decidiamo quindi di scendere a pranzare alla malga.
Poco prima di arrivare alla malga cominciano a cadere i primi fiocchi di neve, in questo inverno magro sembra quasi un miracolo! Mangiamo qualcosa, facciamo due chiacchiere e poi scendiamo per la stessa via dell'andata.
Giunti al parcheggio ci diamo appuntamento alla prossima gita a suon di birra, caffè e brulè a volontà.
sabato 17 marzo 2012
17/03/2012 Percorso alle Cavre - Sentiero degli Scaloni (Valle del Sarca)
Oggi abbiamo a disposizione solo mezza giornata quindi decidiamo di ritornare nella Busa e di cimentarci nell'anello delle Cavre: un bel itinerario che passa per i caratteristici cavalletti (le "cavre") utilizzati un tempo come teleferica per il trasporto di legname e materiale situati sulle Coste d'Anglone, sopra Ceniga e Dro.
Questo anello unisce due sentieri attrezzati: il “Sentiero degli Scaloni” e il sentiero “dell’Angiom” (Lastoni).
Parcheggiamo l'auto nei pressi del Maso Lizzone (121 m) a Ceniga e c'incamminiamo lungo una piacevole mulattiera che costeggia la destra orografica del Sarca. Camminando tra gli ulivi giungiamo a Dro, qui imbocchiamo un sentiero che conduce a un capitello in località Oltra dove ha inizio il "Sentiero dell'Angiom" (segn.425).
Iniziamo a risalire lungo le pareti del Brento seguendo una scalinata scolpita nella roccia da uno scalpellino locale, tale Sartorelli Stefano, alla fine del '800. Ci sono alcuni tratti esposti, ma sempre ben assicurati.
Dopo una breve sosta nei pressi di una "cavra" giungiamo in località Lastoni (445 m).
Dai Lastoni in breve siamo alla cavra di Crozalm dove c'è una bella radura con panche, pannelli informativi, un bivacco e un punto panoramico.
Proseguiamo, nella tipica macchia mediterranea, in direzione sud. Prima di sbucare sulla strada forestale incrociamo diverse sorgenti che scaturiscono dalla roccia.
Giungiamo al Doss Tondo (507 m) e qui ha inizio il "Sentiero degli Scaloni" (segnavia 428), un sentiero che venne realizzato nella prima decade del secolo scorso dagli austriaci. Scendiamo per cenge ben attrezzate, gradoni ricavati dalla roccia e pioli in legno.
Finito il tratto attrezzato ci lasciamo scivolare, tra i richiami dei climber, su di un ripido ghiaione e in scioltezza giungiamo all'auto.
Questo anello unisce due sentieri attrezzati: il “Sentiero degli Scaloni” e il sentiero “dell’Angiom” (Lastoni).
Parcheggiamo l'auto nei pressi del Maso Lizzone (121 m) a Ceniga e c'incamminiamo lungo una piacevole mulattiera che costeggia la destra orografica del Sarca. Camminando tra gli ulivi giungiamo a Dro, qui imbocchiamo un sentiero che conduce a un capitello in località Oltra dove ha inizio il "Sentiero dell'Angiom" (segn.425).
Iniziamo a risalire lungo le pareti del Brento seguendo una scalinata scolpita nella roccia da uno scalpellino locale, tale Sartorelli Stefano, alla fine del '800. Ci sono alcuni tratti esposti, ma sempre ben assicurati.
Dopo una breve sosta nei pressi di una "cavra" giungiamo in località Lastoni (445 m).
Dai Lastoni in breve siamo alla cavra di Crozalm dove c'è una bella radura con panche, pannelli informativi, un bivacco e un punto panoramico.
Proseguiamo, nella tipica macchia mediterranea, in direzione sud. Prima di sbucare sulla strada forestale incrociamo diverse sorgenti che scaturiscono dalla roccia.
Giungiamo al Doss Tondo (507 m) e qui ha inizio il "Sentiero degli Scaloni" (segnavia 428), un sentiero che venne realizzato nella prima decade del secolo scorso dagli austriaci. Scendiamo per cenge ben attrezzate, gradoni ricavati dalla roccia e pioli in legno.
Finito il tratto attrezzato ci lasciamo scivolare, tra i richiami dei climber, su di un ripido ghiaione e in scioltezza giungiamo all'auto.
venerdì 16 marzo 2012
11/03/2012 Ai prati di Valandro (Brenta)
Eccoci nuovamente in Brenta meridionale.
Con Carla e Renato partiamo dalla località Cros di Stenico (735 m) seguendo l'ormai familiare sentiero 346 che porta al ponte di Val Laon. Seguiamo la strada che taglia le coste meridionali del Valandro, sotto di noi giacciono le placide acque del lago di Ponte Pià.
Ora la via gira sul lato della val d'Algone, il Monte Iron si staglia dinnanzi a noi inesorabilmente senza neve.
Con Claudio facciamo una piccola deviazione.
Passo avanti e nei pressi di una canalone sento rumore di sassi, mi blocco.
La valletta mi preclude la vista. Ancora rumori.
Sassi che rotolano.. ecco far capolino un grosso camoscio.
Ritorno a respirare. L'ungulato mi fischia e se ne va via facendo precipitare un altro bel po' di sassi.
Ritorniamo sui nostri passi e, alla Baita dei Cacciatori, ci ricongiungiamo con Renato e Carla e di qui in breve saliamo alla Malga Plaz (1395 m), il cui prato è tappezzato dai primi crocus di stagione.
Dopo aver salutato gli attuali gestori della malga, proseguiamo in direzione nord-est ed entriamo nel bosco. Il sentiero corre ai piedi di una parete rocciosa e ci porta al Capitel de la Spina (1386 m) dove, al cospetto del Valandro, pranziamo.
Vista la bella giornata, decidiamo di allungare il giro e di salire ai Salti di Seo.
Imbocchiamo il sentiero 346 e attraversiamo due valloncelli dove, tre estati fa, avevamo avuto difficoltà a superare due valanghe superstiti dall'inverno. Oggi la situazione è straziante: non c'è neve e siamo a marzo.
Il sentiero s'impenna lungo una faggeta, ancora un ultimo sforzo e raggiungiamo i Prati di Valandro ( 1680 m).
Queste praterie mi sanno trasmettere ogni volta un senso di pace e tranquillità inimmaginabile.
Per il Brenta ormai provo due sentimenti contrastanti: un sentimento di "odio", per via della troppa frequentazione, e un sentimento di amore sconfinato per tutto il resto. Vorrei dedicarmi con più attenzione anche ad altre zone, vorrei esplorare l'Alto Adige, vorrei ritornare a scorazzare abitualmente in Lagorai come un tempo, ma alla fine c'è qualcosa che mi attira fra le guglie calcaree e le erte praterie di Occidente...un canto di sirena, il richiamo della foresta... è quella magia magnetica che solo la presenza del Signore delle Selve sa emanare.
"Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior." Catullo
(tr. Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne sono tormentato.)
Giungiamo ai Salti di Seo e prendiamo il ripido sentiero che scende a Seo. Ad un certo punto Renato ci guida per vecchie piste, ovvero degli scoscesi "sentieri" che in passato probabilmente venivano usati per lasciar scivolare il legname a valle.
Così velocemente giungiamo all'auto e al termine di questo intenso weekend.
Con Carla e Renato partiamo dalla località Cros di Stenico (735 m) seguendo l'ormai familiare sentiero 346 che porta al ponte di Val Laon. Seguiamo la strada che taglia le coste meridionali del Valandro, sotto di noi giacciono le placide acque del lago di Ponte Pià.
Ora la via gira sul lato della val d'Algone, il Monte Iron si staglia dinnanzi a noi inesorabilmente senza neve.
Con Claudio facciamo una piccola deviazione.
Passo avanti e nei pressi di una canalone sento rumore di sassi, mi blocco.
La valletta mi preclude la vista. Ancora rumori.
Sassi che rotolano.. ecco far capolino un grosso camoscio.
Ritorno a respirare. L'ungulato mi fischia e se ne va via facendo precipitare un altro bel po' di sassi.
Ritorniamo sui nostri passi e, alla Baita dei Cacciatori, ci ricongiungiamo con Renato e Carla e di qui in breve saliamo alla Malga Plaz (1395 m), il cui prato è tappezzato dai primi crocus di stagione.
Dopo aver salutato gli attuali gestori della malga, proseguiamo in direzione nord-est ed entriamo nel bosco. Il sentiero corre ai piedi di una parete rocciosa e ci porta al Capitel de la Spina (1386 m) dove, al cospetto del Valandro, pranziamo.
Vista la bella giornata, decidiamo di allungare il giro e di salire ai Salti di Seo.
Imbocchiamo il sentiero 346 e attraversiamo due valloncelli dove, tre estati fa, avevamo avuto difficoltà a superare due valanghe superstiti dall'inverno. Oggi la situazione è straziante: non c'è neve e siamo a marzo.
Il sentiero s'impenna lungo una faggeta, ancora un ultimo sforzo e raggiungiamo i Prati di Valandro ( 1680 m).
Queste praterie mi sanno trasmettere ogni volta un senso di pace e tranquillità inimmaginabile.
Per il Brenta ormai provo due sentimenti contrastanti: un sentimento di "odio", per via della troppa frequentazione, e un sentimento di amore sconfinato per tutto il resto. Vorrei dedicarmi con più attenzione anche ad altre zone, vorrei esplorare l'Alto Adige, vorrei ritornare a scorazzare abitualmente in Lagorai come un tempo, ma alla fine c'è qualcosa che mi attira fra le guglie calcaree e le erte praterie di Occidente...un canto di sirena, il richiamo della foresta... è quella magia magnetica che solo la presenza del Signore delle Selve sa emanare.
"Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris. Nescio, sed fieri sentio et excrucior." Catullo
(tr. Odio e amo. Forse mi chiedi come io faccia. Non lo so, ma sento che ciò accade, e ne sono tormentato.)
Giungiamo ai Salti di Seo e prendiamo il ripido sentiero che scende a Seo. Ad un certo punto Renato ci guida per vecchie piste, ovvero degli scoscesi "sentieri" che in passato probabilmente venivano usati per lasciar scivolare il legname a valle.
Così velocemente giungiamo all'auto e al termine di questo intenso weekend.
giovedì 15 marzo 2012
10/03/2012 Monte Biaina: uno sguardo sul Garda
Con Claudio, Flavio e Max eccoci percorrere la strada che da Arco sale all'amena località di San Giovanni al Monte (1058 m).
Questa località ebbe un importante ruolo di passaggio tra la valle del Sarca e le Giudicarie Esteriori in epoca preistorica, a testimonianza di questo sono stati rinvenuti segni di accampamenti stagionali che risalirebbero al mesolitico (4.500 a.C. oppure 6.465 a.F.).. e ora, dopo 6.500 anni, noi ripercorriamo le stesse vie.
Lasciamo l'auto nel parcheggio della malga-rifugio dove ci gustiamo un buon caffè e scambiamo due parole col simpatico gestore, poi ci incamminiamo lungo la strada seguendo il segnavia 407.
Raggiungiamo presto la località Prai da Gom (1125 m): degli ampi prati con panoramica vista su monte Misone, Carè Alto, Presanella e Brenta meridionale.
Qui imbocchiamo una sterrata, segnavia 407, che risale un bosco di faggi. Dopo qualche tornante la strada diviene sentiero. Inizialmente percorriamo la dorsale affacciata sulla Valle dei Laghi e sullo Stivo, poi giriamo sul lato della Bleggio. Il sottobosco è puntellato dai primi fiori primaverili: anemoni epatiche e primule.
Dopo aver aiutato un ciclista a scendere un canalino scabroso, valichiamo la dorsale a quota 1395 metri e ci ritroviamo in una radura attraversata dall'ennesima strada forestale. Qui prendiamo un sentiero che sale nel bosco, questo è ricoperto da un sottile velo di neve: ci sono solo impronte di animali, non è passato alcun umano.
La via corre con sali e scendi lungo il filo del dirupo, sotto di noi si apre il biotopo della val Lomasona.
Dopo un'ultima rampetta eccoci in cima al Monte Biaina (1413 m), una piccola elevazione con grande panorama - quest'oggi offuscato dalla foschia - sul lago di Garda.
Ci fermiamo a oziare per moltissimo tempo. Poi sopraggiungono 4 simpatici signori altoatesini e, dopo aver scattato un po' di foto di gruppo a vicenda, decidiamo di partire.
Scendiamo per una traccia di sentiero e poi caliamo a casaccio lungo il bosco di faggi fin ad intercettare la strada forestale. La percorriamo fino alla Bocca di Tovo (1100 m) dove prendiamo un ripido sentiero che, passando a ridosso delle scoscesi pareti del Biaina, ci porta a Tovo.
Qui prendiamo il Sentiero Frassati che ci guida alla località Gorghi (1165 m), ai Prai da Gom e presto all'auto.
La giornata si concluderà alla grande con una coinvolgente e interessantissima conferenza a Riva del Garda del grande scrittore Paolo Rumiz.
"Il vero viaggiatore capisce che la terra non gli appartiene, che siamo solo di passaggio e che quello che hai arriva da coloro che sono venuti prima di te, ed è solo in prestito. Il vero viaggiatore capisce di essere parte di un fiume con l’acqua che scorre. Andarsene non è assolutamente un dramma, purché non avvenga troppo presto." P. Rumiz
Questa località ebbe un importante ruolo di passaggio tra la valle del Sarca e le Giudicarie Esteriori in epoca preistorica, a testimonianza di questo sono stati rinvenuti segni di accampamenti stagionali che risalirebbero al mesolitico (4.500 a.C. oppure 6.465 a.F.).. e ora, dopo 6.500 anni, noi ripercorriamo le stesse vie.
Lasciamo l'auto nel parcheggio della malga-rifugio dove ci gustiamo un buon caffè e scambiamo due parole col simpatico gestore, poi ci incamminiamo lungo la strada seguendo il segnavia 407.
Raggiungiamo presto la località Prai da Gom (1125 m): degli ampi prati con panoramica vista su monte Misone, Carè Alto, Presanella e Brenta meridionale.
Qui imbocchiamo una sterrata, segnavia 407, che risale un bosco di faggi. Dopo qualche tornante la strada diviene sentiero. Inizialmente percorriamo la dorsale affacciata sulla Valle dei Laghi e sullo Stivo, poi giriamo sul lato della Bleggio. Il sottobosco è puntellato dai primi fiori primaverili: anemoni epatiche e primule.
Dopo aver aiutato un ciclista a scendere un canalino scabroso, valichiamo la dorsale a quota 1395 metri e ci ritroviamo in una radura attraversata dall'ennesima strada forestale. Qui prendiamo un sentiero che sale nel bosco, questo è ricoperto da un sottile velo di neve: ci sono solo impronte di animali, non è passato alcun umano.
La via corre con sali e scendi lungo il filo del dirupo, sotto di noi si apre il biotopo della val Lomasona.
Dopo un'ultima rampetta eccoci in cima al Monte Biaina (1413 m), una piccola elevazione con grande panorama - quest'oggi offuscato dalla foschia - sul lago di Garda.
Ci fermiamo a oziare per moltissimo tempo. Poi sopraggiungono 4 simpatici signori altoatesini e, dopo aver scattato un po' di foto di gruppo a vicenda, decidiamo di partire.
Scendiamo per una traccia di sentiero e poi caliamo a casaccio lungo il bosco di faggi fin ad intercettare la strada forestale. La percorriamo fino alla Bocca di Tovo (1100 m) dove prendiamo un ripido sentiero che, passando a ridosso delle scoscesi pareti del Biaina, ci porta a Tovo.
Qui prendiamo il Sentiero Frassati che ci guida alla località Gorghi (1165 m), ai Prai da Gom e presto all'auto.
La giornata si concluderà alla grande con una coinvolgente e interessantissima conferenza a Riva del Garda del grande scrittore Paolo Rumiz.
"Il vero viaggiatore capisce che la terra non gli appartiene, che siamo solo di passaggio e che quello che hai arriva da coloro che sono venuti prima di te, ed è solo in prestito. Il vero viaggiatore capisce di essere parte di un fiume con l’acqua che scorre. Andarsene non è assolutamente un dramma, purché non avvenga troppo presto." P. Rumiz
03/03/2012 Lasta del Belvedere (Grumes)
Masi di Grumes.
Prima aria di primavera.
Una mattina trascorsa a far pulizie e ad accatastare legna.
Dopo pranzo si parte per il passo Pozmauer.
Boschi e baite.
Lasta del Belvedere.
Un punto panoramico mai visitato prima.
Tranquillità e pace.
Skyline di pini contorti.
Una discesa spacca ginocchia.
Odor di cibo.. il Casel dei Masi.
Casa.
Prima aria di primavera.
Una mattina trascorsa a far pulizie e ad accatastare legna.
Dopo pranzo si parte per il passo Pozmauer.
Boschi e baite.
Lasta del Belvedere.
Un punto panoramico mai visitato prima.
Tranquillità e pace.
Skyline di pini contorti.
Una discesa spacca ginocchia.
Odor di cibo.. il Casel dei Masi.
Casa.
mercoledì 14 marzo 2012
Lynx :)
...
:) un bel gattone.. beccata con la Multipir!
giovedì 8 marzo 2012
Rapporto Orso 2011
E' stato presentato ieri al Museo di Scienze Naturali di Trento il RAPPORTO ORSO 2011.
Ecco in breve i contenuti:
Orso
La mole di dati raccolti nel corso di quasi un decennio consente di calcolare interessanti parametri demografici della popolazione, quali i tassi di sopravvivenza degli orsi, riferiti ai cuccioli (77,8%), ai giovani (92,9%) ed agli adulti (88,0%), nonché gli indici di riproduzione (27 cucciolate accertate in dieci anni, 48 piccoli identificati di cui 26 maschi e 22 femmine, più 5 cuccioli indeterminati).
Continua anche l’assestamento della struttura della popolazione, che vede presenti ora in misura preponderante gli adulti (17, pari al 51% della popolazione) rispetto ai giovani (10, pari al 31%) ed ai cuccioli (5, pari al 18%).
Cinque nuovi soggetti sono considerati “mancanti” nel 2011: uno è stato rinvenuto morto, uno è stato messo in cattività, un altro ancora è emigrato nella regione a cavallo tra Austria, Slovenia ed Italia, mentre due orsi non sono stati rilevati geneticamente negli ultimi due anni.
Per quanto riguarda l’utilizzo del territorio, il gruppo di Brenta e l’adiacente gruppo della Paganella e del Gazza si confermano, assieme alle Giudicarie, le aree maggiormente frequentate dai plantigradi. Nel 2011 anche il gruppo delle Maddalene e quello del monte Bondone-Stivo hanno registrato presenze più regolari. Le femmine sono rimaste in un’area relativamente limitata (862 kmq) interamente ricompresa nel Trentino occidentale, mentre il territorio frequentato dai maschi, considerando gli spostamenti dispersivi dei giovani, supera i 16.000 kmq.
In riferimento ai danni causati dai plantigradi si è registrata una consistente riduzione degli stessi: 123 i danni registrati e 43.230 euro la somma complessivamente liquidata per gli indennizzi. Diverse possono essere le motivazioni che hanno determinato tale riduzione: certamente ha inciso l’ottima produzione di frutta selvatica (la faggiola in primis), ma anche il numero delle opere di prevenzione installate sinora ha probabilmente contribuito a contenere i danni, così come la rimozione dell’orsa problematica DJ3.
Anche nel 2011 si è reso necessario l'intervento del personale specificamente preposto alla gestione delle situazioni critiche ma non sono stati molti i casi in cui la squadra di emergenza è stata attivata e solo 4 volte si è reso necessario un intervento diretto sull’orso. L’unico esemplare che ha manifestato comportamenti tali da giustificarne la rimozione, dopo un lungo periodo nel quale si è tentato di modificarne l’attitudine, è stata l’orsa denominata DJ3, che è stata catturata dal Servizio Foreste e Fauna il 17 maggio 2011 e collocata nell’area faunistica del Casteler.
Lince e lupo
Il "Rapporto orso 2011" aggiorna anche lo status della presenza della lince e del lupo in provincia.
Anche nel 2011 è stata confermata la presenza del maschio di lince di provenienza svizzera, denominato B132, il quale ha mantenuto il proprio spazio vitale nel gruppo del Brenta. L’animale come si ricorderà è stato da ultimo catturato dal Servizio Foreste e fauna e munito di un nuovo radiocollare il 14 febbraio 2012.
Per quanto riguarda il lupo, invece, il Rapporto ricorda l’accertata presenza del giovane maschio di origine italiana le cui tracce (anche biologiche) sono state rinvenute durante tutto l’anno nel gruppo montuoso delle Maddalene. Si tratta dello stesso esemplare, identificato geneticamente quale “M24”, già monitorato dal 2009 in Svizzera. Segnalato nel Rapporto vi è un interessante aggiornamento a fine 2011 sullo status del lupo nel contesto delle Alpi orientali, all’interno del quale almeno un altro esemplare ha interessato il territorio provinciale (ed in particolare il settore orientale, anche se per pochi giorni): si tratta di un lupo di 3 anni di età radiocollarato in Slovenia la scorsa estate e che ha effettuato uno strabiliante spostamento di oltre 1000 km attraverso Carinzia, Stiria, Tirolo, Alto Adige, Bellunese ed anche, appunto, il Trentino orientale.
Fonte Ufficio Stampa PAT
Scarica da qui la versione pdf
Ecco in breve i contenuti:
Orso
La mole di dati raccolti nel corso di quasi un decennio consente di calcolare interessanti parametri demografici della popolazione, quali i tassi di sopravvivenza degli orsi, riferiti ai cuccioli (77,8%), ai giovani (92,9%) ed agli adulti (88,0%), nonché gli indici di riproduzione (27 cucciolate accertate in dieci anni, 48 piccoli identificati di cui 26 maschi e 22 femmine, più 5 cuccioli indeterminati).
Continua anche l’assestamento della struttura della popolazione, che vede presenti ora in misura preponderante gli adulti (17, pari al 51% della popolazione) rispetto ai giovani (10, pari al 31%) ed ai cuccioli (5, pari al 18%).
Cinque nuovi soggetti sono considerati “mancanti” nel 2011: uno è stato rinvenuto morto, uno è stato messo in cattività, un altro ancora è emigrato nella regione a cavallo tra Austria, Slovenia ed Italia, mentre due orsi non sono stati rilevati geneticamente negli ultimi due anni.
Per quanto riguarda l’utilizzo del territorio, il gruppo di Brenta e l’adiacente gruppo della Paganella e del Gazza si confermano, assieme alle Giudicarie, le aree maggiormente frequentate dai plantigradi. Nel 2011 anche il gruppo delle Maddalene e quello del monte Bondone-Stivo hanno registrato presenze più regolari. Le femmine sono rimaste in un’area relativamente limitata (862 kmq) interamente ricompresa nel Trentino occidentale, mentre il territorio frequentato dai maschi, considerando gli spostamenti dispersivi dei giovani, supera i 16.000 kmq.
In riferimento ai danni causati dai plantigradi si è registrata una consistente riduzione degli stessi: 123 i danni registrati e 43.230 euro la somma complessivamente liquidata per gli indennizzi. Diverse possono essere le motivazioni che hanno determinato tale riduzione: certamente ha inciso l’ottima produzione di frutta selvatica (la faggiola in primis), ma anche il numero delle opere di prevenzione installate sinora ha probabilmente contribuito a contenere i danni, così come la rimozione dell’orsa problematica DJ3.
Anche nel 2011 si è reso necessario l'intervento del personale specificamente preposto alla gestione delle situazioni critiche ma non sono stati molti i casi in cui la squadra di emergenza è stata attivata e solo 4 volte si è reso necessario un intervento diretto sull’orso. L’unico esemplare che ha manifestato comportamenti tali da giustificarne la rimozione, dopo un lungo periodo nel quale si è tentato di modificarne l’attitudine, è stata l’orsa denominata DJ3, che è stata catturata dal Servizio Foreste e Fauna il 17 maggio 2011 e collocata nell’area faunistica del Casteler.
Lince e lupo
Il "Rapporto orso 2011" aggiorna anche lo status della presenza della lince e del lupo in provincia.
Anche nel 2011 è stata confermata la presenza del maschio di lince di provenienza svizzera, denominato B132, il quale ha mantenuto il proprio spazio vitale nel gruppo del Brenta. L’animale come si ricorderà è stato da ultimo catturato dal Servizio Foreste e fauna e munito di un nuovo radiocollare il 14 febbraio 2012.
Per quanto riguarda il lupo, invece, il Rapporto ricorda l’accertata presenza del giovane maschio di origine italiana le cui tracce (anche biologiche) sono state rinvenute durante tutto l’anno nel gruppo montuoso delle Maddalene. Si tratta dello stesso esemplare, identificato geneticamente quale “M24”, già monitorato dal 2009 in Svizzera. Segnalato nel Rapporto vi è un interessante aggiornamento a fine 2011 sullo status del lupo nel contesto delle Alpi orientali, all’interno del quale almeno un altro esemplare ha interessato il territorio provinciale (ed in particolare il settore orientale, anche se per pochi giorni): si tratta di un lupo di 3 anni di età radiocollarato in Slovenia la scorsa estate e che ha effettuato uno strabiliante spostamento di oltre 1000 km attraverso Carinzia, Stiria, Tirolo, Alto Adige, Bellunese ed anche, appunto, il Trentino orientale.
Fonte Ufficio Stampa PAT
Scarica da qui la versione pdf
mercoledì 7 marzo 2012
Una lupa nei boschi di Ala
"Nei boschi del Trentino orientale si aggira un lupo: la testimonianza giunge dal video registrato da Stefano Fabbiani di Ala. Si tratta delle prime immagini e, soprattutto, della prima presenza documentata nella zona ad Est del fiume Adige. Durante la notte tra il 29 febbraio ed il 1 marzo, precisamente alle ore 1.52, l'obiettivo a infrarossi della telecamera - posta dal giovane trentaduenne di Santa Margherita di Ala in un punto strategico di frequente passaggio da parte di animali - ha «intrappolato» l'esemplare solitario. Probabilmente il medesimo ripreso lo scorso 24 gennaio a circa 10 chilometri di distanza, in terra veronese, da una fototrappola del Servizio Guardiaparco nel Parco Naturale Regionale della Lessinia, sul territorio comunale di Bosco Chiesanuova.
Ovviamente, non si tratta di una rilevazione casuale: «Sabato 18 febbraio di primo mattino, in una delle mie solite e frequenti uscite, ho osservato con il binocolo un esemplare di canide, insospettendomi per l'affinità fisica ad un lupo» racconta Fabbiani appassionato di natura e lunghe passeggiate in montagna, nonché cacciatore appartenete alla sezione di Ala. «Ci separavano circa 300 metri e lui era immerso nel bosco, ma la classica colorazione grigio-scuro che contraddistingue questa specie e la particolarissima forma della coda mi hanno instillato un ragionevole dubbio». Ipotesi avvalorata dal ritrovamento di orme impresse nella neve nella giornata del 21 febbraio, «accanto a cui non compariva alcuna traccia umana». Ecco, quindi, la decisione di posizionare la propria «fototrappola» (una telecamera che si attiva al passaggio degli animali, ndr) al fine di identificare visivamente l'animale oggetto dei due fortuiti incontri. «Ritengo senza dubbio che si tratti di un lupo» conclude Fabbiani, ben consapevole che in assenza di campioni biologici è un'affermazione che non può essere data per certa: solo un dettagliato responso frutto di un'analisi genetica determinerebbe l'esatta identità e specie del mammifero che appare nel video. Esprime lo stesso parere in merito all'identificazione dell'esemplare appartenente alla famiglia dei Canidi anche il direttore tecnico dell'Associazione cacciatori trentini Alessandro Brugnoli, cui è stato sottoposto il girato: «Con buona probabilità si tratta di un lupo - afferma - Anzi di una lupa: proprio all'inizio del video, la posizione accovacciata assunta per urinare lascia ipotizzare che si tratti di un soggetto di genere femminile». E qui si apre un mondo. Innanzitutto poiché è decisamente raro che un rappresentante del «gentil sesso» si «disperda» (i giovani lupi di età compresa tra 1 e 3 anni che si allontanano dal branco vengono definiti «in dispersione», ndr) alla ricerca di nuovi territori a così lunghe distanze rispetto alla zona occupata dal branco di appartenenza: normalmente si tratta di maschi.
In effetti, pare che l'insediamento di branchi stabili si possa registrare solo nelle Alpi occidentali franco-piemontesi oppure nella zona meridionale della Slovenia. Da un lato, quindi, un presenza che potenzialmente ha un carattere di rarità. Dall'altro la coincidenza con il rilevamento accertato e documentato di un esemplare maschio nel raggio di pochissimi chilometri. Nemmeno a farlo apposta nel periodo del calore. Il che fa sorgere spontanei almeno due quesiti: «Se i due lupi si incontrassero sarebbe possibile l'accoppiamento? Potrebbe scaturirne lo sviluppo del primo branco stabilmente presente nelle Alpi orientali?». Forse è fantascienza, ma non si può negare che una possibilità almeno marginale possa essere contemplata. Quale lupo potrebbe trovare sulla sua strada la «lupa di Ala»? Non tanto il maschio di due anni, battezzato col nome di M24 e «campionato geneticamente» in Svizzera nel 2009, ormai stabilizzatosi in Val di Non sul gruppo delle Maddalene al confine con l'Alto Adige. Quanto il giovane - tre anni - lupo d'origine slovena individuato a Thiene nel vicentino lo scorso 5 marzo: si tratterebbe dell'esemplare che risponde al nome di Slavc, inserito nel progetto SloWolf d'approfondimento sulla conoscenza della popolazione dei lupi in Slovenia. La cui rintracciabilità attraverso il radiocollare ne testimonia la presenza a soli 35 chilometri da Ala, con movimenti che ne presuppongono l'intenzionalità a dirigersi verso il nostro Trentino."
di Fabia Sartori da L'Adige on line
Ovviamente, non si tratta di una rilevazione casuale: «Sabato 18 febbraio di primo mattino, in una delle mie solite e frequenti uscite, ho osservato con il binocolo un esemplare di canide, insospettendomi per l'affinità fisica ad un lupo» racconta Fabbiani appassionato di natura e lunghe passeggiate in montagna, nonché cacciatore appartenete alla sezione di Ala. «Ci separavano circa 300 metri e lui era immerso nel bosco, ma la classica colorazione grigio-scuro che contraddistingue questa specie e la particolarissima forma della coda mi hanno instillato un ragionevole dubbio». Ipotesi avvalorata dal ritrovamento di orme impresse nella neve nella giornata del 21 febbraio, «accanto a cui non compariva alcuna traccia umana». Ecco, quindi, la decisione di posizionare la propria «fototrappola» (una telecamera che si attiva al passaggio degli animali, ndr) al fine di identificare visivamente l'animale oggetto dei due fortuiti incontri. «Ritengo senza dubbio che si tratti di un lupo» conclude Fabbiani, ben consapevole che in assenza di campioni biologici è un'affermazione che non può essere data per certa: solo un dettagliato responso frutto di un'analisi genetica determinerebbe l'esatta identità e specie del mammifero che appare nel video. Esprime lo stesso parere in merito all'identificazione dell'esemplare appartenente alla famiglia dei Canidi anche il direttore tecnico dell'Associazione cacciatori trentini Alessandro Brugnoli, cui è stato sottoposto il girato: «Con buona probabilità si tratta di un lupo - afferma - Anzi di una lupa: proprio all'inizio del video, la posizione accovacciata assunta per urinare lascia ipotizzare che si tratti di un soggetto di genere femminile». E qui si apre un mondo. Innanzitutto poiché è decisamente raro che un rappresentante del «gentil sesso» si «disperda» (i giovani lupi di età compresa tra 1 e 3 anni che si allontanano dal branco vengono definiti «in dispersione», ndr) alla ricerca di nuovi territori a così lunghe distanze rispetto alla zona occupata dal branco di appartenenza: normalmente si tratta di maschi.
In effetti, pare che l'insediamento di branchi stabili si possa registrare solo nelle Alpi occidentali franco-piemontesi oppure nella zona meridionale della Slovenia. Da un lato, quindi, un presenza che potenzialmente ha un carattere di rarità. Dall'altro la coincidenza con il rilevamento accertato e documentato di un esemplare maschio nel raggio di pochissimi chilometri. Nemmeno a farlo apposta nel periodo del calore. Il che fa sorgere spontanei almeno due quesiti: «Se i due lupi si incontrassero sarebbe possibile l'accoppiamento? Potrebbe scaturirne lo sviluppo del primo branco stabilmente presente nelle Alpi orientali?». Forse è fantascienza, ma non si può negare che una possibilità almeno marginale possa essere contemplata. Quale lupo potrebbe trovare sulla sua strada la «lupa di Ala»? Non tanto il maschio di due anni, battezzato col nome di M24 e «campionato geneticamente» in Svizzera nel 2009, ormai stabilizzatosi in Val di Non sul gruppo delle Maddalene al confine con l'Alto Adige. Quanto il giovane - tre anni - lupo d'origine slovena individuato a Thiene nel vicentino lo scorso 5 marzo: si tratterebbe dell'esemplare che risponde al nome di Slavc, inserito nel progetto SloWolf d'approfondimento sulla conoscenza della popolazione dei lupi in Slovenia. La cui rintracciabilità attraverso il radiocollare ne testimonia la presenza a soli 35 chilometri da Ala, con movimenti che ne presuppongono l'intenzionalità a dirigersi verso il nostro Trentino."
di Fabia Sartori da L'Adige on line
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